Il confronto con la memoria, per chi c’era anche 5 anni fa, durante l’analogo comizio di chiusura della campagna elettorale dei 5 Stelle, è impietoso. Venerdì sera in piazza Marconi ad Alessandria ad ascoltare lo show comizio di Beppe Grillo c’erano forse 500 persone. Tantissime, se si pensa alla media da comizio elettorale di quest’anno: ma circa la metà, appunto, rispetto al 2012. Però la piazza non era vuota, come sbandierato su facebook da qualche acritico militante piddino che ha fotografato la scena un’ora prima dell’arrivo di Grillo.
Comunque sia, il ‘mattatore’ genovese sale sul palco alle 21,37, e porta in scena uno show ben rodato, con riflessioni che spaziano dall’economia mondiale in perenne trasformazione al reddito di cittadinanza.
Su Alessandria dice poco o nulla, dopo il fulminante incipit: “Belin, vi ricordo voi mandrogni quando venivate a Varazze quarant’anni fa, spacconi e pieni di grano: adesso guardate come vi hanno ridotti, come siete depressi“. E fin lì, difficile che qualcuno possa dargli torto.
Prima di lui, del resto, è toccato a Michelangelo Serra (“il nostro Belfagor”, ironizza il comico), architetto candidato sindaco dei 5 Stelle alessandrini, ‘scaldare’ la piazza, via via che le persone affluivano, con una serie di riflessioni sulla situazione ‘agonizzante’ della città, vittima della crisi ma anche di piccole clientele e logiche spartitorie anti meritocratiche: coraggio e competenza, è la ricetta di Serra. Che torna a parlare dei primi due potenziali assessori (presentati nei giorni scorsi, tra qualche polemica), e annuncia una squadra fortissima, e animata da una assoluta attenzione al bene comune: ” a chi mi chiede un lavoro, rispondo che lavorereremo per avere una città in cui il lavoro possano averlo tutti, e non dovendolo chiedere a qualche amico, oppure emigrando per trovarlo, come la quasi totalità dei nostri laureati”.
Anche Grillo, fra un amarcord sulla nascita del Movimento (“il 4 ottobre 2009, in omaggio a San Francesco”) e un commosso ricordo di Gianroberto Casaleggio (con applauso della platea), punta molto sulla trasformazione rapidissima dell’economia e del mondo del lavoro, e sull’incapacità dell’Italia (dall’università alla politica) di intuire e gestire questa trasformazione.
E qui parte la parte più visionaria della riflessione: fra una citazione di Asimov e una di Zuckerberg (uno dei fondatori di facebook), Grillo loda la generazione dei millennials: “quelli della conoscenza condivisa, dell’esperienza continua e non dei beni materiali, persone che hanno compreso che il lavoro non è la vita, e che la vita va vissuta innovando continuamente”. Sembra l’identikit del laureato precario o disoccupato che vota 5 Stelle? Sì, ma del resto Grillo è un talentuoso istrione, non un politologo. Sa divertire e lanciare stimoli, che poi tocca ad altri nel Movimento rendere ‘sistema’.
Comizio vincente? Ni: qualche cenno in più alla realtà locale (oltre al siparietto iniziale sul dissesto ‘panacea’ di tutti i mali) forse era lecito aspettarselo. Ma Grillo è una vera star, e il copione lo sceglie lui: questa volta però l’impatto è stato assai meno dirompente di quello del 2012.
Ettore Grassano