“Il potere logora chi non ce l’ha” diceva nel secolo scorso Giulio Andreotti prendendo a prestito le parole settecentesche di Tayllerand.
Le armi del potere sono tali e tante che tutti possono avere soddisfazione: ritagliarsi una piccola fetta di potere, alcune briciole oppure – in casi eclatanti – l’intera torta.
A ciascuno la propria ambizione, il proprio traguardo, l’agognata porzione.
Inoltre potere contiene in sé un duplice significato: da una parte la facoltà di fare qualcosa perché tenacemente la si vuole fare, dall’altra la possibilità di fare qualcosa perché si è nella posizione di poterla fare.
Quando il doppio potere coincide, si può fare molto bene o molto male.
L’intera torta.
È di questi giorni (e da troppo tempo è sempre di questi giorni) che gli eletti dal popolo non possono fare nulla per migliorare la situazione.
Possono andare in tivù, lanciare proclami, dettare condizioni, sciorinare dati statistici ma non possono modificare una legge, mettere in pratica misure preventive, attuare azioni a favore dell’equità e del rispetto.
Il Presidente della Repubblica (sembrerebbe la carica massima dello Stato Italiano) può chiamare a consultazioni, crogiolarsi a pensare, trovare soluzioni ma non può imporre una posizione poiché incontra veti incrociati, lacci e lacciuoli, muri di gomma.
Una bella fetta.
Pochi giorni fa il doppio confronto di Champions League tra Italia e Spagna ha evidenziato che, a parità di Stato, esistono due lingue differenti.
I Catalani del Barça prendono fuori casa una ripassata, cercano di reagire ma nulla possono contro una squadra ineccepibilmente migliore in campo.
Il Real Madrid prende in casa una ripassata, reagisce senza risultato fino a quando, negli ultimi secondi, può usufruire di un dono sperato quanto inatteso.
Poi segue il potere dei social media, dove ciascuno può raccogliere le proprie bricioline accontentandosi del poco convinto che sia tutto.
Le armi del potere sono molteplici.