ho appreso dal sito del Comune di Novi Ligure (AL) che dal 24 al 26 Novembre si svolgerà la tradizionale Fiera di Santa Caterina che, tra gli appuntamenti, prevede la sfilata di carrozze e il battesimo della sella.
La nascita ufficiale della fiera è il 1607 “(…)Il commercio dei bovini e degli equini fu sempre il punto forte del mercato insieme alla “festa” dei tacchini che, vivi, venivano condotti alla vendita. (…) Alla fine dell’800, le attrazioni erano sistemate in Piazza XX Settembre (con le giostre spinte a mano dai ragazzi o tirate da cavalli bendati) (…)”
Da allora qualche cambiamento in meglio c’è stato e non si vedono più animali mercificati, giudicati e venduti come oggetti, ridotti a macchine, addirittura per trainare le giostre, tuttavia in questa fiera purtroppo i cavalli non hanno ancora perso il loro ruolo di esseri senzienti sfruttati e, ciò che dispiace, è vedere che si va a colpire anche l’infanzia.
Durante il tanto amato “battesimo della sella”, bisognerebbe spiegare a bambini e bambine che cosa sia davvero l’equitazione, sport tra i più blasonati, coi suoi lustrini, costumini e cappellini. Spesso ci si avvicina all’equitazione perché si nutre affetto per il cavallo ma bisognerebbe guardarla con gli occhi del cavallo che vuole correre se ne ha voglia, vuole un branco con cui spostarsi per brucare, abbeverarsi nei fiumi, rilassarsi. Non vuole applausi per impennate, imprese acrobatiche e ludiche e soprattutto non vuole punizioni per i suoi sbagli. La comune visione del cavallo vede nell’animale uno strumento la cui esistenza è collegata al suo utilizzo. Questo approccio è sostenuto e incentivato dalle pratiche tradizionali di doma e addestramento, anche quelle cosiddette “dolci” o “etologiche”, perché tutte richiedono al cavallo una prestazione. L’azione dell’essere umano sull’animale è coercitiva da un punto di vista fisico e psicologico e da questa azione l’animale non ha alcuna possibilità di sottrarsi: il cavallo deve essere sottomesso in qualche modo affinché l’essere umano lo possa cavalcare e utilizzare. La ferratura, la sellatura, il morso, le redini, gli speroni sono mezzi di costrizioni di cui il cavallo farebbe volentieri a meno. L’equitazione, più che uno sport, è un’industria di cui fanno le spese i cavalli. La realtà è sotto i nostri occhi vergognosamente chiusi davanti ai cavalli che comunicano i loro disagi, inascoltati
La sfilata delle carrozze esercita un grande fascino, come lo esercitano certi usi e costumi del passato, ma qui si tratta di un’ostinata copiatura di un’usanza purtroppo tanto necessaria in passato, quando il cavallo era considerato un mezzo di trasporto, quanto superflua oggi. Per molti secoli sono stati tramandati usi che, proprio per necessità, hanno volutamente ignorato la scarsa conoscenza delle caratteristiche etologiche della specie equina procurando ai cavalli sofferenze oggi evitabili. Il desiderio dell’essere umano di un ritorno al passato non vale la salute e la vita di alcun cavallo.
Le carrozze e le botticelle che girano in certe città appaiono un’attrattiva turistica pittoresca e affascinante: sono considerate “veicoli” e c’è persino chi li elogia perché non inquinano ignorando però la sofferenza che li muove, quella dei cavalli, i quali pagano il prezzo più oneroso di questo “servizio”. Spesso sono animali che, dopo una vita di attività agonistica, vengono destinati a concludere la “carriera” in questo modo, pensando di concedere loro un sollievo. L’idea di addestrare e domare gli animali per farli lavorare è un’idea di dominio sempre più difficile accettare. Il cavallo è uno di quegli animali sfruttati finché si può: gli vengono dati compiti da svolgere a seconda della razza, della corporatura, dell’età e fino all’ultimo istante di vita deve lavorare a servizio degli esseri umani o, peggio, per il loro divertimento.
Gli animali non sono mezzi di trasporto ma esseri senzienti col diritto di camminare e correre a piacimento in spazi consoni a soddisfare le proprie esigenze etologiche.
Milan Kundera, nel suo libro “L’insostenibile leggerezza dell’essere” (Adelphi edizioni, Milano, III edizione, 1990, pag. 294) riporta un noto episodio che riguarda Friedrich Nietzsche. «Nietzsche esce dal suo albergo a Torino. Vede davanti a sé un cavallo e un cocchiere che lo colpisce con la frusta. Nietzsche si avvicina al cavallo e, sotto gli occhi del cocchiere, gli abbraccia il collo e scoppia in pianto. Ciò avveniva nel 1889 (…) Nietzsche era andato a chiedere perdono al cavallo (…)»
Si dice che fu questo episodio a segnare l’inizio della pazzia del filosofo. Dal 1889 a oggi, parecchi passi avanti sono stati fatti; abbracciare uno schiavo con un ferro in bocca e un peso da trasportare non è un segno di pazzia ma di civiltà.
Cordiali saluti.
Paola Re
Consigliera e responsabile petizioni di FRECCIA 45
Associazione di promozione sociale per la protezione e difesa animale