Sig. Direttore, Spett.le Redazione
Una chiacchierata sul DTT, visto da una persona “qualunque”, perché anche ad un semplice cittadino nessuno può impedire di conoscere un argomento che qualcuno potrebbe ritenere non alla portata dei “qualunque”.
La Giunta casalese e il Consiglio Comunale (maggioranza e opposizione), direi con coraggio, hanno deciso l’approvazione per la realizzazione del super-laboratorio DTT- Divertor Tokamak Test – dedicato a mettere a punto tecnologie di frontiera al servizio della fusione nucleare. Casale Monferrato per accoglierlo metterà a disposizione due siti a scelta: l’ex Gaiero o l’area “Pip 5”. Lo considero coraggioso.
Su un piatto della bilancia infatti Casale Monferrato si è trovata una grande opportunità, forse unica, con potenziali forti ricadute economiche e occupazionali di cui oggi c’è tanto bisogno. Sull’altro piatto però ci possono essere dubbi su possibili rischi di ‘impatto’ ambientale. Ma le dichiarazioni dei professionisti del settore e della scienza, in un dibattito aperto del Consiglio Comunale del 18 gennaio, hanno orientato gli amministratori casalesi verso una decisione positiva. D’altra parte si tratta di “fusione” e non “fissione” , gli studiosi ed esperti che se ne occupano da tempo dichiarano che la fusione nucleare sarebbe molto più redditizia e meno pericolosa della fissione.
Questa vicenda la seguo dall’inizio, quando per la prima volta è spuntata sul bisettimanale “Il Monferrato”. Per curiosità e per capire di che si parlava ho iniziato la mia ricerca partendo da Cadarache nel sud della Francia dove è in costruzione ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) ed è una “macchina” da 18 miliardi di euro che mira a dimostrare la possibilità di fondere nuclei di idrogeno per formare elio e rilasciare una enorme quantità di energia praticamente pulita. Era il 17 giugno 2016. Da quel momento ho seguito passo a passo questa “cosa” andando a curiosare sugli organi di informazione francesi (grazie alla traduzione di Google) le evoluzioni a Cadarache di ITER. Dal mensile “Le Scienze”, n.581/gennaio 2017, molte pagine a titolo “Le nuove Frontiere della Fusione” mi hanno aiutato ad approfondire nei particolari questo argomento: anche per un comune cittadino è sempre bene conoscere di più!
Per tagliar corto, ho scoperto ad esempio, che la costruzione di ITER è un progetto gigantesco parcellizzato tra numerosi Paesi che partecipano: Europa, Cina, India, Giappone, Russia, Corea del Sud e Stati Uniti. Ho anche scoperto che in Italia si stanno costruendo 10 dei 19 magneti previsti dal progetto: sono gigantesche bobine di cavi superconduttori a forma di “D” del peso di oltre 300 tonnellate realizzati a La Spezia da “ASG Superconductors”nei suoi stabilimenti. Chiudo la chiacchierata su ITER con questo titolo e link di marzo 2017: “Fusione nucleare, occhi puntati sul progetto ITER in Francia”- https://www.tomshw.it/fusione-nucleare-occhi-puntati-progetto-iter-francia-84464 -(fonte New York Times).
Tornando a casa nostra: ho seguito in diretta streaming la serata del 18 gennaio dedicata ai contributi delle associazioni ambientaliste, dei rappresentanti istituzionali locali e regionali, dei professionisti esperti del settore, dei professori delle nostre università. Legambiente ha esposto i suoi dubbi come giusto che sia e i professionisti e professori hanno esposto il loro punto di vista. Tecnicamente non hanno spiegato più di tanto, d’altra parte come si fa spiegare nà roba del genere per ognuno di loro in soli tre minuti, io ci lascio gli occhi ogni volta che mi addentro per saperne di più leggendo varie pagine sull’argomento.
Due sono gli interventi che mi sono piaciuti: ho trovato positiva la posizione della Associazione Nuove Frontiere con Massimo De Bernardi, sempre preparato sulle materie che discute pubblicamente, che a posto domande adeguate e corrette senza andare nel tecnicismo (vista la presenza degli esperti atti a farlo) e ne cito due: “Quanti casalesi e monferrini potrebbero essere assunti fra le 1500/1800 persone che si prevede di impiegare? È prevista la possibilità di creare presso gli istituti superiori casalesi le specializzazioni che permettano poi un inserimento lavorativo? Altro intervento che mi è piaciuto è stata l’esposizione del casalese Enrico Vizio (ingegnere aerospaziale che lavora nella centrale di Cadarache in Francia) che dopo aver spiegato come funziona ITER, ha trattato un argomento importante, ossia le ricadute economiche per Casale Monferrato e non solo: benefici infatti ci saranno per tutta la nostra provincia, e per altre parti del Piemonte .
In effetti si è sempre parlato di un investimento di 500 milioni di euro per sette anni utili alla costruzione più venticinque di attività con la creazione di 1.800 di lavoro, e ci sarà occupazione, reddito e vantaggi per l’indotto. Se da una parte il progetto DTT può creare dubbi e timori, dall’altra è ritenuto possa generare vantaggi e prestigio per il territorio che ne otterrà l’insediamento. Dopo la partenza di candidatura del Piemonte, altre Regioni si sono fatte avanti, ‘annusando’ il business.
L’Emilia Romagna in coppia con Toscana si candida ad ospitarlo nella sede Enea sul lago Brasimone nel territorio di Camugnano (BO). Il Lazio candida Frascati dove viene già fatta ricerca avanzata sulla fusione in un Centro di Ricerche ENEA. La Regione Puglia che candida la Cittadella della Ricerca di Brindisi e la Regione Veneto propone l’area industriale dismessa di Porto Marghera. Sui giornali cartacei si parla anche di candidatura di Liguria, Campania e Sardegna, ma non ho trovato riscontri in rete a queste ipotesi.
Ora: per ottenere di ospitare il Progetto DTT sono molte sono le Regioni che si fanno avanti. Ma quante di queste si faranno avanti anche per ospitare il Deposito Nazionale delle Scorie Nucleari Italiane (detto anche Parco Tecnologico)?
Anche in questo ambito, sono anni che seguo per una scommessa fatta con amici casalesi: “volete scommettere che alla fine il Deposito Nazionale Unico Scorie Radioattive ce lo rifilano qui in Piemonte, tra Casale Monferrato e Vercelli?”. Siamo a rischio alluvione ma non rischio sismico, ed è per questo che temo di vincere la scommessa. Al contrario del DTT, questa struttura nessuna Regione la vuole, qui vantaggi non ce ne sono: stiamo parlando di un enorme sarcofago sul territorio, che porterà ‘svalutazioni’ del prestigio territoriale e ambientale. Casale Monferrato, Vercelli e dintorni sono buona terra per la produzione agricola e vitivinicola, e non buona terra per “seminare “ sarcofaghi di materiale radioattivo, già viene “tombato” l’amianto che è tutto dire visto che si può inertizzare, ma “tombarlo” suppongo sia business. Per il Deposito Unico Nazionale Scorie Radioattive, si può comprendere perché l’Italia sia in ritardo nel tirare fuori dalla cassaforte il nome del luogo dove sarà impiantato. Ogni tanto il Ministro dello Sviluppo Economico di volta in volta in carica promette solennemente che la mappa sarà mostrata a breve, ma poi la promessa viene sempre disattesa.
Il motivo? Le promesse non vengono mai mantenute per evitare che la lista delle Regioni e comuni idonei vada a impattare con la campagna elettorale di qualche elezione. Si teme che gli abitanti dei siti prescelti per protesta votino contro i partiti al potere e a pensar male ci si azzecca quasi sempre.
Sebbene gli impianti nucleari siano fermi, ogni anno le scorie aumentano di volume. Questo è dovuto alle attività industriali e sanitarie. Che piaccia o no, siamo uno dei pochi paesi europei a non aver ancora un deposito nazionale. Ma questo articolo spiega bene come siamo messi: “Deposito scorie nucleari, aperta procedura di infrazione Ue: l’Italia deve rispondere entro 60 giorni – Europa condanna l’inerzia di Sogin su decommissioning nucleare” (14 luglio 2017)
Personalmente ritengo che bisogna sempre guardare e andare avanti, e mi auguro che la scelta ricada su Casale Monferrato, come auguro pure che la città vinca la sua corsa a “Capitale della Cultura 2020”: lo merita, e ne ha le qualità.