Il cantiere del nuovo Museo del Cappello Borsalino di Alessandria è finito. Per la precisione “il 15 settembre sono terminati i lavori”. E adesso sono necessari tre mesi (’90 giorni’ come dice la burocrazia) per il collaudo (quello normativo e fisico) e le certificazioni. “Ma contiamo di anticipare i tempi di un mese e mezzo”. Poi l’area verrà “consegnata al Servizio patrimonio che, a sua volta, la trasferirà al Servizio cultura che seguirà la fase di trasloco dei cappelli e dei mobili della Sala Campioni all’interno del nuovo spazio museale”. Siamo nella sala consiliare del Comune di Alessandria dove la Commissione Cultura è stata convocata per fare il punto sull’andamento dei lavori a Palazzo Borsalino. Fra consiglieri che non conoscono la storia del progetto, altri un po’ duri di comprendonio per cui è necessario ripetere alcuni passaggi per due o tre volte e altri ancora che discettano dei tempi lunghi dell’opera “a causa della complessità dell’allestimento”, ma che nella precedente amministrazione non lasciavano passare giorno senza dire che era “tutto pronto e il museo sarebbe stato aperto nell’arco di pochi mesi”, il confronto si sviluppa tutto intorno alla relazione di Pierfranco Robotti.
Il dirigente comunale snocciola date, Protocolli di intesa, convenzioni, modalità di intervento all’interno del palazzo. Poi termina dicendo che “la Commissione non può visitare l’area del cantiere, anche se finito, perché in mancanza di collaudo e certificazioni, è, di fatto, ancora un cantiere e quindi gli estranei non possono entrare”.
Tutto bene? Si vedrà. Perché Alessandria è una piazza strana. Che si ferma troppo spesso dietro le apparenze. Dove basta una dichiarazione formalmente ineccepibile per dire che tutto è a posto. E invece. Invece il capoluogo ha visto un cantiere aperto per anni che è stato ‘inaugurato’ almeno due volte prima del taglio ufficiale del nastro, è stato attraversato da corse podistiche ed è stato visitato diverse volte dalle Commissioni consiliari. Perché per il Meier è stato possibile e per il futuro Museo del Cappello Borsalino, al contrario, non si possono organizzare sopralluoghi? I consiglieri, contenti delle spiegazioni, non hanno minimamente obiettato e attendono diligentemente che il dirigente comunale dia il via libera.
Ma non è finita qui. Sempre il dirigente, quando parla dell’intervento, cita una serie di date anche per fare capire che una parte dei ritardi non sono stati causati solo dalla burocrazia interna, ma anche dall’università. “Ci sono state delle sospensioni per alcuni imprevisti, perché c’erano le lezioni nella parte dell’ingresso, soppalcata, di Palazzo Borsalino, e, per non creare disagio agli studenti, l’impresa ha dovuto procedere all’abbattimento di alcuni muri solo un giorno alla settimana” spiega il dirigente. Una versione che non pare coincidere del tutto con quanto avvenuto dall’inizio di ottobre del 2016, quando finalmente è stato aperto il cantiere. Nella zona del cantiere non si svolgevano lezioni, c’era solo uno spazio di ritrovo a disposizione degli studenti. L’Ateneo ha cercato di concordare alcune modalità di intervento, ma spesso l’impresa avrebbe comunque proceduto senza dare troppo peso al fatto che intorno si stava svolgendo una normale attività didattica. E, poi, sempre all’Ateneo, non risulta “né in modo ufficioso, né ufficiale” che i lavori siano terminati. Anche perché il trasloco dei cappelli e dei mobili storici deve ancora avvenire.
È tutto? No. Perché una volta liberati i locali al primo piano, consegnati finalmente al Dipartimento di Giurisprudenza, scienze politiche, economiche e sociali (Digspes) che ha una grande fame di spazio, sarà completato solo il primo lotto dell’intervento. Il secondo, il museo, è invece di competenza della società Borsalino. Quella che dopo l’assemblea dei soci si prepara al secondo concordato preventivo. Il futuro dello spazio museale dipende da quello dell’azienda. Al momento c’è una parte di finanziamento (200.000 euro a carico di Regione Piemonte e Compagnia di San Paolo) e ci sono solo i soldi, 30.000 euro, per la gestione del trasferiment. Una cifra analoga è stata spesa per preparare la progettazione di massima che dovrebbe essere la base per il progetto esecutivo del moderno e multimediale Museo del Cappello Borsalino. Quello presentato a maggio e che “verrà inaugurato a fine 2017” era stato detto. E al termine dell’evento non era mancata una precisione: “Fra poco verranno trasferiti i mobili della Sala Campioni”. Parola di Vittoria Oneto, allora assessore comunale alla Cultura. Oggi si parla di una cantiere (forse) finito. Per il museo, invece, la nebbia deve ancora diradarsi del tutto.