Fusioni sanitarie alessandrine, adesso chi ha qualcosa da dire lo può fare [Centosessantacaratteri]

10 a Enrico Sozzetti, zero agli anonimi del web! [Le pagelle di GZL] CorriereAldi Enrico Sozzetti

 

Adesso tutti gli alessandrini esperti che discettano di sanità possono dire la loro sul progetto di accorpamento dell’azienda ospedaliera di Alessandria e l’Asl Al. Al termine dell’ultima riunione della Commissione regionale Sanità, guidata da Domenico Ravetti, sono state infatti avviate le consultazioni sulla proposta di legge “L’apertura di questa fase – spiega lo stesso Ravetti – permetterà a tutti i soggetti interessati (ordini professionali, sindacati, amministrazioni comunali e altri) di inviare osservazioni sul provvedimento. Avevamo detto sin dal principio che volevamo alimentare nella nostra provincia un dibattito serio sul futuro del sistema sanitario. A prescindere dalla lettura di certe stupefacenti dichiarazioni e nonostante alcuni attacchi personali, ora sarà formalmente possibile inviare le relazioni a testimonianza delle diverse posizioni”.

È possibile reperire il testo del documento e inviare memorie via web, attraverso la pagina http://www.cr.piemonte.it/web/crpnet/app/index.php/. C’è tempo fino al 9 aprile per dire la propria, lanciare strali contro la fusione, manifestare piena condivisione, avanzare suggerimenti e valutazioni, difendere i privilegi attuali, dire di no a prescindere. Quello che conta è che c’è modo e spazio per intervenire. Tenendo sempre presente che le decisioni spettano a chi ha la competenza istituzionale, ovvero chi ha la titolarità di emanare le leggi. È alla Regione Piemonte (come tutte le amministrazioni regionali) che fa capo la gestione della sanità, e non ad altri. Un provvedimento può piacere o meno, ma in questo caso si può fare qualcosa in più: scrivere e argomentare. Certo, il critico di turno potrò dire che sono operazioni di facciata e che alla fine “tutto finirà come era stato deciso”. Però se si mette in discussione ogni minimo passaggio che apre qualche spiraglio a una partecipazione diretta a una decisione, allora forse non c’è speranza.

Detto questo, sulla proposta al Consiglio Regionale, in base a quanto previsto dall’articolo 18, comma 1, della legge regionale 18 / 2007 di costituire una nuova azienda sanitaria locale, “denominata Asl Al” e “risultante dall’accorpamento dell’Asl Al e dell’azienda ospedaliera ‘Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo’ di Alessandria, ora si può dire ciò che si pensa e si ritiene più opportuno per il territorio alessandrino in vista di una possibile nuova Asl Al che dovrebbe diventare operativa dal primo gennaio 2019.

Certo che finora il livello della discussione è stato tutto all’insegna della strumentalizzazione politica, prima perché si avvicinava il voto e adesso perché si è votato, con poca analisi nel merito. Uno dei terreni di confronto dovrebbe essere quello dei numeri, degli indicatori delle prestazioni, dei bilanci (deficitari) delle due aziende, della mobilità passiva, dei reali motivi della mancata collaborazione fra le direzioni delle due aziende e i tentativi, negli anni, per mettere in rete tutti i presidi sanitari alessandrini con l’obiettivo di razionalizzare, qualificare e potenziare l’offerta hanno prodotto risultati. Tentativi che definire insoddisfacenti è un eufemismo.

La risposta ottimale è solo la fusione? Potrebbe. Ma potrebbe anche non bastare. L’assenza, per ora, di un disegno più grande di riordino complessivo della sanità regionale rischia di compromettere una parte del processo virtuoso. Le aggregazioni in corso nell’area torinese sono sicuramente un punto di riferimento, però non c’è una effettiva omogeneità di area e di servizi da confrontare. Per esempio, l’azienda ospedaliera di Alessandria oggi è un hub al servizio delle province di Alessandria e Asti, ha compiti di coordinamento e specialità che rientrano in un coerente quadro giuridico che regola i rapporti con l’Asl Al e l’Asl di Asti. Domani come verranno riconvertiti questi rapporti? Quali saranno gli interventi sul fronte contrattuale visto che alcune voci integrative sono diverse per i dipendenti delle due aziende? Perché un processo simile non viene avviato anche in provincia di Cuneo, dove l’ospedale (già diretto da Giovanna Baraldi, nominata poi ad Alessandria e in scadenza a maggio) ha registrato contraccolpi negativi in particolare per alcune specialità che hanno conquistato la maglia nera nell’ambito di alcune indagini di organismi nazionali?

Certo, Domenico Ravetti, ancora recentemente, ha precisato che “non toglieremo nulla se non qualche inutile e strapagata poltrona, vogliamo un’azienda più forte dove il personale lavori con più garanzie e i cittadini possano avere servizi sempre migliori”. Sulle intenzioni, nulla da dire. Sulle modalità per raggiungere l’obiettivo c’è tutto da fare.

Adesso la parola passa agli esperti. Se ci sono.