Stracult fra i classici. E di tanto me lo vengono a raccontare come se la storia fosse accaduta ieri, come sempre con parecchi testimoni ad avallarla. Stavolta la si ambienta sulle colline dell’Ovadese, in quel limbo tra Piemonte e Liguria caro all’amico giornalista Stefano Priarone e ai vecchi affabulatori de Un brivido sulla Schiena del Drago.
E suona sempre così… Un uomo di una trentina d’anni, rimasto precocemente vedovo, decide dopo un lungo e adeguato periodo di lutto di convolare a nuove nozze con una giovane della zona. Dopo alcuni mesi di fidanzamento arriva il giorno della cerimonia, Paese in festa, parenti commossi, un po’ di gente con l’abito buono.
Ma, quando gli sposi quasi novelli giungono di fronte all’altare e il prete pone la rituale domanda «Vuoi tu?…», la ragazza inizia a sbraitare e a rovesciare gli occhi per poi accasciarsi svenuta con una copiosa emorragia dalla bocca e dal naso. Trasportata d’urgenza al Pronto Soccorso e rinviato il matrimonio a miglior data, la diagnosi dei medici non evidenzia alcunché di grave. Però, una volta a casa, la mancata sposa inizia a deperire così rapidamente che nel giro di poco tempo non è nemmeno più in grado di alzarsi dal letto.
«Mia figlia sta morendo» dichiara il padre a degli amici «e non ne sappiamo la ragione», In verità i medici che la visitano sostengono che la ragazza è affetta da un’estrema forma di anoressia, forse frutto dello stress e del non facile rapporto con il fidanzato vedovo. Uno psicologo tira in ballo l’inconscio confronto che la giovane fa con la donna che per anni è stata la moglie del suo promesso, percepita e introiettata come una rivale, per quanto morta da più di due anni. Tutto logico e ineccepibile, ma nulla che serva a ridare la salute alla ragazza.
In un estremo ed empirico tentativo di smuovere la situazione, il vedovo trentenne fa condurre la fidanzata a casa sua, ma come previsto dallo psicologo in quella magione, dove ancora si respira la presenza dell’ex moglie trapassata, lo stato della giovane non può far altro che peggiorare. Assodata l’impotenza della medicina ufficiale, i genitori di lei, giunti sul baratro della disperazione, vanno a consultare una “maga” di Ovada che li mette in contatto con un guaritore di Genova.
Costui, giunto nel paese qualche giorno dopo e constatato che la ragazza neppure alza più la testa dal cuscino, impone allo sbigottito fidanzato di fare in mezzo al cortile un grande catasta del materasso, dei cuscini, dei lenzuoli e di tutta la biancheria intima della defunta – se ancora esiste nei cassetti – più tutte le sue fotografie. Eseguito il tutto, che a mezzanotte in punto venga dato fuoco al grosso ammucchiamento.
A mali estremi, estremi rimedi: e all’ora prefissata, di fronte a un certo numero di curiosi e di parenti in lacrime, l’uomo appicca il fuoco.
Si alzano fiamme altissime e i presenti spergiureranno in futuro che, mentre gli oggetti bruciavano, si sentivano urla belluine e agghiaccianti provenire da dentro il rogo. «Sembrava una bestia – dirà una quarantenne proprietaria di un negozio di alimentari – una grossa bestia che urlava perché la stavano bruciando, ma là dentro non c’era niente al di fuori di federe, cuscini e mutande».
Intanto, su in casa, assistita dagli sconvolti genitori, la ragazza riprende letteralmente vita e, esauritosi l’incendio, si alza con le proprie gambe e chiede da mangiare. Il gran mago di Genova ha ovviamente la spiegazione già pronta: colpevole dell’inghippo diabolico sarebbe la cognata del vedovo che, dopo la morte della sorella, intendeva prenderne il posto come nuova moglie. Ma, vistasi respinta, si era rivolta a una “praticona” delle colline ovadesi che l’aveva aiutata a produrre una cosiddetta “fattura a morte” per impedire alla nuova arrivata di convolare a nozze.
Dopo un breve periodo di cure ricostituenti i due fissano di nuovo la data del matrimonio e stavolta si sposano per davvero ma in forma rigorosamente privata. Nel frattempo, sempre su consiglio del mago di Genova, l’uomo ha fatto gettare in discarica anche tutti i vecchi mobili di casa.
Va ribadito, la storia circola da tempo. La penultima versione veniva da Isola d’Asti e me l’aveva raccontata tanti anni fa una zia di mia moglie Fabiana che garantiva di essere stata presente in quel cortile mentre crepitavano le fiamme. Garantisco io che il suo racconto era di quelli che poi non ti fanno dormire la notte.