di Andrea Antonuccio.
«Vogliamo che Milano sia un esempio perché il messaggio di unione è importante. La Liberazione non è finita, va sempre rilanciata»
Giuseppe Sala, sindaco di Milano, 25 aprile 2017
Anche quest’anno, nel giorno dell’anniversario del 25 aprile, a Milano la brigata ebraica è stata contestata da movimenti filopalestinesi (su Repubblica me l’hanno venduta così).
Anche quest’anno, dicevamo: sì, perché la contestazione alla brigata ebraica, rea di non essersi ancora (del tutto o in parte) dissociata dalle politiche del governo israeliano, è ormai uno stanco déjà vu. Entrambe le parti sembrano recitare il solito teatrino, a uso e consumo dei media.
“Imperialisti assassini, guerrafondai, vergogna, vergogna“. Ma anche “Pezzi di merda“, “Fuori i sionisti dal corteo” e “Nazisionisti”. Questo il repertorio dei contestatori, con varianti a cavallo tra la geopolitica e il bestemmione.
Mi chiedo, come ogni anno, se festeggiare così il 25 aprile abbia ancora senso. E’ una Festa della Liberazione che non ci ha ancora liberato dagli angusti spazi della nostra idiozia, dalla retorica stantia delle ideologie, dal manicheismo dei “migliori” contro i “peggiori”. Continuando su questa strada, fra pochi anni non importerà più a nessuno di una “Festa” così imbevuta di rancore.
Mi chiedo, come ogni anno, se riusciremo mai a festeggiare veramente la Liberazione. Liberandoci, in primis, dalla dittatura dell’odio. La più subdola, la più invisibile.