Posti di lavoro a rischio alla Borsalino di Alessandria: il presidente del Consiglio regionale ha affermato martedì che è necessario riservare la massima attenzione al futuro dei 134 lavoratori dell’azienda, in maggioranza donne.
Per l’assessora al Lavoro bisognerà mettere in campo tutto ciò che sarà possibile, guardando al prossimo 31 maggio quando scadrà il contratto d’affitto del ramo d’azienda. Ha proposto come una delle possibili vie da percorrere quella del workers buyout, un’operazione di acquisto di una società realizzata dai dipendenti dell’impresa stessa.
L’occasione per queste prese di posizione è stato l’incontro a Palazzo Lascaris con la Camera del lavoro di Alessandria, nell’ambito della campagna #LavorandoBorsalino a sostegno dei lavoratori della storica azienda alessandrina produttrice di cappelli. Il segretario generale Franco Armosino ha chiesto alla Regione la massima attenzione nel garantire il futuro allo stabilimento, oggi in stato fallimentare nonostante l’elevato numero di commesse.
Sono state proiettate alcune interviste ai dipendenti: il sindacato infatti, in collaborazione con Radio Gold, ha realizzato un video per mantenere alta l’attenzione sulle delicate vicende che coinvolgono la fabbrica.
Il cappello Borsalino è diventato un’icona grazie soprattutto al cinema: è stato il prediletto del genere noir, che lo ha adottato come elemento distintivo dei suoi codici e in questo modo è entrato rapidamente nell’immaginario collettivo. Nell’epoca d’oro di Hollywood tutti ne indossavano uno.
“La Borsalino ha sempre costituito un valore importantissimo per Alessandria, tanto da determinarne anche il suo sviluppo urbanistico. Le sue lavoratrici, le famose ‘borsaline’, hanno rappresentato uno dei primi esempi vincenti di emancipazione femminile nel mondo del lavoro. Oggi Alessandria è in crisi, senza una progettualità e con sempre più attività commerciali che chiudono: perdere quest’azienda sarebbe un colpo letale” ha evidenziato Armosino.
Il mito della Borsalino è nato ad Alessandria nel 1857 per mano di Giuseppe Borsalino, un modesto cappellaio che aveva imparato il mestiere a Parigi. Rientrato, in Italia aveva aperto una fabbrica la cui produzione è passata dai 35 esemplari giornalieri ai 2000 di fine secolo e che per oltre 125 anni è rimasta in mano alla stessa famiglia.
“La produzione deve continuare, facendo prevalere nella complessità del fallimento la logica sociale rispetto a quella economica” ha sottolineato la sindacalista Maria Iennaco presentando la situazione dell’azienda.
Sono poi seguiti gli interventi dei capigruppo del Pd e di Scelta di rete civica, che si sono soffermati rispettivamente sulla necessità della salvaguarda dei posti di lavoro per vivere con dignità e sulle responsabilità anche della politica nella crisi che ha condotto al fallimento.