di Dario Fornaro
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Il “secondo ponte” sulla Bormida riveste da tempo per l’alessandrino – città e ampi dintorni – caratteri di chiara necessità per la sicurezza e la fluidità dei traffici, ma, ad un tempo, l’argomento registra anche un andamento carsico: ogni tanto se ne parla, poi lunghi silenzi, poi se ne riparla… Talora viene anche riesumata una vecchia immagine progettuale (rendering?) di ponticello minimale per una strada, a due corsie, in servizio tra la “zona Panorama” e Spinetta Marengo. Una proposta, per quanto se ne sa, priva di ogni consistenza decisionale, ma idonea a saltar fuori da qualche cassetto ove condizioni politiche, maritate opportunamente con la “somma urgenza” che minimizza le discussioni, ne favorissero la reviviscenza.
Del resto, e non a caso, quando finora si parlato di secondo ponte la cittadinanza è stata “informata” nel senso che il problema ammettesse una sola soluzione: quella descritta “a monte” dell’attuale scavalco, per probabili funzioni di urbanizzazione dell’Oltrebormida-Marengo (erano i tempi dei magnifici destini dell’ex-Zuccherificio) più che di risposte adeguate alle carenze della grande viabilità ad Est, sicurezza compresa.
E’ stato accuratamente evitato, in altri termini, che la medesima cittadinanza venisse conoscenza che esistevano, ed esistono, due alternative di collocazione del nuovo ponte, quella “a monte”, (appena ricordata e caldeggiata dagli ambienti di Palazzo Rosso), e quella “a valle” dell’attuale manufatto, col particolare non secondario che quest’ultima fosse sostenuta – sotto il profilo tecnico, strategico e di protezione civile – dalla Provincia ( DGP n 772 del 14.12.2005) e recepita dalla Regione ( DGR 7.2.2006) .
Questo per dire che, se e quando il problema “secondo ponte” dovesse tornare concretamente all’ordine del giorno degli Enti locali, il discorso progettuale dovrebbe correttamente ripartire dalla doppia alternativa, qui sommariamente ricordata, evitando di imboccare scorciatoie di corto respiro, anche in orizzonte “rischi di incidente rilevante” connessi al polo chimico di Spinetta.
Resta a capire se la Provincia, come decapitata politicamente dagli avventurosi riformatori costituzionali, avrà ancora in carico il suo tradizionale ruolo tecnico nella determinazione dell’assetto del territorio, ovvero se il suo “peso” sarà stato in qualche modo “alleggerito” nel quadro delle conseguenti ricomposizioni di competenze tra Enti e livelli amministrativi. Ma questo, come al solito, è un altro problema.