L’addio di Totti al calcio ha dominato giornali e TV aldilà di ogni umana sopportazione. Neanche l’ISIS ha avuto tante pagine, fatte di nulla, retorica trita e infondata.
Quella di Totti è un’immagine stereotipata, costruita a tavolino dai pubblicitari: uomo semplice, alla mano, che scherza su se stesso, ottimo padre di famiglia, che usa parte del suo denaro per aiutare i bisognosi ecc.
Il Totti mediatico esordì facendo “il re degli ignoranti”, il personaggio proposto a suo tempo da Celentano. In effetti il grande cantante non fingeva, ha la V elementare (come Gianni Morandi, il quale però ha preso la licenza media con le 150 ore), e si vede; i suoi celebri silenzi non furono solo un trucco infantile per catturare l’attenzione, avvenivano perché non sapeva cosa dire: peraltro sempre monologhi, mai contradditori.
Qui è indispensabile un’osservazione un po’ razzista. Fermo restando che esistono 50 forme in cui l’intelligenza si esplica, e quella cognitiva è solo una, non necessariamente la più importante, e che secondo il grande pediatra Giovanni Bollea le madri analfabete sono migliori di quelle acculturate: affetto puro senza incrostazioni ideologiche sul proprio ruolo, è anche vero che il pensiero funziona solo col linguaggio, è fatto di parole. Se una persona possiede un lessico di mille parole (un liceale 18enne dovrebbe aggirarsi sulle 15 mila di competenza attiva e il doppio di competenza passiva. La competenza attiva riguarda le parole che usiamo, quella passiva le parole di cui conosciamo il significato. Per un meccanismo casuale, ogni tanto una parola passa dalla competenza passiva a quella attiva, la usiamo spesso, e poi entra a far parte del nostro idioletto), il suo è un pensiero elementare, che non le consente di capire che cosa succede, la semplice concatenazione causale, figurati lo spirito critico.
Da sempre divido i calciatori ai due estremi di cialtroni e di galantuomini. Galantuomini furono Scirea, Facchetti, Zoff, Rivera, Sandro Mazzola, anche i “Quattro dell’Ave Maria” bruschi difensori iuventini (Castano Salvadori Leoncini Garzena), Riva, Greatti, Cera, Furino, Pellegrini, Sabatini, Platini ecc.
Cialtroni per esempio Materazzi e tutti quelli che in campo si attaccano a un avversario e gli dicono qualsiasi insulto per fargli perdere il controllo. Succede anche nelle gare tra gli allievi.
E’ un comportamento ignobile, dal negro di m., alle allusioni sulle virtù della madre moglie sorella, alle bestemmie contro Allah e Maometto ecc. Ricordo quanto dichiarò un giocatore non famoso dopo una gara in cui il centromediano dell’Inter gli disse: io ho 3 miliardi di lire in banca e tu sei un poveraccio: “Se uno che gioca pure in Nazionale, per vincere una partita ha bisogno di ricorrere a questi mezzucci, mi fa pena”. Ineccepibile, la dignità non ha prezzo, non si misura col conto in banca. Tra Materazzi e Zidane io sceglierò sempre Zidane; ha fatto solo bene a dargli la testata; l’arbitro avrebbe dovuto espellere entrambi.
Ricordo ancora un derby in cui gli ultra juventini esposero uno striscione “Junior lurido negro”, riferendosi a un decoroso giocatore brasiliano del Torino. Al derby successivo, striscione degli ultrà torinisti “Meglio negro che juventino”. Fermo restando che gli insulti razzisti non fanno parte del folklore degli sfottò tra tifoserie, ma costituiscono un reato penale e come tale andrebbero perseguiti, a scuola usavo questo aneddoto per decidere insieme agli allievi quale dei due fosse più razzista verso Junior. Sicuramente quello torinista; lo slogan juventino poteva in parte essere spiegato col,tifo; quello del Torino contiene un’ammissione implicita che sottende all’affermazione: negro fa schifo, ma juventino è peggio. Siamo appunto nel campo delle mille parole. A costoro andrebbe tolto il diritto di voto, nei casi più gravi consiglierei qualche anno coatto alle miniere di sale di Margherita di Savoia in Puglia.
Ancora il discorso dell’addio, provocato dall’età che avanza inesorabile; almeno nei casi di Baresi Maldini DelPiero Totti, si è prolungato oltre ogni decenza; costoro trascorsero gli ultimi 2 anni di carriera penosi: non si reggevano in piedi, sempre anticipati anche dal più scarso degli avversari, i riflessi diminuiscono col passare degli anni e a un certo punto l’esperienza non basta più. Costoro, che avrebbero dovuto pagare per essere mantenuti in rosa, prendevano pure lo stipendio. Ma erano una bandiera, certo, sempre lautamente retribuita, con profitti offensivi per coloro che lavorano davvero. Non è colpa loro, è la legge del mercato. Sì; cominciamo col togliere personalità giuridica ai procuratori, sempre sul filo del codice penale, e vediamo cosa succede.
Tra la Cagnotto che lascia e Totti, mille applausi alla Cagnotto, la cui carriera a mio avviso è decisamente più significativa.. Disse un calciatore, uno dei galantuomini: mi vergogno pensando a mio padre operaio; io guadagno cifre assurde e offensive per divertirmi. E non c’erano ancora gli spot televisivi, la vendita delle magliette, il traffico degli autografi ecc. Ma anche un ex giocatore delle categorie inferiori, che a 40 anni gestisce una squadra di amatori, in cui giocano i ventenni diseredati del quartiere Cristo (io, per esempio), merita più rispetto.
La bravura di Totti non si discute, e non necessita di essere illustrata, è sotto gli occhi di ognuno. Carriera con molte luci e qualche ombra. Spalletti: troppo egocentrico per essere un vero capitato: indiscutibile.
Ricordo la vicenda, ignorata dai media in questi giorni, dello sputo al danese Poulsen durante la gara degli Europei a Lisbona giugno 2004. Concordo con quanto disse allora Gianni Mura: lo sputo a un avversario, per quanto provocatore, è un gesto ignobile, per il quale Totti dovrebbe essere cancellato dalla Nazionale.
Ebbe tre giornate di squalifica. Totti, col suo fisico, la sua esperienza e la sua classe aveva ogni mezzo per vendicarsi. Lo sputo è stato un gesto di onnipotenza di fronte al mondo. Io sono Totti, se mi provocano reagisco così. Avrebbe meritato 5 anni di squalifica. Altro che la famiglia Mulino Bianco.