E’ andata a Mikel Landa, corridore spagnolo del team Sky, ventisettenne e professionista dal 2010, la prima assegnazione del Premio “Marco Giorcelli , la passione dell’onestà”, che gli organizzatori della Corsa Rosa hanno scelto, per le sue dichiarazioni in occasione della caduta occorsa durante la nona tappa del Giro. Dichiarazioni sull’assunzione di responsabilità (“non è colpa sua…”) e sul senso della correttezza (“Vogliamo passare tutti anche quando non è possibile. Questi incidenti capitano anche per colpa nostra”) scagionando con serena valutazione dei fatti, il poliziotto la cui auto era parcheggiata, a 15 km dal traguardo e per la quale, apparentemente si era creata la caduta e su cui iniziavano a incombere polemiche e attribuzioni di colpa.
Una scelta in linea con lo spirito del premio dunque. Non per la performance, ma per valori di eticità, impegno e onestà sportiva di un atleta: gli stessi che sono stati il tratto distintivo del giornalista piemontese.
Il premio è stato consegnato dalla moglie del giornalista – per quasi vent’anni direttore del periodico “Il Monferrato” e a lungo corrispondente della Gazzetta dello Sport, oltre che appassionato ciclista – Silvana Mossano, collega de La Stampa, accompagnata dalla figlia e dalla sorella di Marco: una targa che riproduce il logo creato dalla grafica e artista Elena Doria, una sorta di marchio simbolico che riassume il carattere di Marco e che declina il concetto della passione dell’onestà, parole “appoggiate” a una sorta di farfalla stilizzata, a evocare un vezzo imprescindibile di Marco, che non portava mai la cravatta, ma il papillon. Quel papillon è simbolo della sua profonda libertà di pensiero, oltre che richiamare le ruote della bicicletta che amava.
E’ bello che gli organizzatori del Giro d’Italia abbiano accolto la proposta della famiglia del giornalista, di premiare un corridore della Corsa Rosa che ha dimostrato impegno, lealtà, tenacia e correttezza, proprio sulla terra battuta dalle ruote dei Campionissimi Coppi e Girardengo che Marco stesso, con passione, ha pedalato nel tempo libero, in sella alla sua Bianchi celeste, prima di cedere a quella insensata malattia che è il mesotelioma, a soli 51 anni.
Un dono a Marco, non retorico, non elegiaco, non apologetico, ma carico di positività e energia e un rimarcare, al di là delle performance agonistiche e della lotta per il traguardo, quei valori di solidarietà di cui è impregnata tutta la storia del Giro d’Italia di questi 100 anni davvero gloriosi.
Ma non è tutto: Marco è stato anche ricordato a Rivanazzano, venerdì sera, durante lo spettacolo “Può una bicicletta volare?” messo in scena da Emanuele Arrigazzi con i gregari di Coppi, con un toccante saluto letto da Luciana Rota curatrice dell’evento.
Foto Albino Neri