Ho visto, e assistito, così tanti pazienti con problemi neurologici che non sono sorpreso. Ho acquisito la malattia. È nella natura delle cose. C’è una sottile ironia in questo.
– Sir Roger Bannister, morto la scorsa settimana alla soglia degli ottantanove anni, ammalato del morbo di Parkinson diagnosticatogli nel 2011.
Anche se è stato un neurologo di fama, con oltre ottanta pubblicazioni scientifiche all’attivo, Roger Bannister verrà ricordato per un’altra impresa, quella compiuta a Oxford il 6 maggio del 1954, quando fu il primo uomo a correre la distanza del miglio in meno di 4 minuti.
Le sfide sul miglio – leggo in una vecchia pubblicazione sull’atletica leggera – divennero abbastanza frequenti fra i giovanotti inglesi ancor prima che scadesse la metà del secolo scorso (e ci si riferisce al diciannovesimo).
La distanza di un miglio pari a 1760 yarde venne regolamentata dal parlamento di Londra nel 1593.
Il più antico miglio della storia fu corso sempre a Londra nel 1665. Una giuria di gentiluomini cronometrò infatti, se le informazioni sono esatte, il baronetto Archibald Glover di Nottingham in 4’58”1/2.
Presto il miglio divenne la classica competizione dei professionisti, ai quali andavano lauti premi, sino alle mille ghinee (una ghinea valeva tra i ventuno e i trenta scellini, quindi più di una sterlina che ne valeva venti) vinte nel 1823 da un Jack Matcalf che corse in 4’30, un tempo eguagliato dai dilettanti solo 45 anni più tardi.
All’inizio del ventesimo secolo i record erano appannaggio di Walter George, che corse da amatore in 4’18”4 e due anni dopo, nel 1886, da professionista in 4’12”8.
Mezzo secolo più tardi ancora nessun uomo era sceso sotto il muro dei quattro minuti e Bannister, che a Oxford studiava medicina, applicò il metodo scientifico anche all’impresa sportiva.
Intensificò gli allenamenti, dedicandosi a continue “ripetute” e nel 1953 migliorò il vecchio record britannico, che resisteva da quasi dieci anni, finendo in poco più di quattro minuti e tre secondi. Questo lo convinse che l’impresa che si prefiggeva sarebbe stata possibile.
Nel tentativo del maggio 1954 corse servendosi di due “lepri”, cioè degli atleti che fanno l’andatura nelle fasi iniziali della gara per favorire il passo veloce, una cosa adesso usuale nei meeting, ma non allora.
Interessante conoscere i due compagni della corsa di Bannister.
Uno era Chris Chataway, già con lui nella gara dell’anno prima. Anche lui studente a Oxford, stabilirà pure un record mondiale dei 5000 metri, prima di una carriera prestigiosa nel giornalismo e in politica: diventò anche ministro e, cosa sorprendente per un conservatore, si batté per boicottare le gare sportive nel Sud Africa dell’apartheid.
Con lui c’era Chris Brasher, Cambridge (il St. John’s College) anziché Oxford, poi giornalista sportivo, e uno degli ideatori della maratona di Londra. Farà in tempo a diventare campione olimpico, vincendo i 3000 siepi alle Olimpiadi di Melbourne.
Fu proprio Brasher a condurre per i primi due giri di pista, prima di cedere il passo per il terzo a Chataway.
Quel giovedì Bannister, al mattino, aveva fatto il suo normale turno al St. Mary’s Hospital di Londra, preso il treno, pranzato con alcuni compagni di università prima di incontrare Brasher e Chataway.
Il tempo era ventoso e umido. Tanto che per un po’ si pensò di non tentare il record in quella corsa, rinviando a un meeting previsto a Londra dieci giorni dopo.
Bannister, alto tanto che la sua testa bionda spiccava inconfondibile sopra il gruppo dei corridori, la falcata molto ampia, la faccia lunga cavallina stortata dall’estremo sforzo di arrivare finalmente a rompere il filo di lana che segnava il traguardo, all’arrivo dovette essere sorretto tanto era stremato.
Lo speaker, con tipica flemma british disse “Primo, col numero 41, R.G. Bannister, Amateur Athletic Association e prima Exeter e Merton Colleges, Oxford, con un tempo che è un nuovo record del meeting e che, se ratificato, sarà un nuovo primato per un nativo inglese, record nazionale della Gran Bretagna, europeo, dell’impero britannico e mondiale. (Pausa). The time was three…”.
Le urla del pubblico coprirono l’annuncio dell’esatto tempo impiegato per coprire i 1609,344 metri del miglio, l’unica misura “imperiale” che pur non essendo gara olimpica continua a conservare un alone di magia.
Roger Bannister, curiosamente, pur rimanendo ancora oggi nella storia grazie a quella corsa in tre minuti 59 secondi e quattro decimi, conservò il proprio primato per pochi giorni, precisamente quarantasei. Nessuno ha mai perso il primato del miglio così velocemente come lui.
Glielo tolse l’australiano John Landy, di un anno più giovane di Bannister (è ancora vivo). I due si incontreranno pochi mesi dopo ai giochi del Commonwealth. Fu una corsa memorabile, per la prima volta due atleti infransero nella stessa gara la barriera dei quattro minuti, e sembrava prevalere Landy ma il britannico, anche grazie al fatto che l’australiano per guardare indietro si deconcentrò, con una rimonta inesorabile lo sopravanzò quando ormai il traguardo era prossimo. Finirono gomito a gomito, 3’58”8 Bannister, otto decimi meglio dell’avversario.
Una statua, allo stadio di Vancouver, ricorda la gara.
Poi il dottor Bannister fece qualcosa che oggi sarebbe probabilmente impossibile nello sport moderno. Nonostante avesse solo venticinque anni, e la possibilità di altri successi sulla pista, scelse di dedicarsi appieno alla medicina, annunciando il ritiro dalle competizioni.
Ci sono in realtà vecchie storie, che troverebbero più di un predecessore di Roger Bannister oltre 150 (!) anni prima. Infatti nel 1796 lo Sporting Magazine di ottobre riportò che un giovane uomo chiamato Waller, uno di tre fratelli, accettò una scommessa per tre ghinee (che allora equivalevano a circa cinque mesi di paga) per correre un miglio sulla Banbury road, dalle parti del Victoria Park, in meno di quattro minuti, e ci riuscì per due secondi. Un’impresa simile nel 1770 si narra la fece un robivecchi, James Parrott, correndo da Goswell Street fino alla cancellata della Shoreditch Church, passando per Old Street, non troppo distante dalla City University of London e dalla Cattedrale di St.Paul. Lui ne vinse quindici di ghinee, secondo questi racconti. Chissà?
Oggi si continua a correre il miglio ai massimi livelli, ogni anno in particolare si disputa il Wanamaker Mile, indoor, ai Millrose Game di New York, sempre negli Stati Uniti a Eugene, Oregon il Prefontaine Classic (intitolato al mezzofondista olimpionico scomparso giovanissimo in un incidente d’auto); e il Dream Mile ai Bislett Game di Oslo in Norvegia, dove tra l’altro in due stagioni consecutive migliorarono il primato mondiale i due grandi rivali del mezzofondo inglese tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta, Sebastian Coe (oggi presidente della federazione mondiale) e Steve Ovett. Ovett che conserva la più antica prestazione, tra le migliori 25 al mondo, con il 3’48”40 corso il 26 agosto 1981, ovvero… due soli giorni prima della migliore di Coe.
Un miglio lineare assai suggestivo si corre invece ogni anno lungo la Quinta Avenue di New York, tra l’80esima e la 60esima strada Est.
Gli ultimi due record mondiali sono stati migliorati in Italia, prima a Rieti e nel 1999 a Roma da Hicham El Guerrouj con il 3’43”13 che tuttora resiste dopo quasi vent’anni, mentre resiste da venticinque quello italiano di Gennaro Di Napoli che corse in 3’51”96 nel 1992 (quello femminile, della Gabriella Dorio, tra non molto diverrà quarantenne).
Tuttavia manca ancora un tassello per definire completa l’eredità del dottore inglese: il primo miglio corso sotto i 4 minuti da una donna. Non siamo prossimi all’impresa, il primato della russa Masterkova, che resiste da oltre vent’anni, è superiore di oltre 12 secondi e nel nostro millennio l’unica ad avvicinarcisi è stata la straordinaria Genzebe Dibaba, ma non sarà lei a infrangere la barriera e a guadagnarsi l’immortalità sportiva a fianco di Sir Roger Bannister.