Caro Vasco,
ho seguito il tuo concerto al Modena Park (seduto) in tivù.
Tu saresti quello che ha bevuto ettolitri di vino e birra?
Tu saresti quello che si è fumato piantagioni di marijuana?
Tu saresti quello che ha dato addosso al potere precostituito e al moralismo comune?
Mi dispiace ma non ci casco.
Non ci casco perché a sessantacinque anni hai un fisico appesantito ma non sfatto.
Non ci casco perché la tua voce trascinata e i tuoi occhi aguzzi non sono cambiati nel tempo.
Non ci casco perché un evento come quello di sabato è costruito dal sistema.
Una fiumana così entusiasta e innamorata non è un caso: è un progetto, certamente fortunato ma ben costruito in quarant’anni di carriera.
Il concerto è stato quello del popolo del rock, tra sudori e malesseri, applausi e cori ad accompagnare quel devastatore di schemi che gigioneggia sul palcone.
In televisione un’altra storia: Paolo Bonolis, acuto anchorman della comunicazione, racconta borghesemente di un fine intellettuale estrapolando citazioni e aforismi da testi di canzoni e interviste vaschiane.
Sullo sfondo la tigella Vasco che fa bene al pensiero più che al colesterolo.
Bella serata, dunque, che ha accomunato milioni di italiani diversi fra loro, giovani e anziani, disoccupati e pensionati, ciclisti e motociclisti, studenti e professori, nipoti e nonni, macellai e vegani, cinquestelle e alfaniani, tutti sotto una sola stella.
Grande Vasco.
Anche se io – ti ripeto – non ci casco.
Con flessibile affetto 😉