Ci sono poche cose che, in tema di abbigliamento, ho sempre amato alla follia. Una di queste, per esempio, sono le gonne che indossano le signore genovesi: classiche, strette e un po’ troppo corte. Poi il casco integrale di Giacomo Agostini, tricolore con filetti dorati e fondo bianco. E che dire di un paio di jeans blu scuro ma già un po’ usati con camicia candida e un paio di mocassini marroni? Per poi non parlare di certi oggetti che ti evocano per forma e colori gioia pura: un R 69 S bianco BMW o magari una Ford GT 40 con colorazione Gulf celeste e la striscia centrale arancione.
Per chi poi è mandrogno come me e suo papà nei primi anni ’60 lo portava al Mocca a “vighi i Grigi“, ecco che la casacca grigia (perché allora era una casacca di lana spessa d’inverno o di lana leggerissima d’estate) per te diventava la domenica, la gente, il calore, la condivisione e il senso dell’appartenenza. D’altra parte ammetto che una maglia di quel grigio, pur in un periodo dove le tonalità cromatiche che si vedevano negli stadi erano praticamente basiche, poteva andare a genio solo in una città come la nostra dove nessuno avrebbe mai indossato una giacca blu con un paio di pantaloni neri.
Ma quella era la maglia e quando incrociavi il Brescia con quella V bianca sul petto o il Palermo con la sua maglia rosa mi dicevo che in fondo una divisa dell’Alessandria dotata di un colore più fascinoso poteva pure starci. Con il tempo ho realizzato che Agostini vinceva i mondiali non grazie ai colori del suo AGV e la MV perché dotata di una bellissima livrea rosso e argento, la Ford GT Gulf ha smesso di vincere anche se era bellissima e celeste ed arancione e la BMW ha cominciato a vendere sul serio le moto quando si è messa in testa di costruire moto vere e non cimeli buoni giusto per qualche crucco in vena di viaggi in torno al mondo. Per non parlare delle divise delle squadre di calcio dove in 55 anni di evoluzione ho visto le monture più disparate e le tendenze più curiose. Quanto al genere femminile invece ho colto
(sempre troppo tardi, comunque) il particolare che non è dalla gonna che si può valutare una donna. Per cui certo feticismo delle forme e dei colori spesso nascondono il drammatico vuoto di saper andare oltre le apparenze delle cose senza sostanza. Tutto questo lungo preambolo per dire … che mi sono sbagliato!
Perché nel mio pezzo precedente sui Grigi, quello dei Capitani Coraggiosi, ho ipotizzato la nuova maglia dell’Alessandria targata Errea in stile “ Mazinga Zeta “. Invece cosa ti combina la Società reparto Marketing e Comunicazione in collaborazione con il nuovo sponsor tecnico? Rompono con il presente ed il futuro e ti presentano per la stagione 2017/2018 la maglia del passato. Ma proprio di quelle là, di quel grigio che più grigio non si può.
Certo ormai i materiali tecnici non sono più la lana pesante o leggera di una volta, avranno “prestazioni“ e tenuta ai lavaggi nemmeno paragonabile a quelle vecchie, sono dotate di colletto alla coreana e bordature ricercate ed essenziali.
Ma il grigio è quello là. Domanda: chi fa ancora un grigio così? Solo Errea. E sapete perché? Perché quel grigio il nostro nuovo partner tecnico l’aveva già sul suo pantone, magari in qualche angolo del magazzino, perché un bel po’ d’anni fa una società glielo aveva chiesto, ma non un grigio qualunque, proprio quello lì. E loro, azienda magari giovane in quei tempi e quindi dotata di entusiasmante pazienza, avevano probabilmente dovuto fare i salti mortali per accontentare il Segretario di quel club, tal Roberto Quirico, già grigio di capelli e sempre vestito di grigio.
Il buon Quirico, per tutti Jon, era allora il segretario dei Grigi, ma guarda un po’, personaggio dotato di una fantasia nell’abbigliamento che dire monocromatica è già un’esagerazione, e visto che l’ufficio marketing del club di allora era formato da una decina di tifosissimi sempre pronti a far la punta su tutto Roberto cosa fece, al fine di evitare di farsi triturare les pelotas ogni volta che i giocatori giocavano la partita? Fece un referendum tra tifosi e sportivi e si presentò alla Errea dicendo: il grigio è questo, se non l’avete procuratevelo perché la nostra gente è questo che vuole.
Da allora questa ditta di abbigliamento sportivo è arrivata a fornire divise alle nazionali di tutto il mondo, oltre che di club di primo piano ma, credo, che quel benedetto punto di grigio non l’abbia mai scelto nessuno per la propria divisa di gioco.
Dottor Borio, stavolta ce l’ha fatta grossa! Noi mandrogni stavolta non possiamo proprio lamentarci, almeno per la maglia! Ma si rende conto di quante grane si andrà a cercare? Perché in questa città di brontoloni sempre pronti a cercare il pelo nell’uovo in quello che fanno (gli altri) adesso qualcosa che non funziona nella divisa da gioco dobbiamo pur trovarlo, o no? Se no che mandrogni siamo? Noi siamo i figli e i nipoti di coloro i quali, nel primo dopoguerra, non hanno voluto la fabbrica della Lancia in casa, quelli che vedevano “danzare” un fenomeno sedicenne al Mocca che si chiamava Rivera ma per questa città era “Bagnetta”, siamo quelli che abbiamo dato orgogliosamente, nel nostro stadio, del “ fallito” a Pelè (proprio lui, o Rei).
Caro Borio, e chi con lei scelto la nuova maglia, avete commesso un errore irreparabile: con questa nuova divisa di gioco avete accontentato tutti, ma proprio tutti! E adesso sono cazzi vostri! Adieu !