Una Voce [Novecento]

Una Voce [Novecento] CorriereAl 1 di Pietro Mercogliano

 
Veramente particolare ed unico è il ruolo che a Gabriele D’Annunzio è toccato nella nostra Letteratura: nella sua sola figura, l’immaginario sia popolare sia tecnico ha raddensato tutta una serie di idee di etica e poetica che esistevano per l’Europa. E in pratica l’ampia idea di Estetismo (corrente alla quale non è riconducibile nemmeno tutta l’opera di D’Annunzio stesso) s’è come incarnata in questo personaggio, che per conseguenza già diventava – ancora vivente – quasi un’idealizzazione simbolica e fantasmatica.

Dallo spettro di D’Annunzio (o in realtà di tutta una complessa serie d’idee letterarie che nella sua figura si condensavano) iniziarono molti letterati d’inizio secolo scorso a guardarsi. È innegabile come la portata artistica di Gabriele D’Annunzio sia tale che anche chi voglia discostarsene non può comunque prescinderne, e che anzi molti dei suoi detrattori sono per certi versi alcuni fra i suoi piú profondi debitori; ma qui si parla di dichiarazioni di poetica.

Dichiaratamente in polemica (fra gli altri) con D’Annunzio nacque a Una Voce [Novecento] CorriereAlFirenze nel 1808 la rivista “La Voce”, che – nonostante la brevità della sua storia editoriale – fu una delle piú importanti piazze novecentesche della Cultura del nostro Paese. La polemica verso D’Annunzio riguardava soprattutto la figura e il ruolo d’intellettuale che i redattori del periodico volevano disegnare: per nulla concentrato sulla sua stessa arte o sulle sue aspirazioni al rango di genio ma anzi onestamente e sinceramente occupato nel Mondo per il suo lavoro d’informazione e denuncia come anche di proposta e lotta.

Uno dei principali meriti della rivista fu quello di far conoscere in Italia i fermenti artistici che si agitavano in Europa, e non solo dal punto di vista letterario: attraverso traduzioni e recensioni, infatti, “La Voce” aggiornava su novità europee in Letteratura come nella Musica e nelle Arti figurative ed anche nel Cinema.

I contributi originali, poi, al patrimonio letterario non furono certo di minor pregio. Per citare solo alcune fra le firme, oltre alle due dei fondatori Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini: Riccardo Bacchelli, Giuseppe Antonio Borgese, Dino Campana, Vincenzo Cardarelli, Corrado Govoni, Piero Jahier, Carlo Linati, Arturo Onofri, Aldo Palazzeschi, Alfredo Panzini, Clemente Rebora, Camillo Sbarbaro, Renato Serra, Scipio Slataper, Ardengo Soffici, Giani Stuparich, Giuseppe Ungaretti; e poi: Giovanni Amendola, Una Voce [Novecento] CorriereAl 2Emilio Cecchi, Benedetto Croce, Luigi Einaudi, Romolo Murri, Gaetano Salvemini, Ardengo Soffici; fino a giungere all’ultimo direttore, Giuseppe De Robertis (nella foto).

Già questo elenco parziale è sufficiente a far immaginare la vitalità straordinaria che un simile prodotto cartaceo poteva contenere nelle sue pagine.

E proprio la vita – scritta a caratteri maiuscoli – campeggiava in fondo all’editoriale programmatico con cui la rivista presentò sé stessa.

Caratteristica fondamentale della Letteratura che su “La Voce” ed intorno a “La Voce” si produsse è il tentativo di fare un racconto del Mondo per quanto possibile inserito nell’individualità e nel tempo del narratore.

Il rifiuto concettuale d’ogni possibile oggettività e della premeditazione della forma portarono sempre piú nel corso dei nove anni di vita del periodico a prendere la via del frammento e della parola pura alla ricerca di una possibilità di narrazione congruente alla vita, come a voler far coincidere narrante e narrato e narrare.