Ecco come Il Re Stephen King definisce lo Shining nel libro omonimo:
“Sembra che di tutte le brutte cose che sono accadute qui in varie occasioni ne sia rimasto in giro qualche frammento, come ritagli di unghie o la lanugine che qualche persona poco scrupolosa si è accontentata di spazzare sotto una sedia”. Tre righe che Kubrick condensò così nel suo celeberrimo film ispirato a Una splendida festa di morte in questo modo: “Sai, è come quando restano nella macchina dei toast delle tracce bruciacchiate”.
Proviamo allora a pensare non a una Casa-Cosa-Albergo in cui lo Shining si raggruma, si regala una forma e fa danni, ma piuttosto a una Casa-Cosa-Pianeta in qualche modo regolata secondo le teorie (Cwaddingtron e Sheldrake) dei campi morfogenetici che, riducendo all’osso, sostengono l’esistenza di una memoria della natura e che i sistemi della medesima siano organizzati non solo dalle leggi conosciute della fisica, ma appunto da sistemi invisibili detti “morfogenetici”.
Il biologo inglese Rupert Sheldrake propose l’idea dei campi morfogenetici (dai termini “morphè, forma, e “génesis”, processo del generare) nel libro A New Science of Life, campi “informativi” che in altri ambiti sono detti anche Matrix, Reticolo di Akasha, Anima Mundi, Anima collettiva e Inconscio collettivo (con estensioni concettuali anche al noto concetto junghiano di Sincronicità).
Così dal sito www.riflessioni.it:
«Sulla base delle ricerche di Douglas Mac Dougall dell’università di Harvard, Sheldrake sostenne l’ipotesi di forze immateriali che sarebbero generatrici della forma in seno alla materia. L’ipotesi morfogenetica, provata scientificamente nel 1998, presuppone l’esistenza di una memoria collettiva diffusa in tutto l’universo, indipendente dal supporto cerebrale e tale, quindi, da sopravvivere alla morte. Per questa loro natura i campi di risonanza morfica, portatori di memoria, sono retti da leggi che si sottraggono allo spazio-tempo, richiamando piuttosto quelle dell’affinità e delle corrispondenze: “tra organismi esiste un misterioso collegamento di tipo telepatico, oltre la dimensione spazio-temporale”. I campi possiedono una memoria intrinseca (individuale e collettiva), si basano su ciò che è accaduto in precedenza e sono portatori di abitudini e caratteri ereditari. Ogni livello di organizzazione possiede un proprio campo morfico: la collettività, i singoli esseri viventi, gli organi. Sheldrake ritiene anche che i campi morfici di ciascun individuo sono in collegamento con quelli di tutti gli altri individui. Ogni pensiero è energia e come tale viene ancorato in questi campi elettromagnetici di memorizzazione. Così avviene anche per qualsiasi “azione” o “avvenimento”. Ciò significa che in essi si trova ancorato e memorizzato tutto il sapere dell’umanità fin dalle origini e che caratterizzano e influenzano tutte le forme fisiche e persino il nostro comportamento. Le cose che impariamo, pensiamo e diciamo influenzano anche gli altri per mezzo della risonanza morfica. Le più recenti scoperte della biologia sembrano convalidare l’ipotesi di un meccanismo per cui energie “ordinatrici” ancora sconosciute operano sulla materia organica, organizzandola e promuovendo gradualmente in essa la Coscienza. Quest’ultima è presente, a diversi livelli, in tutta la sostanza dell’universo; si sviluppa gradualmente nel corso dell’evoluzione, nei passaggi attraverso il regno minerale, vegetale, animale; nell’uomo, sintesi di tale lungo processo evolutivo, raggiunge, nel nostro Pianeta, il suo livello più avanzato. Il che riporta all’equivalenza tra energia e materia; ogni sostanza visibile è energia condensata, ossia energia a stadi vibrazionali più bassi rispetto allo “spirito”; solo a queste condizioni tale energia può manifestarsi concretamente nello spazio e nel tempo e permettere l’esistenza di forme di vita percettibili così come noi le conosciamo. Tra materia e spirito vi è quindi solo una differenza di vibrazione; sta all’uomo “spiritualizzare il piano fisico”.»
Tutto questo comporta ovviamente una duplice ricaduta. L’una in positivo, che sembrerebbe far capo al succitato progetto globale di spiritualizzazione del piano fisico. L’altra, di segno contrario, che si rifà all’esistente e che si presenta come la concretizzazione materiale di una teorizzazione metafisica che proposi molto tempo fa in un’intervista a Thriller Magazine , ovvero: “… la gigantesca, immane cupola energetica di paura (intossicante spazzatura in forma larvale) che abbiamo creato addosso al pianeta e che a sua volta ricicla l’angoscia di chiunque…”. Un’ottima ri-definizione di questo nebuloso concetto la trovai all’interno del blog Zret.blogspot.com alla voce “Tanatosfera” e ne ho più volte fatto uso:
«La biosfera è quel sottile involucro, comprendente parte della litosfera, dell’idrosfera e dell’atmosfera del nostro pianeta, in cui nascono e si sviluppano le varie forme di vita vegetale ed animale. Tuttavia, mai termine mi è sembrato meno appropriato per indicare una realtà diametralmente opposta. Infatti, anche se prescindiamo dalle carneficine, dalle guerre, dai massacri che insanguinano e insanguinano la Terra, dai milioni di animali sacrificati un tempo sugli altari degli dei, oggi sulle mense di un’umanità vorace, anche se cerchiamo di dimenticare che la vita, pure quella di un semplice filo d’erba, si alimenta della morte, anche se chiudiamo gli occhi per non vedere che le splendide meraviglie della natura sono soltanto un sembiante su un volto putrefatto, come non avvertire che, come disse qualcuno, la Terra è l’inferno di un altro mondo? Siamo invischiati in una ragnatela magnetica. Energie invisibili, ma negative ci compenetrano. Il cielo è opaco, il sole pallido ed esangue, l’acqua è amara, il suolo avvelenato. Spesso sono sensazioni indefinibili, sfuggenti, ma che ci lasciano con uno strano, immedicabile malessere. Qualcosa non quadra: si ha l’impressione di vivere in una discarica da cui esalano miasmi di pensieri ammorbanti. I salmi biblici che celebrano la divina bellezza del creato, sono un’eco lontanissima. Questa non è la biosfera, l’ambiente della vita, ma la Tanatosfera, lo spazio della morte.»
Le collisioni e gli accostamenti, mi pare, si manifestano con chiarezza agli occhi di chi vuol vedere. Se nella “Tanatosfera” persistono tracce energetiche di morte, in che razza di “Cosa-Pianeta” stiamo tentando di vivere? E se tutte queste morti, che la cronaca ci riporta quasi ogni giorno e che spesso appaiono veramente inspiegabili, avessero a che fare con la Morfogenesi?