Era proprio necessario abolire la chiamata di leva?

Mi viene la voglia di fare una breve riflessione sulla decisione presa nel 2004. Per la verità si è trattato di una sospensione e non di abolizione totale dell’obbligo di leva, dato che in caso di guerra la chiamata alle armi potrebbe riguardare anche i cittadini qualsiasi e non soltanto i professionisti e i volontari.

La rinuncia al servizio obbligatorio di leva non sollevò neppure un vero e proprio dibattito nel paese, forse per gli elevati costi di una truppa pletorica e poco efficiente in confronto con quella specializzata che costituisce oggi il nerbo di ciascun esercito nazionale, modesto nel numero dell’ organico ma che si spera efficiente in caso di bisogno.

Il ministro della Difesa dell’allora governo D’Alema, Carlo Scognamiglio, aveva proposto, forse con un pizzico di incoscienza politica, di affidare a mercenari albanesi in Italia, probabilmente per la loro presunta bellicosità, la difesa del nostro territorio, al posto dei nostri soldati. Era stato l’esempio della famosa Brigata Gurkha nepalese al servizio del Regio Esercito Britannico a suggerire tale proposta di esercito mercenario.

Adesso qualcuno vorrebbe un parziale ripristino della leva obbligatoria, operativa come servizio civile, allargato anche alle donne. Così avrebbe finalmente senso quello che si legge sui manifesti di partecipazione funebre dei levanti e delle cosiddette levanti per qualcuno che viene a mancare nel paese. Quando mai le levanti hanno ricevuto la chiamata di leva? L’espressione mi pare del tutto fuori luogo trattandosi solo di coetanee con le quali un tempo si è condiviso l’obbligo scolastico e forse qualche gioco infantile.

L’Esercito moderno è essenzialmente un esercito di mestiere, concepito solo per il combattimento e la difesa, che ha rinunciato ad essere lo specchio del paese non avendo più un legame di reclutamento con il territorio, come succedeva per esempio nel corpo degli alpini, che io ho conosciuto nel servizio militare, quando una larga fetta di popolo di vallate e regioni omogenee si ritrovava in divisa insieme. Anche quella che era l’intendenza a supporto, quella per intenderci che faceva parte della gestione dei materiali, è stata ridotta all’osso ed affidata in appalto a ditte esterne come se l’Esercito non fosse più un corpo unico della nazione, ma una specie di azienda che produce sicurezza al minimo costo possibile. Il rischio è che lo strumento militare chiamato Esercito, ridotto a puro impiego della forza, perda per strada, insieme alla rappresentatività nazionale, anche la propria anima popolare o, se vogliamo fare della retorica, rimettere il proprio onore nelle mani di professionisti abili nella guerra ma analfabeti nel resto, guidati da gelidi esperti di intelligence privi di scrupoli.

Quale potrà essere il futuro del nuovo servizio di leva? Un servizio civile allargato, che dovrà spaziare dalle eventuali emergenze alla custodia e cura del territorio nazionale.
Quale il ruolo delle donne? Un ruolo essenziale di supporto all’operativo, in piena responsabilità comune di cittadinanza attiva senza distinzione di sesso.
La leva dovrebbe svolgere anche un servizio educativo importante, che col tempo è venuto a mancare a causa dell’abbandono di materie scolastiche come l’educazione civica, un tempo insegnata nelle scuole fino alle superiori.
Inoltre, secondo me, dovrebbe essere in grado di accogliere la presenza dei nuovi arrivati, gli immigrati che vogliono diventare cittadini italiani a pieno titolo, che così potrebbero rendersi conto dei doveri di cittadinanza attiva che gli spettano.
Luigi Timo – Castelceriolo