Ascoltando le aperture dei giornali radio o tivù, provo sempre una strana sensazione di fastidio.
L’impressione che le parole aggregate dalle notizie perdano di tridimensionalità mi attanaglia, è come se tutto venisse appiattito su una vecchia lavagna a gessi e non si avesse la possibilità di distinguere quali le cose che contano e quali quelle irrilevanti.
Nell’indice si accomunano matrimoni vip, omicidi, atti di mafia, partite di calcio, scontri politici, festival del cinema, sorrisi e campioni. Tutto su una stessa linea e con la stessa evidenza.
Un bambino che si trovasse a seguire questo vomito di notizie, scandite da un ritmo in sottofondo che crea ansia e distrazione – ammesso che i bambini siano invitati a farlo – sarebbe in confusione.
Ecco, io mi sento come quel bambino.
Anche i gesti delle persone spesso rischiano di creare confusione.
Differenti gesti compiuti da due persone differenti, nei giornali radio e tivù acquistano un peso indistinguibile.
L’uomo comune che perde il lavoro a 62 anni, ad un passo dalla pensione sostituito da una macchina, viene seguito dal campione sportivo che non ancora quarantenne lascia volontariamente l’agonismo.
I due volti si sovrappongono, i due destini mediatici pure.
Le due vite future certamente no.