di Andrea Antonuccio.
«Ci ha sempre lasciato enorme libertà, siamo in ottimi rapporti e spero di continuare ad averne. Cairo non ha mai ostacolato il nostro programma, non ha mai posto limiti. Sarebbe da mettere alla guida del Paese, farebbe la spending in maniera ottima»
Michele Santoro, ai tempi di “Servizio pubblico”
Da un po’ di tempo si aggira tra Torino, Roma, Milano e Alessandria un tipo particolare, almeno per gli standard italici.
Da giovane ha fatto il super assistente di un imprenditore rampante (che successivamente si è dato alla politica), da cui certamente qualcosa ha imparato. Poi è cresciuto, ha capito che avrebbe potuto mettersi in proprio e lo ha fatto.
Con una pagina pubblicata sul Corriere della Sera del 23 gennaio 1996 si è messo a cercare agenti per formare quel “dream team” con cui ha dato avvio alla concessionaria di pubblicità che porta il suo cognome.
Oggi, dopo 21 anni, Urbano Cairo è, tra le altre cose, patron del Torino calcio, di La7 e, dal 15 luglio 2016, anche presidente e ad di Rcs. Gruppo editoriale, quest’ultimo, che nel 2016 grazie alla “cura Urbano” è tornato all’utile per 3,5 milioni, contro i 175,7 di rosso del 2015. Numeri che parlano chiaro, anzi chiarissimo.
«Sarebbe da mettere alla guida del Paese, farebbe la spending in maniera ottima». Che avesse ragione, per una volta, Michele Santoro?
E perché non provare a chiederglielo, a quel tipo Urbano di Abazia di Masio?