Leggiamo in queste ore le reazioni e le proposte dei vari soggetti attivi nel settore turistico-termale in merito l’utilizzo dei cinquecento mila euro messi a disposizione dai fondi di programma previsti per il settore termale che in Piemonte,se non equivale a dire Acqui, poco ci manca.
E’ ormai da tempo aperta una vertenza sindacale con le passate gestioni delle Terme, prima, e non di meno con l’attuale proprietà oggi. La vicenda che ha visto man mano calare costantemente l’occupazione in proporzione al calo degli accessi, calo dell’occupazione che va tradotto in teste e qualità, ha un unico comun denominatore: il sottoutilizzo delle enormi potenzialità del sistema termale acquese.
E il dato da considerare non è solo quello dei dipendenti diretti di terme e Grand Hotel ma di tutte le altre strutture ricettive, di ristorazione e pubblici esercizi vari. Volendo esercitarsi in un conto virtuoso si potrebbe addirittura calcolare “l’occupazione mancata” che la mala gestione di un bene così raro ha di fatto generato.
Sulle responsabilità di un trend sempre perdente oltre che annunciato e costruito con costanza negli anni potremmo scrivere un libro e la lista dei protagonisti è lunghissima oltre che trasversale. Ci dispiace inoltre dover considerare che tutto ciò sia accaduto nonostante le numerose denunce a mezzo stampa succedutesi negli anni volte a sensibilizzare un’ opinione pubblica per lo più apatica oltre che scettica in merito gli allarmi lanciati dalla Cgil insieme a Cisl e Uil.
Ora il dato di risorse fresche e disponibili è un’ottima notizia, ma vista la capacità di questo territorio di perdere buone occasioni noi ribadiamo come in passato la necessità vitale di concertare fra tutti gli attori interessati una strategia sensata e volta al rilancio.
Prima di gridare ognuno la propria soluzione senza ascoltare le altrui opinioni, la CGIL ritiene si debba passare attraverso un’analisi critica di quanto affligge il sistema acquese. Non sarebbe saggio buttare ulteriori soldi pubblici, come già in passato, su infrastrutture che rischiano di essere poi sottoutilizzate e improduttive. Il problema che attanaglia Acqui è il decadimento dell’offerta turistica rispetto all’attuale mercato di riferimento a causa, in parte, di una scarsa attrattiva della risorsa termale che oggi non ha una connotazione forte.
Si è sempre menato vanto della qualità dell’acqua termale di Acqui come se con il passaparola negli anni questo dato di fatto avesse dovuto rivelarsi una carta vincente.
Non è stato così e non lo sarà mai. Il fatto che Acqui abbia nel suo ventre una benedizione di madre natura non è un merito. E’ una fortuna, casuale per definizione. La capacità di far sì che una fortuna simile generi economia e ricchezza, quella sarebbe responsabilità e merito del territorio.
In questa ottica, qualsiasi risorsa o mezzo vengano intercettati o dirottati su Acqui devono giocoforza venire calati in un piano strategico condiviso e complessivo ben più alto e ampio di interventi d’urgenza, estemporanei o fregole dei vari soggetti. Un piano che miri prioritariamente a migliorare la qualità di un servizio e di un’offerta per cui le persone, italiani e stranieri, scelgano Acqui e ciò deve partire dal miglioramento, dal potenziamento o dalla conversione del patrimonio esistente.
Cinquecento mila euro non consentono voli pindarici ma partendo da tali presupposti nei ragionamenti si tutelerebbe innanzi tutto il Lavoro esistente, tutto il Lavoro esistente e la sua qualità ponendo fine al sanguinamento di un’antica ferita. Partendo questa volta col piede giusto, chissà non si possa fare tanta strada.”
Marco Sali
coordinatore Camera del Lavoro CGIL
Acqui Terme