Lunedì 19 marzo in Commissione regionale sanità era prevista la prima discussione riguardante la delibera approvata dalla Giunta nel gennaio scorso inerente l’accorpamento tra ASL AL e ASO.
La lunga Commissione ha però rinviato la discussione sul tema, stabilendo solamente la data ultima di presentazione on line dei pareri dei soggetti interessati. Per un atto che deve essere largamente discusso, non si può dire che sia un ottimo debutto. Credo sia pertanto utile pubblicizzare le mie riflessioni sul tema, idee che avrei condiviso con i miei colleghi e che farò alla prima occasione.
L’accorpamento è un atto che deve senza dubbio essere discusso in Consiglio regionale, partendo da alcuni presupposti che dal primo giorno ho fissato come insindacabili: dobbiamo partire dalla considerazione che l’accorpamento non è di per sé in generale la soluzione ideale per il funzionamento della sanità nelle province. È un provvedimento organizzativo che ho condiviso nella mozione propositiva come strumento che dovrebbe sopperire alla perdurante mancanza di integrazione tra le due aziende sanitarie.
La Provincia di Alessandria è un territorio variegato e federato; è una ciambella il cui centro è l’ASO a cui gravitano intorno sei satelliti (l’ASL), con un bassissimo grado di collaborazione e coesione.
Fatta questa doverosa premessa, preciso che il fine ultimo del nostro lavoro è quello di giungere ad un’unificazione virtuosa, prendendosi il tempo necessario all’ascolto e alla discussione; non voglio neppure considerare l’ipotesi che si voglia procedere a continui rinvii per arrivare a fine anno, con l’acqua alla gola, e approvare un brutto accorpamento attraverso un colpo di mano…
A questo proposito, ritengo che si debba partire da un commissario unico per le due aziende, individuando per questa figura un mandato che tenga conto di uno specifico obiettivo: garantire che nei prossimi anni, in particolare nella fase di transizione verso la reale unificazione delle aziende, i servizi offerti ai cittadini non siano ridotti o resi meno accessibili (in particolare per i gruppi più vulnerabili) e la qualità dell’assistenza non peggiori per nessuno dei cittadini del territorio.
Inoltre, un’eventuale accorpamento dovrà porsi obiettivi assolutamente imprescindibili:
a. dovrà favorire l’accesso ai servizi sanitari in tutto il territorio provinciale, semplificando le procedure di prenotazione e di ritiro degli esiti, anche attraverso interventi sui sistemi informativi;
b. dovrà garantire il rispetto dei tempi massimi previsti dalla normativa sulle liste di attesa, favorendo la trasparenza delle agende di tutte le strutture pubbliche e private accreditate, con un monitoraggio continuo dei tempi e la verifica delle attese, intervenendo con forza in caso di grandi differenze tra l’attività istituzionale e quella in intramoenia;
c. dovrà predisporre un percorso di progressiva integrazione delle procedure amministrative e contabili, che prenda avvio già prima della formale unificazione delle aziende: da oggi dunque;
d. la verifica dei percorsi assistenziali offerti ai cittadini dovrà essere costante, in particolare per quanto riguarda le malattie croniche e i bisogni più significativi della popolazione. A tal proposito, si dovranno predisporre percorsi per la progressiva riqualificazione dell’offerta in questi ambiti;
e. sul piano operativo, sarà necessario coinvolgere gli enti locali nelle analisi delle difficoltà della popolazione in merito proprio all’accesso ai servizi sul territorio e a specifici problemi di salute;
f. una continua condivisione delle scelte da adottare con i professionisti e le loro organizzazioni sindacali, anche per aumentare l’efficacia degli interventi posti in essere.
Come si vede, per arrivare ad una integrazione virtuosa, utile e vantaggiosa per i cittadini la strada è lunga e tortuosa. La Giunta, nella sua delibera, non accenna ad alcuno dei paletti che ho illustrato, ma questi, per quanto mi riguarda sono il nocciolo della questione, il confine tra la praticabilità e il fallimento del progetto. È pertanto importante aprire il dibattito a tutti i soggetti interessati; il coinvolgimento deve essere reale e ininterrotto.
Walter Ottria, consigliere regionale MDP