Il giudice Caselli al parco Eternot di Casale ha commentato la sentenza di Prescrizione della Cassazione sul caso Eternit. L’articolo impeccabile di Silvana Mossano sulla Stampa Alessandria del 1/5/17 titola ”Caselli sul caso Eternit. In Cassazione non si sono resi conto del dolore e delle vite spezzate. A Roma i magistrati più bravi e preparati, ma dietro una barriera di carte. Lavorando così, non so fino a che punto sono riusciti a rendersi conto del dramma” che coglie bene il senso dalla prima parte del suo intervento.
Vorrei esprimere il mio dissenso.
Mi permetto di rinviare al mio saggio “La prescrizione”, analisi delle “Motivazioni della Sentenza di Prescrizione della Cassazione sul caso Eternit”, pubblicato tra il 12 e il 14 gennaio 2016, dai giornali web di Alessandria, da Medicina Democratica, dall’ AFeVA di Casale, dopo le correzioni giuridiche suggeritemi dal suo legale avv. Paolo Liedholm. Comparso anche su Google nazionale al primo posto dei commenti sulle Motivazioni della Sentenza.
E’ l’unico saggio in Italia finora che esamina quasi tutte le 86 pagine delle Motivazioni a fondo, con un’indagine in primo luogo linguistica (sulla scorta del libro di Bice Garavelli Mortara, Le parole e la giustizia, Einaudi 2001), e poi inevitabilmente anche di merito.
-I reati di disastro ambientale doloso e permanente in Italia fino allora erano stati affidati sempre alla IV sezione della Cassazione, ritenuta competente; stavolta invece alla I, perché? La domanda non è affatto peregrina, e degna dell’attenzione del giudice Caselli.
– IL P.G. della I sezione è Iacoviello, quello che assolse Andreotti con un escamotage che provocò stupore nei cittadini ignari di diritto, per cui Andreotti è stato sì mafioso fino a una certa data, poi non più. La data coincideva con la prescrizione. Ohibò.
– Il difensore del criminale svizzero, neppure pentito dei 3000 morti causati dalle sue fabbriche (così lo definì lo stesso Iacoviello) era l’avv. Coppi, il massimo cassionista italiano, difensore anche di Andreotti.
– L’art. 434 del c.p. è obsoleto (risale al Codice Zanardelli 1889), fumoso e inadeguato, troppo generico perché si riferisce a “disastro innominato” e “altro disastro”, formule giuridicamente insensate nel nostro secolo, ammesso che non lo fossero già nel 1889. Adesso c’è una nuova Legge (G.U. 28/5/15), già proposta da Prodi nel 1999 e lasciata cadere dai governi successivi, riassunta alla fine del mio saggio.
– L’avv. Luca Santa Maria, docente alla Cattolica di Milano, rileva una contraddizione interna nella sentenza della Cassazione, perché essa prima afferma l’immutatio loci (la distruzione dell’ambiente) e l’epidemia, e poi non ne tiene conto nel giudizio finale, sorvolando. Infatti l’immutatio loci e l’epidemia l’avrebbero costretta a considerare il reato ambientale doloso ancora in atto, anziché concluso al momento della chiusura della fabbrica, e quindi perseguibile fino all’ultimo decesso per mesotelioma pleurico.
Aggiungo io: chi legge le Motivazioni ha la sensazione che le stesse identiche avrebbero potuto portare alla sentenza opposta, e quindi potrebbe pensare che essa fosse data per scontata all’inizio della seduta. Va rilevato che Le Motivazioni si allineano con l’intervento del P.G.
– Il giudice torinese Andrea Natale lancia un inquietante allarme (citato al termine del mio saggio) sulla predisposizione della Cassazione ad assolvere gli imprenditori. Caselli certamente lo conosce, e forse lo condivide. Chissà.
– Il modo della chiusura della fabbrica (per autofallimento, non per ripensamento, quello che invece aveva portato alla chiusura dell’Eternit svizzera 10 anni prima), la cui data è stata fissata per far decorrere la prescrizione, è un ulteriore reato. Essa infatti è stata abbandonata a se stessa , vetri rotti, tonnellate di amianto nel cortile, le cui fibre e polverino volavano per Casale, anche dalle 4 discariche dell’Eternit in periferia.
– Non dimentichiamo che oggi muoiono coloro cha da bambini giocavano con la paletta e il secchiello sulle riva destra del Po, dove scaricava il canalino della fabbrica quando essa veniva lavata. Se il fiume era in piena, portava via tutto, altrimenti il polverino si depositava appunto sulla sponda destra.
– Non si può fare l’apologia della Cassazione, dimenticando Corrado Carnevale, il giudice più giovane della sua storia (il che può essere letto in due modi diversi, magari ricordando le inattendibili dichiarazioni di mafiosi pentiti a Falcone e Borsellino: “ fate pure tanto in alto c’è un giudice che aggiusta i processi”, seguite da alcune intercettazioni telefoniche con Corrado Carnevale all’altro capo del telefono. Questi, appena arrivato, ha immediatamente smaltito l’arretrato (e il tempo necessario a leggere gli atti?); in seguito ha annullato 500 processi per mafia, brigate rosse, prima linea, banda della Magliana, accozzaglia perlomeno curiosa (pensiamo al denaro del contribuente buttato al vento utilizzando i cavilli più inconsistenti (parlo da cittadino, non da giurista, sono laureato in filosofia e in lettere moderne) la mancanza di una firma, un trascurato avviso a un imputato dovuto alla sbadataggine (voluta?) di un cancelliere, l’interrogatorio di un imputato con due avvocati difensori alla presenza di uno solo, perché l’altro non si è presentato (solito trucchetto per ottenere il rinvio) un presunto difetto di motivazione, un rilievo altrettanto soggettivo di carattere procedurale.
Carnevale, che sembra negasse l’esistenza della mafia, alla morte di Falcone e Borsellino, dichiarò: “Io certi morti li rispetto, altri no”. Sospeso per 6 anni, in seguito a comportamenti ritenuti non consoni alla carica ricoperta, prima dal ministro Martelli, che impose alla Cassazione la rotazione dei processi di mafia, poi da Martinazzoli, reintegrato da Berlusconi con un lodo apposta per lui; passato dal penale al meno prestigioso civile presumibilmente per evitare altri guai. La Cassazione era in parte dominata dalla sua influenza, oltre la sezione che dirigeva. Accusato di fare pressioni sugli esiti dei processi, venne assolto perché il comportamento in Camera di Consiglio non è sindacabile, ma in diversi casi non faceva parte della Corte giudicante.
A 83 anni è scivolato su una buccia di banana, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Torino contro i genitori di Mirabello, senza tener conto dell’assoluzione disposta 6 mesi prima dal Tribunale di Casale per l’accusa di abbandono di minore. Di qui la sentenza (rarissimo che la Cassazione dia torto a se stessa) di Revocazione, e il conseguente rinvio alla permalosa Corte d’Appello di Torino, che denuncia il pregiudizio sull’età dei genitori, rimarcando che in Italia nessuna legge stabilisce l’età anagrafica dei genitori per procreare. Vedi il mio saggio “La nuova sentenza per revocazione” del 2/7/2016 sui giornali mail alessandrini.
– Caselli non può non sapere questi fatti, anche perché vi si è trovato coinvolto direttamente, e non tenerne debito conto nel giudicare la Cassazione, non siamo nel paese dei balocchi. Se oggi la situazione è migliorata ne sono contento; però, il processo di Torino per la 12enne stuprata, caduto in prescrizione perché in 20 anni non sono riusciti a finirlo, non è proprio un invito all’ottimismo.