Bruno [Il Superstite 337]

Arona Danilo nuovadi Danilo Arona

 

Bruno lo conoscevo da sempre.
“Sempre” è avverbio impegnativo e presuntuoso che qui equivale a quel punto di ripristino della memoria che non mi permette di andare più indietro di un certo momento degli anni ’60, quando lo Smilzo apriva la sua magica soffitta in Piazza Garibaldi – ne abbiamo scritto qui – e tra le femmine frequentatrici di tanto in tanto comparivano due sorelle che si chiamavano Giovanna e Miriam. Bruno era il loro fratello e, per quel che ricordo, non venne mai in soffitta. Però in Pista allora ci si conosceva un po’ tutti, quanto meno gli omologhi generazionali, e con lui, massimo dell’estroversione verso il prossimo, era impossibile non confrontarsi prima o poi.

Come tutti sanno, la vita poi ti fa deragliare altrove. Per effetto di un trasloco abbandonai la Pista per altre location. Ritrovai Bruno un decennio dopo quando faceva l’assistente veterinario allo studio Mutti. Pur giovane, in lui si ammirava il genio diagnostico e la sensibilità dimostrata verso i fratelli più piccoli. Fu proprio negli anni ’70 che scoprii in lui altre doti fuori dal comune: per amor di sintesi, lo si potrebbe definire con il troppo senno del poi un eccezionale sensitivo. E tale era.

Con tutta la cautela dovuta quando si accenna al paranormale, Bruno regalava Bruno [Il Superstite 337] CorriereAlall’uditorio e al pubblico da salotti delle esibizioni straordinarie. Diciamo al momento che a me e ad altri fortunati fece sperimentare il brivido dell’inconoscibile e della possibilità, concreta, di una vita oltre la vita. Fu un periodo neppure breve che finì perché tutti coloro che ne fecero parte a un certo momento decisero che non si doveva più proseguire: occorrono nervi saldi, un sistema nervoso d’acciaio, una mente apertissima. E, tutto sommato, a tutti – più o meno – piaceva troppo l’altra metà del cielo per perdere ore e ore dell’esistenza con spettri, veri o presunti.

Per Bruno di sicuro l’altra metà del cielo era come il monolito nero per Kubrick. A sottolineare con una battuta che lui mi passerebbe tra le risate che il suo amore per la vita non prevedeva classifiche a favore dello spiritualità o il suo contrario. Amore, punto, con dinamismo ed entusiasmo, per quel che mi risulta. Ma non me la sento di avventurarmi in sfere private.

In ogni caso, per chi vuole saper di più del Bruno sensitivo, rimando a questo link: si tratta di un’intervista di qualche anno fa, rilasciata a Giampietro Stocco per Horror Magazine, dove alla quarta risposta racconto di un episodio con lui come protagonista. Inutile precisarlo: tutto vero e documentabile da decine di testimoni presenti.

Ho ritrovato Bruno nell’ultimo decennio. Energico e pimpante, il veterinario a domicilio che non sbagliava mai una valutazione. L’amico fedele che ha chiuso pietosamente gli occhi a due miei animali, malati terminali, con un approccio quasi più commovente della stessa dipartita tra le proprie braccia di un amico peloso.
Forse lui stesso era già malato: che lo sapesse o meno, che reputasse la sua malattia come quiescente, è un ricordo tenero e paradossale quello che me lo fa ancora vedere mentre allunga la mano per l’ultima carezza.

Siamo stati ancora protagonisti di due ultime “spedizioni da ghostbuster”.

La prima nella casa di un conoscente che temeva di avere comperato l’ennesima magione infestata, un uomo con un passato a dir poco problematico con le abitazioni in cui è transitato. Siamo stati lì oltre tre ore e Bruno ha garantito che non sussistevano problemi di sorta. Io, che non sono affatto sensitivo, ho dovuto adeguarmi. Poi, uscendo, gli ho chiesto mentre raggiungevano le macchine: «Ma se i problemi ci fossero stati, lo avresti riferito?» e lui: «Ma i problemi ci sono, dai. Ci sono dappertutto. Se uno è convinto che non ci sono, vive bene. E chiusa lì.»

La seconda per un tizio il cui armadio in camera da letto si apriva tutte le sere alla stessa ora con il fantasma di un parente che faceva capolino senza voler spaventare. Sulla faccenda non posso dilungarmi di più per ovvi motivi, ma Bruno quella volta disse la cosa più logica: «Non posso farci niente, ma da come la racconta a lei la storia non dispiace nemmeno dato che non ha mai cambiato né stanza né armadio.» Spesso era intenzionalmente senza filtri.

Dato il nostro vissuto, adesso che lui non c’è più, mi piacerebbe raccontarvi che ho ricevuto un “segno”, un saluto. Purtroppo no. Io ne scrivo ma non “sento”. Perlomeno credo che sia così. Però so per certo che qualcuno l’ha ricevuto. E per costui la vita è migliorata.

Ecco, forse è stato questo il karma di Bruno: migliorare la vita di chi gli stava accanto. Una missione immensa, ne converrete.