Il luogo del delitto, tanto per chiarire, è proprio Castelceriolo, o meglio la regione del Trono, dove Napoleone nel 1805 eresse le quinte di quella che fu la sceneggiata a scopo auto celebrativo della finta battaglia di Marengo cioè la ripetizione delle manovre campali che cinque anni prima avevano decretato il suo trionfo.
Penso che l’unica che quel giorno si sentì veramente al centro della scena fu la moglie Giuseppina con la sua corte di dame e cavalieri, tutti credo incuranti di calpestare la terra che era stata il campo di battaglia e che aveva raccolto il sangue di migliaia di soldati con le divise di differenti colori ma accomunati dal medesimo destino. Invece I poveri contadini di Castelceriolo, che avevano le vigne e la terra sui Poggi, sul Bricco delle Olle (nome poi col tempo confuso con l’Olio) e tutti quanti lì attorno, si ritrovarono per la seconda volta, come nel giugno del 1800, con i raccolti calpestati, i filari delle vigne strappati, tutto in nome della gloria militare di uno che dalla Francia ci aveva concesso l’onore di entrare nell’Impero. Eravamo infatti diventati sudditi dell’Impero Francese, Departemènt de Marengò (pronunciato con l’accento sulla “o”) e, mentre non avevamo ancora fatto in tempo ad accantonare il dialetto per imparare l’italiano, fummo costretti ad imparare il francese, dato che da quel momento in poi tutte le ordinanze e le leggi erano scritte in francese.
Poi quasi due secoli dopo, nello stesso luogo dove fu posato il baldacchino col trono, le insegne del potere e le bandiere tricolori di Francia, su quella sfortunata altura, dove d’estate volavano le allodole, venne costruita una grande discarica, che a detta dei politici locali avrebbe dovuto liberarci dai mucchi di spazzatura abbandonati lungo i fossi. Con la discarica per la verità vennero anche cancellati i fossi e le rogge, ma questo è un altro capitolo di storia vergognosa che abbiamo già descritto in altra sede.
Chi è anziano come me, ricorda ancora la scena della seduta plenaria dell’allora Consiglio di Quartiere (era ancora nella sede di via Sale angolo via Milanese) nei locali della ex farmacia, la sera in cui i politicanti di Alessandria riuscirono a convincere i membri del Consiglio castelceriolese che il progetto della discarica era la scelta migliore, perchè dava tutte le garanzie possibili ed immaginabili sulla salute dell’ambiente, sulla salvaguardia delle falde, sul controllo degli odori molesti e quant’altro. Raccontarono alla plebe presente che lo scavo doveva essere di pochi metri, protetto da un telone rinforzato a prova di percolato, che l’altezza del colmo non avrebbe dovuto superare gli 8 metri fuori dal piano di campagna, che il paese avrebbe potuto trarre un sacco di benefici, a cominciare da una serie di investimenti nel sociale, nell’arredo urbano eccetera, compreso non so più quanti campi da tennis ed una piscina olimpionica che doveva sorgere sul terreno a fianco del campo sportivo.
In un successivo dibattito conclusivo l’allora sindaco Mirabelli aveva assicurato che sarebbe venuto anche lui personalmente a partecipare ad un picnic o merenda, insieme a tutti noi di Castelceriolo, sul verde che sarebbe dovuto nascere sulla nuova collina artificiale. Praticamente una nuova celebrazione simile ai fasti napoleonici troneggianti. Per decenza non fu aggiunto anche che avrebbe suonato per noi la Banda musicale comunale. Fu una scena tutto sommato patetica e triste per la gente come me che aveva conosciuto nel tempo le volpi della politica locale e gli unici sguardi di entusiastica accettazione mi parvero solamente quelli di coloro che pregustavano il guadagno della vendita dei loro terreni. Poi venne l’alluvione del 1994 e, contrariamente alle regole di smaltimento del materiale accumulato, che avrebbe dovuto essere separato fra ciò che poteva essere pericoloso e ciò che poteva essere smaltito o recuperato (come hanno fatto ad Olbia in occasione dell’alluvione di qualche anno fa) da noi, con la scusa dell’emergenza, la sindaca di allora ne autorizzò lo sversamento sopra la discarica, senza alcuna cernita dei veleni, con il risultato che lo sfondamento delle protezioni, previste per un carico di gran lunga inferiore, provocò un gravissimo inquinamento del terreno e della falda sottostante. Ma alla gente del paese non dissero nulla, nonostante il pericolo, poi dichiarato, di uno scoppio del gas metano accumulato sotto la montagna dei rifiuti.
Fatto questo ricapitolo di storia, dobbiamo adesso affrontare un nuovo dissennato progetto: quello di fare di Castelceriolo la sede di una nuova discarica, non appena sarà satura quella di Solero. Ma come è possibile?, direbbe la gente; dopo quello che hanno già fatto in passato, dopo i disastri di una gestione del territorio a dir poco piratesca?
Gli assassini a volte ritornano sul luogo del delitto, appunto.
Infatti, quatti-quatti i politicanti locali stanno tramando alle nostre spalle, facendo riunioni riservate, ipotizzando di fare al posto di Sezzadio, come previsto in un primo tempo, una nuova discarica, un nuovo cratere proprio qui fra Castelceriolo e Spinetta. Infatti è noto che queste due località hanno le caratteristiche ideali, abitate da gente ormai rotta a tutte le esperienze, rodata a respirare aria con bassa percentuale di ossigeno e tassi di inquinamento tipo Taranto o giù di lì. In più il nuovo cratere sarebbe allocato proprio di fronte all’uscita della vecchia discarica, per cui i rifiuti dopo essere stati sommariamente trattati nell’impianto Aral, andrebbero dalla parte opposta della strada provinciale in un attimo, senza spendere un soldo in più. Tutto fatto in casa, senza costi aggiuntivi, per cui il bilancio dell’Aral risalirebbe in positivo dopo lo scandalo della gestione “alla napoletana” degli ultimi anni. Anzi, se poi si conferma l’accordo con i liguri potremmo trarre altri cospicui vantaggi dall’importazione della loro immondizia che non sanno dove mettere, tanto più che i colori di giunta di Alessandria e Genova sono simili. Ma che bella pensata!
I politici contattati dicono di non saperne nulla, ma qualcuno della minoranza ha ammesso di aver partecipato ad una riunione in proposito ed anche qualche onesto fiancheggiatore della maggioranza, messo alle strette, ha prima nicchiato e poi detto che sì ne ha sentito parlare, ma in maniera vaga, come una delle tante ipotesi al vaglio.
Io mi chiedo se queste notizie debbono rimanere tenute nascoste alla gente e dove sta scritto che noi castelceriolesi dobbiamo sempre fare la figura dei salami appesi, se è vero che anche su una certa stampa sono già apparsi questi articoli che riporto:
“Aral al bivio: ricapitalizzazione in primavera, poi un socio? Borasio: “Servono investimenti per impianti e una nuova discarica” “La situazione è complicata, ma assolutamente non drammatica: certamente nei prossimi mesi dovremo prendere decisioni importanti sul futuro di Aral, delle discariche, dello smaltimento dei rifiuti nell’alessandrino in generale”. Già in questi giorni si parla di una nuova discarica, ancora in Fraschetta, ancora nell’area di Castelceriolo- Spinetta, nei pressi dell’impianto Aral. Ma c’è un piccolo dettaglio, non insignificante: la discarica di Solero è costata circa 11 milioni, che Aral ha in buona parte con risorse proprie, prestate dal sistema bancario. Per la successiva discarica, quindi serviranno altrettante risorse: ma difficilmente un’azienda già fortemente indebitata potrà, di questi tempi, ripresentarsi ad aprire altri mutui. Quindi quale futuro? Quale via d’uscita per Aral? “
Forse un nuovo socio, portatore di soldi freschi, che faccia la spesa dell’acquisto dei terreni necessari, quelli magari che già un tempo furono offerti al Consorzio ante Aral da un compaesano, un pé negher ormai passato a miglior vita? Lo sapremo quanto prima, ma intanto rimettiamo in piedi il Comitato Antidiscarica di Castelceriolo se vogliamo vendere cara la pelle.
Luigi Timo – Castelceriolo