Fino a tutta la primavera 2017 non sono emersi né possibili progetti, né linee strategiche chiare e definite per il futuro della fortezza: all’interno delle stesse amministrazioni competenti sono coesistite linee d’azione divergenti e persino opposte, così come conflittuali e concorrenti sono state e sono le presenze non istituzionali attive all’interno della fortezza. Di fatto la gestione quotidiana era ed è frammentata fra istituzioni assenti in materia di controllo e di competenze, di coordinamento delle attività e di responsabilità (non ultima anche quella fiscale) e contemporaneamente fra diverse associazioni e soggetti privati che nella Cittadella hanno trovato ‘la gallina dalle uova d’oro’ anche se in realtà si tratta di un’economia che definire marginale sarebbe un eufemismo.
La vicenda dei 32,5 milioni di euro complessivamente messi a disposizione da Regione&MIBAC per il recupero della Cittadella (e trasferimento di diversi uffici di Soprintendenze per il Piemonte meridionale) evidenzia da un lato inaccettabili amplificazioni elettorali, dall’altro la mancanza di qualsiasi embrione di idea (indispensabile per poter spendere i pretesi 32,5 milioni) e dal terzo la riduzione del problema Cittadella ad una questione meramente urbana e locale. E il ‘progetto di fattibilità Robiglio’ si è rivelato per quello che molti avevano intuito e denunciato fin dall’autunno 2016: cioè un escamotage adottato da tutti gli attori istituzionali per prender tempo in attesa di un qualche ‘miracolo risolutore’. Che non è avvenuto, come di solito succede coi miracoli.
E sono rimasti discorsi di cessione di spazi a musei locali (da inventare e creare), a laboratori artigiani (da importare da dove?), a strutture ricettive di lusso o residenze studentesche (‘ghetti’ finché la fortezza non avrà una sua vita reale): e, peggio, il ripetuto ed esplicito richiamo al modello ‘Venaria reale’ coniugato però con l’idea coniugato con l’idea di fare ‘spezzatino’ della fortezza.
Non è semplice spam preelettorale: è una visione tutt’altro che neutra (e già ampiamente documentata e praticata ad esempio a danno degli spalti occidentali della fortezza fin dall’inizio degli anni 2000) che sta già svuotando la fortezza del suo portato storico per poterla domani derubricare a parcheggio oltre Tanaro o a supermercato.
Ciò premesso quali linee strategiche propone per il futuro della fortezza, e non da oggi, il ‘Comitato difesa Cittadella di Alessandria’?
1) Rivedere la dimensione nel senso che occorre allargare gli spazi della Cittadella comprendendo come area protetta, di restauro e di valorizzazione anche la cinta dei forti esterni (Acqui, Ferrovia, Bormida e opera Valenza), le caserme urbane e soprattutto Marengo (fino ad arrivare magari ai rifugi sopravvissuti presso la stazione ferroviaria di Alessandria o in altre collocazioni). Questo punto è fondamentale per restituire al sistema fortificato alessandrino la sua dimensione filologicamente, morfologicamente e storicamente corretta. Se da un lato è obiettivamente difficile ‘osservare e leggere’ il sistema prescindendo dall’intervento progettuale ed esecutivo dell’età francese (e dunque il legame con Marengo), dall’altro l’insieme costituisce l’unico campo trincerato europeo pressoché perfettamente conservato: il che consente anche una comprensione esatta dell’unicità del modello alessandrino non di città militare ma di città militarizzata.
1.1) Il sistema ‘campo trincerato’ presenta ovvie complicazioni di carattere progettuale e finanziario relativamente a restauro e riutilizzazione, ma contemporaneamente apre importanti opportunità sul piano della proposta gestionale e turistica: si tratta in effetti di un sistema la cui visita richiede tempi più lunghi della canonica mezza giornata e che, proprio per la diversissima tipologia delle strutture fortificate, consente allestimenti ‘alternativi’ (ipotesi: un carro ferroviario con cannoni e altri materiali bellici ferroviari presso il forte ferrovia, ecc…) e insieme moduli di gestione differenziati coinvolgendo ad esempio le pro-loco, le associazioni d’arma, le associazioni culturali, ecc. Il quadrilatero militare con vertici Marengo/Forte Bormida, Forte Ferrovia e Forte Acqui, Cittadella/Poligoni pubblico e militare/Opera Valenza, presenta da un lato una realtà esistenti e da valorizzare (magari rivedendo un poco l’offerta) come Marengo, cantieri in qualche misura operativi come la Cittadella, e situazioni aperte da inventare: il centro di gravità del quadrilatero è Alessandria che troverebbe in un sistema del genere importanti opportunità di lavoro e di sviluppo.
2) Interessi e obiettivi del pubblico all’interno della Cittadella e del sistema che le gravita intorno sono il primo nodo da affrontare: soprattutto perché occorre individuare una linea alternativa al modello Venaria, un’opzione progettuale e operativa che consenta al sistema Cittadella di diventare produttivo e primo attore del proprio ricupero. L’idea delle Associazioni ‘Cittadella 1728’ e ‘Comitato Difesa Cittadella’ è che gli interessi del pubblico debbano essere mirati su opzioni e servizi culturali coerenti con la storia della fortezza e del sistema; debbano puntare su progetti e interessi di respiro nazionale, prima che locale; e che il primo requisito di queste opzioni sia la possibilità di crescita e di redditività. Per questo si è sempre pensato che un buon settore d’investimento dovrebbe concernere l’offerta di spazi e servizi per archivi e musei militari nazionali che, senza la manodopera gratuita del servizio di leva, stanno chiudendo uno via l’altro: ad esempio il Museo torinese d’Artiglieria (trasferito nei magazzini di Candiolo e non visitabile) o, più e meglio ancora, il difficilmente accessibile Museo/Archivio romano dell’ISCAG il cui carattere di ‘piemontesità naturale’ è più che noto (ma anche l’Archivio degli Archivi militari sarebbe un progetto affascinante). La dimensione locale dovrebbe essere assicurata attraverso il passaggio in Cittadella di istituti culturali (con le rispettive biblioteche e archivi) come la Società di Storia Arte e Archeologia e l’Istituto per la Storia della Resistenza (e perché non anche la Biblioteca Civica e l’Archivio di Stato?); e/o collocando in Cittadella il Conservatorio Vivaldi che in Palazzo Cuttica non ha spazi adeguati. 2.1.) Premesso che queste opzioni non danneggerebbero minimamente altre città e neppure sottrarrebbero lavoro (ma creerebbero nuovi posti semmai), l’aspetto più interessante è che invece porrebbero i presupposti per una partnership con attori per il momento assenti dal quadro Cittadella, primi fra tutti il Ministero della Difesa, lo SME e i suoi uffici storici. ecc.
2.2) la ‘Cittadella del Sapere’ potrebbe/dovrebbe avere nuovi interlocutori privilegiati nelle università piemontesi (primo fra tutti il Politecnico di Torino) e in istituti culturali come l’Accademia delle Scienze che nella storia e nelle vicende della fortezza hanno avuto anche in tempi recentissimi, un ruolo chiave.
3) Spazi per il privato all’interno del sistema. Ritenendo impraticabile la vecchia formula del rapporto pubblico/privato per obiettiva mancanza tanto di concrete possibilità speculative quanto di finanziamenti consistenti e duraturi nel prossimo decennio per restauro, conversione e riuso, il Comitato Difesa Cittadella – che in tal senso si è pronunciato da diversi anni – afferma che l’unica opzione possibile resta quella di un intervento privato in grado di soddisfare (e garantire l’osservanza) alcune condizioni imprescindibili: a. in primis un progetto industriale chiaro, coerente con la storia e l’importanza della Cittadella, portatore di denaro fresco e con garanzie limpide e riconducibili a partner industriali e finanziari noti e identificabili; b. il riconoscimento dello status di bene culturale non sfruttabile in chiave edilizia-speculativa (dunque accettando le direttive vincolanti delle competenti Soprintendenze) ma solo in chiave di concessione di più o meno lungo periodo; c. la convivenza e la collaborazione con gli eventuali istituti culturali o allestimenti che Comune, Regione, Ministeri dei Beni Culturali e della Difesa, ecc. decidessero di collocare negli spazi della Cittadella e dei forti esterni; d. l’apertura regolare della fortezza e del campo trincerato alla città e ai turisti e l’accesso agli eventuali servizi installati nella fortezza (potendo però disciplinare gli ingressi o concordare le modalità con Comune e Soprintendenza in concomitanza di particolari eventi o manifestazioni); e. la riconoscibilità e la pubblicità del progetto, dei suoi tempi di realizzazione, dei suoi responsabili al fine di rendere trasparente un percorso che fino ad oggi è stato invece nebuloso e addirittura oscuro.