Non si studia con la pistola puntata alla testa
La mia auto, a dicembre 1996, era una Tigra, rossa fiammante.
Avevo fatto cambiare i cerchioni e le avevo fatto mettere un assetto ribassato. I miei amici mi chiedevano perché non avessi fatto mettere anche il crocifisso appeso allo specchietto e la pelle di leopardo sul volante, ma io avevo sempre superato la loro ilarità; mi piaceva e basta.
Quel giorno, però, stavo viaggiando facendo urlare il motore. Viaggiavo come un cretino, come solo un giovane arrabbiato e ancora irresponsabile può fare. Ci mise una mano qualcuno, a evitarmi il peggio.
Ero in Corsia di sorpasso, sull’autostrada da Torino verso la mia città, Alessandria, e poco prima di Felizzano, in lieve salita, il motore esplose.
Non so se vi sia mai capitato, ma non ve lo auguro.
Tu sei lì, con il contachilometri che ha sfiorato i 190 km l’ora, in corsia di sorpasso, un camion in corsia centrale, in leggera pendenza, e all’improvviso il pedale spinge sul nulla. Il motore si spegne, e in un attimo comprendi che non potrai più superare nulla, perché la velocità scende durante la salita, e cambiar marcia non serve a niente.
Girai di istinto le mani sul volante, scivolando per inerzia nel traffico fino a giungere alla corsia di emergenza, dove mi fermai, dopo qualche centinaio di metri.
Rimasi a guardare il traffico scorrere dal finestrino, le mani sul volante.
Ero troppo furioso per essermi spaventato.
E questa, è la ragione per la quale ancora oggi, a distanza di tanti anni, quando qualcuno mi parla di crediti formativi, mi torna alla mente la mia bella Tigra, fusa per la rabbia.