Benito Michelon è volato via. Ripropongo questo pezzo di un anno fa che, al di là di domande che tutti si sono posti, rievoca il periodo del suo essere bagnino e custode della sicurezza di noi ragazzini inesperti.
Ho trascorso belle, infuocate stagioni alla piscina comunale. Grosso modo, dal ’60 al ’65. Da giugno a settembre mi recavo lì quasi tutti i pomeriggi, esclusi i periodi in cui i miei mi trascinavano su a Montemaggio.
La Hot Zone stava di fianco al bar, laddove c’era il juke-box, che attivavi con una monetina e andava tutto il giorno quasi senza interruzioni. Da lì la musica usciva bella amplificata ad alto e coinvolgente volume.
Certe robe le ho sentite per la prima volta in piscina: il mio bolo mnemonico comprende Geronimo e Shazam degli Shadows, Legata a un granello di sabbia di Nico Fidenco, I cornuti di Umberto Messina, Morgen morgen di Ivo Robic, Coccinella di Ghigo e Baciami la vena varicosa di Clem Sacco. Ovvio, ne esistevano un sacco di altre, ma il convento della memoria oggi passa questo.
Dalla Hot Zone la visuale comprendeva personaggi e situazioni salienti dell’andazzo pomeridiano. Il pugile Benito Michelon che faceva il bagnino con torace scolpito, il biondo e snello Ferruccio Ramella che si tuffava dal trampolino più alto con perizia olimpionica un centinaio di volte al giorno, le varie Miss Piscina che transitavano davanti alla Zona Calda andando su e giù come in Corso Roma (a me, data l’imberbe età, non suscitavano affatto reazioni…). Ghiacciolo e/o Camillino all’ora della merenda e poi bagnetto ginnico nella vasca media degli imbranati in quanto Michelon dava fiato al fischietto come mi avvicinavo alla vasca lunga avendomi già preso fuori che ero a rischio annegamento date le mie scarse virtù natatorie. Subito dopo l’aborrito rito della doccia polare e si tiravano quindi le 18,30/19 tra scherzi, lazzi, bracci di ferro e musica. All’uscita era d’obbligo il bombolone con dentro una fettazza di farinata, il “panino” più anomalo e più alessandrino della piazza mandrogna, elargito dal pizzaro Ciccio con carretto la cui base operativa stava in via Vochieri.
Non ci credete? Leggete qui quanto entusiasmo sgorga dal seguente ricordo di Sergio Ivaldi apparso sulla pagina Facebook Alessandria- Lisòndria:
«… i miei ricordi d’infanzia mi portano a un carrettino, che puntuale come un orologio svizzero, arrivava davanti ai cancelli della piscina comunale verso le 18, giusto l’ora della merenda. Questo carretto vendeva una delle cose più buone che ho mai mangiato nella mia giovinezza: una goduriosa fetta di farinata calda in mezzo a un bombolone zuccheroso, da manicomio!!! Vi assicuro che era di un’armonia estrema, affondavate le mandibole nel morbido, non v’era resistenza, prima sentivate il caldo della farinata e poi lo zucchero semolato tra i denti, scricchiolava, intanto le papille percepivano i due sapori distinti che si fondevano all’unisono come una carezza della mamma sul nostro viso, ormai eri stregato, era una droga, il sapore del cloro sulle labbra raggrinzite diventava piacevole, ti estraniavi dal mondo, eri solo con il tuo bombolone ripieno, avevi sete, ma solo nella tua mente, la tua mano si dirigeva nuovamente verso la bocca e… zac, un altro morso, piccolo, più piccolo del precedente, volevi protrarre più a lungo questo piacere, ogni morso diventava sempre più piccolo, ma il piacere rimane immutato, stesse sensazioni. Fino ad arrivare all’ultimo, il più bello, non sentivi le grida dei ragazzini che ancora si tuffavano e schizzavano le signore che stavano passando vestite a bordo vasca, con le loro borse colorate, dirigendosi verso l’uscita e nemmeno le loro urla. Un filo di vento si spegneva, il tuo bombolone era finito, ma all’indomani si tornava in piscina.»
Per qualche motivo poco spiegabile attorno ai 18 anni smisi all’improvviso di frequentare la piscina. Credo che fosse arrivato il momento dei fiumi e dei torrenti in zone impervie, il Piota a Lerma su tutti. E adesso forse vi chiederete perché ci vado giù così tanto con la melassa della memoria. Perché, purtroppo, sento dire (e leggo) cose deprimenti a proposito del destino della nostra Palm Beach.
Senza entrare nel merito perché non ho elementi per farlo, dopo la conclusione della precedente gestione, apprendo dal blog di Piercarlo Lava e dal Piccolo del 13 aprile del bando da parte dell’amministrazione che ne propone la gestione trentennale alla cifra di 270000 euro da pagare in tre rate. Purtroppo, per riaprire la struttura, occorrono costosissimi interventi, pare indispensabili. Qualora ci fossero i capitali, i tempi lunghi sono immaginabili. Messa così la faccenda, la vedo dura. Di solito la stagione delle piscine, tempo permettendo (e quest’anno il tempo permette) inizia a maggio, fate voi. Ma ne sento di peggiori, se possibile, anche da parte di chi abita nei condomini dinanzi all’impianto. Di notte pare che ne succedano di cotte e di crude, gente che ci va a dormire, schiamazzi e risse, spaccio, il solito repertorio. Una notte c’è stato persino un principio di incendio. Un repertorio di emarginazione e di delinquenza che Alessandria si porta dietro sin dai tempi delle occupazioni abusive delle cavità sottostanti il Ponte Tiziano. Degrado, sempre più invasivo. Peccato…