Il grande pensatore tedesco Theodor Adorno ebbe a scrivere subito dopo la Seconda Guerra Mondiale che dopo Auschwitz nessuna Poesia (non nel senso stretto della versificazione ma in quello piú ampio di una trascendenza artistica) è piú possibile. Questa famosissima sentenza (su cui pure il suo autore in un certo suo complesso modo ebbe forse a ricredersi) segnò in maniera profondissima tutta l’Estetica e l’Arte della seconda metà del XX secolo, direttamente ed indirettamente: direttamente per la grande influenza intellettuale che Adorno esercitava (e che il suo lascito tuttora esercita), indirettamente perché una tragedia cosí immane mina fortemente l’immagine stessa dell’Umanità pur senza che si sia letto Adorno.
Esemplare a questo proposito è la vicenda artistica di Salvatore Quasimodo.
Quasimodo era nato all’inizio del secolo a Modica da padre capostazione (che fu tra l’altro l’incaricato della riorganizzazione del traffico ferroviario della Stazione di Messina dopo il tristemente famoso terremoto da cui fu colpita la città nel 1908). Il giovane Quasimodo non compí studî letterarî: si diplomò presso un Istituto Tecnico nel 1919. Due anni prima, però, aveva fondato con alcuni amici un giornale letterario e qui pubblicò le sue prime poesie; gli amici erano Salvatore Pugliatti e Giorgio La Pira. Appena dopo il diploma si trasferí a Roma per studiare da ingegnere, ma la scarsa disponibilità economica lo costrinse a ripiegare prima su un incarico da disegnatore tecnico e poi su uno da impiegato di grandi magazzini; intanto scriveva su alcuni periodici e studiava privatamente Latino e Greco, e per un periodo convisse con una donna di cui era piú giovane di quasi dieci anni.
Un anno di svolta fu per Quasimodo il 1926: uscí dalla precarietà economica grazie a un’assunzione da geometra da parte del Ministero dei Lavori Pubblici, si legò a un movimento antifascista di Reggio di Calabria (dove s’era appena trasferito per il nuovo lavoro), sposò Bice Donetti (la donna con la quale aveva convissuto e che sarebbe rimasta la sua compagna di vita fino alla di lei morte). L’anno successivo, anche la sorella Rosa Quasimodo si sposò: andò in moglie al celebre scrittore ed editor Elio Vittorini; questo fu l’inizio di un’altra svolta fondamentale nella vita professionale ed artistica di Salvatore Quasimodo: che attraverso Vittorini conobbe il cuore del Mondo intellettuale italiano (Montale fra tutti), e che tre anni dopo era ufficialmente uno dei poeti importanti della nostra Letteratura.
Si tratta del periodo ermetico del nostro Autore. L’Ermetismo di Quasimodo somiglia un poco alla Metafisica di De Chirico, per il particolarissimo rapporto col mezzo espressivo – che si fa messaggio dell’espressione – e con la Classicità. Le parole ed il rapporto fra le parole diventano il tema fondamentale della Poesia, piú per la suggestione che evocano che per le cose che rappresentano: scompaiono cosí gli articoli determinativi e saltano i connettivi sintattici, mentre si staglia la parola semplice nel suo puro esserci; e il protagonismo dell’evocatività della parola si esplicita anche attraverso il libero fiorire della citazione, l’affiorare apparentemente spontaneo di classiche memorie. Questo stile, che caratterizza le sue due prime sillogi poetiche (“Acque e terre” ed “Oboe sommerso”), è condotto al suo vertice in quella che rimarrà la piú nota e rappresentativa delle sue pubblicazioni originali: la raccolta “Ed è subito sera”, uscita nel 1942 per la prestigiosa Collana “Lo Specchio” della Mondadori.
Intanto, era iniziata la guerra. Quasimodo, pur continuando a essere convintamente antifascista, arrivò a inoltrare a Mussolini una supplica per un sussidio economico statale alla sua attività poetica: il quale atto gli avrebbe poi provocato alcune critiche nel dopoguerra, nonostante l’iscrizione al Partito Comunista Italiano nel 1945. L’anno successivo la moglie morí, e il Poeta si risposò due anni dopo con Maria Cumani – dalla quale sarebbe nato il figlio Alessandro –.
Negli anni della guerra e del dopoguerra, iniziò l’intensa attività di traduttore; tradusse dal Greco e dal Latino, ma anche Teatro francese ed inglese: la versione dei Lirici Greci è forse la sua opera piú letta in Italia. Questo è periodo d’intensa ricerca e meditazione, di interrogativi profondi sulla possibilità della Poesia dopo Auschwitz. I testi si fanno piú impegnati, l’analogistica suggestività del dettato cede il posto a una granitica nettezza.
Il fatto è che Auschwitz non solo ci orripila come un orrore che è successo fuori di noi, ma c’interroga come l’orrore che può succedere dentro di noi. Il dubbio di fronte all’Umanità è insolubile e tremendo. Quella di Quasimodo è una via, sottoscritta dal riconoscimento del Premio per il letterato che si sia distinto per opere di carattere ideale istituito da Alfred Nobel: poi, ognuno se può cerchi la propria.