“Sia la grande distribuzione che le piattaforme di e-commerce giocano con regole diverse dalle nostre, che le avvantaggiano enormemente. Peraltro in nessuno dei due casi si percepisce quella funzione sociale che invece il commercio tradizionale svolge da sempre nelle nostre città. I commercianti però non sono martiri, devono fare impresa con costi sostenibili, e generare utili. Ai sindaci di oggi e di domani chiediamo di essere al nostro fianco: con i fatti e non con le parole”.
Manuela Ulandi è una combattente, ma di quelle che vanno in battaglia avendo ben chiara strategia, obiettivi, strumenti. Passione sì insomma, ma anche lucidità e concretezza. Da pochi giorni nuovo presidente provinciale di Confesercenti (hanno votato per lei tutti i 68 delegati presenti all’assemblea dell’associazione di categoria, in rappresentanza di circa 1.700 iscritti), Ulandi della materia si occupa da gran parte della sua vita professionale: prima il commercio è stato uno dei cavalli di battaglia del suo impegno politico (dai tempi del sindaco Calvo in poi), poi è diventato anche il suo mestiere. Complice Sergio Guglielmero, presidente provinciale uscente di Confesercenti, con cui ha lavorato ‘gomito a gomito’ per cinque anni, in un momento di grande difficoltà e turbolenza per tutto il comparto: “Sergio è un maestro, non solo per le sue doti professionali, ma anche per il suo rigore etico: ma ora non si illuda di fare il pensionato. La sua competenza risulterà ancora preziosa”. Proviamo allora a capire con quale ‘spirito, e con quali progetti, Manuela Ulandi si appresta non solo a ‘guidare’ Confesercenti, ma a muoversi sullo ‘scacchiere’ economico provinciale, anche nel sistema di relazioni con le istituzioni e con la politica, per veder riconosciuto al commercio tradizionale un ruolo ancora centrale rispetto ad un universo di regole (e giocatori) in cambiamento epocale.
Presidente Ulandi, prendiamo subito ‘il toro per le corna’: il suo incarico arriva in una fase non proprio ‘tranquilla’ per il commercio, nazionale e alessandrino. Cosa potrà e potrete fare, per gestire i cambiamenti di consumo, e anche di cultura, che stiamo tumultuosamente vivendo?
I cambiamenti non sono necessariamente negativi, anzi. Ma bisogna saperli governare, per non essere travolti. Confesercenti sta dando da questo punto di vista, non solo ad Alessandria ma in tutto il paese, un segnale fortissimo di cambiamento, sia pur nella continuità: stiamo rinnovando in questi mesi tutta la governance, locale e nazionale. Non escludo, tra l’altro, che a giugno possiamo avere, anche a livello nazionale, una presidenza al femminile.
Ossia quando il gioco si fa duro, largo alle donne?
(sorride, ndr) Non so se sia davvero così: certamente oggi nella nostra provincia, se mi guardo attorno, non vedo nessun’altra figura femminile alla presidenza di associazioni di categoria, o corpi intermedi. Ma la cosa, mi creda, non mi spaventa neanche un po’. Il problema non è donne o uomini: in momenti storici come questo, in cui tutto cambia rapidamente, servono figure competenti, capaci di interpretare il presente, e costruire il futuro.
Lei anche di recente ha preso apertamente posizione sulla vicenda Outlet di Serravalle Scrivia, e più in generale da tempo pone la questione del ruolo sociale, oltre che economico, del commercio nelle nostre città. Con una certa latitanza della politica…
Appunto, partiamo pure da qui, che è certamente una delle questioni ‘chiave’. Contro l’Outlet di Serravvalle non abbiamo proprio nulla: anzi, come rappresentante di una categoria di piccoli imprenditori posso solo ammirarli, quello è un polo di eccellenza, che sa fare benissimo il proprio mestiere. Altra questione però è la cornice delle regole: e mi riferisco sia alla grande distribuzione che alle grandi piattaforme di vendita on line, da Amazon in giù. E’ chiaro che se si gioca nello stesso campionato, ma con regole diverse, qualcosa non funziona.
La politica cosa dovrebbe fare?
La politica dovrebbe fare, diciamo così. Nel senso che sono 6 anni, e non poche settimane, che in Italia sul fronte della grande distribuzione vige una deregolamentazione che sa molto di far west. Se ne sono accorti tutti, tanto che si è tentato di correre ai ripari, con un atto legislativo che però, approvato alla Camera, si è arenato in Senato, e lì giace? Perché mai? Non si sa, ce lo dicano. Certo, non basta quello: però quanto meno lì si pongono alcuni paletti chiari, e si impongono a tutti 12 giorni di chiusura obbligatoria, senza deroghe di sorta. In mancanza di regole, non ci si può certo arrabbiare con l’Outlet….
Ma per rilanciare il commercio tradizionale non basta certamente ‘mettere il freno’ alla grande distribuzione Presidente Ulandi: anche perché la stessa grande distribuzione pare già ‘sotto l’assedio’ delle vendite on line…..
Appunto: se la politica abdica al suo ruolo, e non costruire una cornice, fatta di regole e anche di incentivi, si arriva a questa jungla, che credo non faccia il bene di nessuno, se non di alcune multinazionali. Come fare? Noi come Confesercenti, dal livello nazionale fino alle regioni e alle province, ci proponiamo come interlocutore serio e disponibile. Non facciamo politica, non è il nostro mestiere: ma possiamo essere una sorta di ufficio studi, disponiamo di montagne di dati, costantemente aggiornati, e anche di competenze vere, analisti e quant’altro. Ma il punto di partenza non può che essere il riconoscimento concreto del ruolo del commercio nel nostro tessuto economico, e prima ancora sociale. Cosa diventano le città se il commercio si ritrae, o viene ‘concentrato’ nei grandi centri commerciali, è sotto gli occhi di tutti.
Cosa serve allora davvero per rilanciarlo?
Regole, condizioni infrastrutturali favorevoli, e anche incentivi. Parliamo di Alessandria? Mi pare un esempio efficace: quanti centri commerciali sono stati autorizzati negli anni? Non sono troppi? Eppure in via Giordano Bruno ne stanno realizzando altri: ma è mai possibile? Di più: chi vuole raggiungere oggi un negozio in centro deve sobbarcarsi una serie di balzelli, a partire dai parcheggi a pagamento. Questi mega centri in periferia sono collocati ad un passo dai grandi snodi autostradali, e beneficiano di parcheggi gratuiti. Così davvero non ha senso competere.
Quindi stop alla grande distribuzione, e incentivi al commercio nei centri storici?
La grande distribuzione non nasce sotto un cavolo, apre a seguito di precise autorizzazioni: spero che ad Alessandria, come altrove, si metta un freno vero, concreto, smettendola con lo scaricabarile, del tipo ‘l’autorizzazione l’hanno data quelli di prima’. Per quanto riguarda gli incentivi al commercio tradizionale, i comuni possono certamente lavorare sul fronte della riduzione di tasse e balzelli, ma ancor più occorre che sia il comune a fare da regista di una seria politica commerciale ‘di territorio’. Ovviamente senza sostituirsi alle associazioni di categoria o ai diversi soggetti della filiera, ma coordinandoli tutti, in maniera da sviluppare un vero gioco di squadra, che porti risultati concreti, e non solo iniziative estemporanee che lasciano in tempo che trovano. Serve marketing territoriale vero, e coordinato: con reti di vicinato, su strada e on line, che costruiscano vera sinergia.
Lei ora gioca una partita provinciale dottoressa Ulandi: un territorio davvero diversificato. Ci sono aree dove questo ‘gioco di squadra’ sta già funzionando?
Per fortuna ci sono zone della nostra provincia dove si stanno facendo cose belle, importanti e orientate al futuro. A memoria, cito Ovada dove la collaborazione fra amministrazione comunale e commercio c’è, è reale. Ma sta lavorando bene anche un consorzio ad Arquata, e gli stessi comuni di Casale e Novi hanno già dato segnali importanti: a Casale hanno saputo dire no a nuovi insediamenti di grande distribuzione, a Novi c’è un parcheggio gratuito a ridosso del centro che rappresenta una risposta concreta all’esigenza di stimolare le persone a ‘vivere’ le vie cittadine.
E il commercio ambulante? Quando se ne parla, è sempre per associarlo a problemi di varia natura…
E invece inviterei a dare uno sguardo ai numeri, ogni tanto. Il commercio ambulante, in controtendenza rispetto al resto del comparto, è in crescita, segno evidente che risponde ad un’esigenza vera, di mercato. Ovviamente vive anch’esso diverse criticità, a partire dal fatto che un po’ di ‘pulizia’ è necessaria: chi non rispetta le regole, e non paga gli oneri previsti, non può e non deve essere protetto a oltranza: anche perché quasi sempre si tratta degli stessi soggetti che, con un’offerta di scarso valore, dequalificano un settore che, invece, ha le carte in regola per giocarsi la partita.
Quanto pesa e peserà il ruolo della Regione, nella definizione della ‘cornice’?
La Regione è, insieme al Governo centrale e ai comuni, un soggetto a cui chiediamo pieno coinvolgimento, impegno e responsabilizzazione. Sul fronte normativo, come su quello delle politiche di sviluppo. In Piemonte, i Piani di Qualificazione Urbana sono strumenti fondamentali per riqualificare davvero le nostre città, in un’ottica di miglioramento anche commerciale. Certo, bisogna saper presentare progetti seri: come ha fatto in un recente passato Tortona, che infatti si è meritata un contributo di 500 mila euro.
Nei mesi scorsi lei, su Alessandria, ha lanciato l’ipotesi di parziale copertura di via San Lorenzo: potrebbe essere quello il progetto da finanziare con il prossimo PUQ regionale?
Noi ci crediamo, e abbiamo argomentato la nostra scelta. A presentare i progetti però sono i comuni, e naturalmente ben vengano anche altre proposte: l’importante ormai è che tutti abbiano compreso che riqualificazione urbana non significa chiedere fondi per asfaltare le strade: in quel modo si finisce in fondo alle classifiche regionali, lo abbiamo già verificato.
Ad Alessandria, come ad Acqui, si sta per eleggere il nuovo sindaco: i commercianti cosa chiedono ai futuri primi cittadini, o cittadine?
Quel che chiediamo ai sindaci delle altre città della provincia: di svolgere pienamente un ruolo di regia, e di essere al nostro fianco nel rivendicare la centralità del commercio, che non è solo una rilevante filiera economica, ma significa qualità della vita per tutti. Senza un commercio florido le città diventano dormitori, e la sicurezza diminuisce. Sappiamo bene che oggi i sindaci hanno poteri limitati: addirittura non possono neppure fissare orari di apertura o chiusura sul loro territorio. Ma questo non significano che non debbano, come primi rappresentanti della loro e nostra comunità, utilizzare tutti gli strumenti per farsi ascoltare, e cambiare le cose in meglio.
E i rapporti con Ascom, l’altra associazione di categoria? L’impressione ad Alessandria è che per un certo tratto di strada siate stati in sintonia, arrivando a chiedere insieme (invano) le dimissioni dell’assessore al Commercio. Poi, da due anni a questa parte, ognuno per la sua strada: anche per scelte quantomeno asimmetriche dell’attuale amministrazione, diciamo così…
(sorride, ndr) L’auspicio è assolutamente quello della massima sinergia fra le associazioni, con la regia della cosa pubblica. Anche perché, al di là di una sana concorrenzialità, è evidente che gli obiettivi di fondo con Ascom non possono che essere gli stessi. Quanto alla prossima amministrazione, di qualsiasi orientamento essa sarà, chiediamo che metta davvero il commercio al centro delle proprie politiche, e che si affidi ad un assessore competente: e per competente intendo che abbia anche una cultura personale legata al commercio. In caso contrario comprendere dinamiche ed esigenze del comparto diventa davvero difficile.
Ettore Grassano