Grigi: il Dottor Purgone e il Ragioniere

Grigi: dal libro Cuore alla tragedia del Poseidon CorriereAldi Jimmy Barco
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Annata sportiva 2017/2018: l’Alessandria vince la Coppa Italia di categoria e arriva sesta nel Girone A ma poi esce agli ottavi dei play off, appena chiamata in causa.

La sua è stagione contraddittoria che parte con le fanfare e, a novembre, la squadra è in crisi tecnica dopo una serie di risultati deludenti e senza avere mai mostrato un’identità tattica e una logica nel condurre le partite e la settimana di lavoro. Stellini e Sensibile se ne vanno, e con loro la loro impronta militaresca e i continui ammiccamenti all’onnipotenza, tipici degli apprendisti stregoni che sanno tutto del misterioso mondo del calcio ma sono costretti a destreggiarsi in una realtà popolata solo di analfabeti sportivi.

 

I due, nell’operare, mi hanno ricordato la figura del Dottor Purgone e il suo assistente, medici del ‘400 i quali, parlando un latino improbabile ed incomprensibile, curavano i loro malcapitati clienti grazie alle due uniche terapie di loro conoscenza: il clistere e il salasso, applicati prescindere dalla sindrome e dal malato. Tra l’altro il DS, alla fine della sua esperienza, non ha neppure potuto sostenere di aver commesso passi falsi perché all’oscuro dell’ambiente alessandrino visto che era arrivato alla corte di Di Masi nel momento topico della stagione precedente. E Pasquale aveva quindi potuto studiare con calma ambiente e giocatori e l’ha fatto con quell’aria da Sfinge che lasciava credere di aver capito i problemi e di aver in tasca le soluzioni. Naturalmente ha sbagliato quasi tutti i giocatori che ha ingaggiato e quanto ai problemi, oltre a non aver risolto quelli che già c’erano prima del suo arrivo, è riuscito a crearne dei nuovi.

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Poi a novembre questo duo delle meraviglie è stato rilevato da Cerri, DS che era già in pianta organica con altre mansioni, e Marcolini in panchina. Il neo allenatore ha portato tranquillità e chiarezza, mettendo ogni giocatore nel ruolo più logico per lui e per la squadra. Nel mercato di gennaio sono arrivati otto nuovi (alcuni utili, altri inutili, altri ancora nocivi) ma, soprattutto, se ne sono andati otto giocatori che per le ragioni più svariate con questa piazza né c’entravano niente e né lo volevano. In campionato, con poca pressione e molto merito, i risultati arrivano e rimettono in sesto la classifica rendendola almeno guardabile in rapporto al valore tecnico della rosa mentre la cavalcata in Coppa è inarrestabile nonostante le prestazioni sul campo siano state spesso sopravvalutate da certa stampa e da una parte di sportivi. O meglio, da una parte di sportivi e quindi da certa stampa asservita e acritica agli umori della piazza.

Comunque sia prestazioni memorabili della squadra in questa stagione non ne ricordo e alcuni risultati clamorosi ottenuti mi sono sembrati inesorabilmente più figli di situazioni particolari e frutto di autentiche perle di alcuni nostri solisti che non di un impianto di gioco dal valore assoluto. In campionato quando è arrivato Marcolini era già svanito ogni sogno di grandezza e quindi la pressione era relativa. In Coppa invece abbiamo passato due turni abbordabili con il sangue al naso grazie alla lotteria dei rigori. Fin qui ho parlato di persone e di fatti.

Adesso invece provo a dire la mia su quello che ha funzionato e quello che invece non ha funzionato, per cui coloro i quali (tanti, troppi) nel novembre scorso paventavano la Serie D, che a febbraio parlavano di secondo posto, che hanno baciato pubblicamente la Coppa Italia un mesetto fa per poi dire che vincere quel trofeo non conta niente, e visto che occhio e croce sono sempre gli stessi, li invito a interrompere la lettura di queste considerazioni. Tanto non ammicco a nessuno e, tantomeno, a coloro per i quali il calcio è il Terzo Segreto di Fatima e le cose inspiegabili per loro diventano chiare solo appellandosi agli arbitri, ai giocatori che vendono le partite o ai “poteri forti” che con il campo di gioco c’entrano una beata minchia.

Quindi sostengo convintamente che la squadra messa insieme in estate da Sensibile era fatta male e allenata peggio, frutto di scelte fatte, penso, guardando principalmente i carnet di certi procuratori e poco la funzionalità di ogni singolo rispetto al collettivo. Se fosse stata allenata da un allenatore pragmatico e meno talebano di Stellini probabilmente non avrebbe conosciuto l’onta di certi rovesci vergognosi ma non si sarebbe certamente inserita fra le prime.

Con Marcolini invece, soprattutto dopo le epurazioni di fine girone d’andata e l’arrivo di Gatto, la squadra è cresciuta ma non credo che, sotto pressione, avrebbe avuto le qualità per competere con le regine del girone.

Quanto alla domanda delle domande: “Marcolini lo confermeresti o no?” risponderei così: Marcolini ha lavorato bene ma ha avuto poche occasioni per dimostrare di possedere le doti di fantasia e capacità di capovolgere una partita o una situazione con un’intuizione o un atto coraggioso. E quando poteva e doveva farlo, incurante delle critiche che poteva raccattare, non l’ha fatto (vedi la partita di ritorno play off). Quella partita l’abbiamo persa, secondo me, per svarioni individuali, conformismo tattico e errori di atteggiamento. E sorvolo sul fatto che, poco prima del fischio d’inizio, un noto ex dirigente aveva dichiarato pubblicamente di aver percepito vibrazioni positive riguardo al match e la stessa cosa la disse quando ebbe l’alzata d’ingegno di ingaggiare Cusatis….

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Ma, senza nulla togliere alla prestazione superlativa dei nostri avversari o caricare di significati una minchiata di un ex dirigente, in quei 200’ ci siamo mangiati i bonus che la fortuna e il regolamento ci avevano concessi. Inoltre ritengo che, sul piano del gioco ma non delle occasioni, la partita d’andata sia stata raccontata con troppa benevolenza dai critici di casa nostra perché il parziale 0-3, dopo un’ora di gioco, dal punto di vista della prestazione era bugiardo e incoerente e persino il finale 2-3 della partita d’andata giocata a Salò ha avuto una dose, seppur leggera, di iniquità. Ma le squadre forti e allenate a vincere fanno tesoro di tutte le situazioni favorevoli mentre spesso hanno le energie fisiche, tecniche e mentali per smontare quelle altrui.

Ebbene, non credo che questo gruppo, collettivamente, sia dotato alla grande di certi valori e penso che, a naso, Marcolini potesse, in questo senso, lavorare più in profondità e inoltre evitare, in una partita delicata come quella di mercoledì scorso, l’impiego di un giocatore come Blanchard il quale, da quando è arrivato qui, si è volutamente ritagliato uno spazio avulso dal gruppo, sempre irritante sul campo e discutibile quanto a professionalità.

Lo so, parlare dopo è sempre facile, ma gli allenatori sono ben pagati per fare scelte a volte contro corrente, magari basate sull’intuito e la perfetta conoscenza del gruppo e delle sue dinamiche. Se no, per svolgere il ruolo di mister, basterebbe un ragioniere dotato di buon senso, un po’ di esperienza di campo e qualche nozione tattica.

Questa Alessandria quindi non l’ho recepita come uno squadrone e ho parecchi dubbi che Marcolini possa essere l’allenatore giusto per una futura corazzata e quindi lo condanno per … insufficienza di prove.