Tre mesi sono trascorsi da quando l’Aps me.dea Onlus ha reso pubblica la notizia dell’esclusione dalla prima distribuzione dei finanziamenti stanziati dal Dipartimento delle Pari Opportunità, risorse sulle quali l’associazione sperava di poter contare per proseguire, con la necessaria serenità e stabilità, il lavoro al fianco delle donne vittime di violenza della provincia di Alessandria.
Da allora ci siamo mobilitate per chiedere innanzitutto risposte alla politica. Lo scorso 9 dicembre abbiamo incontrato la presidente della provincia, Maria Rita Rossa, in qualità di portavoce delle istituzioni locali, accompagnate dal Consigliere Regionale del Piemonte Domenico Ravetti, che si è fatto portavoce delle nostre istanze nel tentativo di sensibilizzare gli enti locali. Purtroppo questo sforzo, ad oggi, non ha portato a nulla.
Le uniche risposte sono giunte dalla società civile, con alcuni privati cittadini che hanno fatto piccole ma sentite donazioni, e dall’imprenditoria, con un’offerta economica importante da parte di Cedacri, azienda di servizi di outsourcing informatico. A ciò si aggiunge la solidarietà ricevuta attraverso i social media da tanti amici e la vicinanza di associazioni culturali e sociali che non avendo la possibilità di sostenerci economicamente ci hanno coinvolte in iniziative di sensibilizzazione per dare visibilità alla nostra attività e risonanza al nostro appello.
Non elenchiamo tutti i soggetti perché sarebbero troppi, ma a loro va il nostro sincero grazie, perché ci hanno fatto sentire meno sole.
Stessa cosa non possiamo dire per il mondo delle istituzioni, che si è limitato a prendere atto del nostro problema, senza ipotizzare soluzioni o proporre idee, nonostante siano esse stesse le prime realtà a trarre benefici dalla presenza di me.dea sul territorio: amministrazioni comunali, consorzi socio-assistenziali, ospedali sostengono importanti costi sociali ed economici della violenza sulle donne, ma questo costo sarebbe ben più elevato se il territorio non offrisse un servizio di ascolto e accompagnamento, un servizio offerto gratuitamente alle donne e svolto con professionalità e secondo il rispetto degli standard fissati dalla recente Legge 4/2016 della Regione Piemonte.
Le ultime settimane per noi, operatrici e volontarie, sono state particolarmente difficili e sono trascorse tra appelli, timide risposte e, più forte di tutto e tutti, senso di responsabilità, che ci ha spinte a proseguire nel nostro impegno per non far ricadere sulle beneficiarie del servizio il peso di scelte politiche (o sarebbe meglio dire non scelte) che fatichiamo a comprendere.
Come abbiamo denunciato più volte, la mancanza di politiche di vero e continuativo sostegno compromette la professionalità e la stabilità del servizio che viene fornito gratuitamente al territorio. Il paradosso, che non possiamo non evidenziare, consiste nel fatto che il problema della violenza sulle donne sta crescendo nella provincia di Alessandria, o meglio sta aumentando il numero di chi trova il coraggio di chiedere aiuto.
Dopo aver chiuso il 2016 con 140 nuovi casi, il nuovo anno è iniziato con ritmi impressionanti: in appena due messi (gennaio-febbraio) abbiamo già accolto 30 donne.
Le operatrici di me.dea svolgono in totale 70 ore di lavoro a settimana, ridistribuite nelle 40 ore di lavoro al centro (10 ore di apertura del Centro con 3 operatrici presenti e back office dedicato ai percorsi attivi), nelle 20 ore di lavoro per la gestione della casa rifugio Casa Aurora e in altre 10 ore di attività varie di organizzazione, comunicazione, ricerca fondi, rapporti con la rete, indispensabili per il buon funzionamento del Centro e dell’associazione. A causa della difficile situazione economica di me.dea la maggior parte di queste ore viene svolta volontariamente.
In attesa che la Regione Piemonte ridistribuisca nuovi fondi statali, in via di stanziamento per fronteggiare il problema della violenza sulle donne, siamo costrette a rivedere la nostra organizzazione perché la situazione è divenuta insostenibile. Non volendo penalizzare le donne che hanno bisogno di noi, gli orari di apertura del Centro resteranno invariati, ma alcune risorse che prima erano dedicate all’ascolto e al sostegno alle donne saranno dirottate su attività di progettazione e ricerca fondi per far fronte all’emergenza. Ciò comporterà un inevitabile rallentamento del servizio e tempi di attesa più lunghi per le donne.
“Si tratta di un primo ‘ridimensionamento’ che siamo costrette ad adottare – commenta la presidente dell’Aps me.dea Onlus Sarah Sclauzero – perché il carico di lavoro è diventato insopportabile senza le adeguate risorse. Rivolgo un appello al tessuto locale della provincia di Alessandria e quindi al mondo politico, economico e sociale, perché non lasci morire una realtà che dal 2009 ha fatto molto per le donne e per la società, lavorando con serietà e professionalità e dando risposte concrete, sgravando il servizio pubblico da costi sociali ed economici importanti”.
Proponiamo a tutti i candidati sindaco un confronto specifico sul tema della violenza contro le donne, per conoscere e approfondire i bisogni emergenti e prioritari, affinché possano valutare quali strategie risolutive proporre nei loro programmi elettorali.
Mentre si avvicina l’8 marzo, giornata internazionale della donna, ci chiediamo cosa significhi davvero essere dalla parte delle donne, quando tanti diritti sono lesi ogni giorno e quando luoghi di sostegno e aiuto per le donne, quali me.dea, sono dati per scontati. L’8 marzo l’associazione si unirà alle donne del collettivo Non una di Meno per una grande mobilitazione pubblica.
“L’invito del Collettivo rivolto a tutte le donne – dichiara la vice presidente dell’Aps me.dea Onlus Francesca Brancato – è di scioperare e scendere in strada per farsi ascoltare. Il Centro Antiviolenza in quella data si asterrà dalla consueta attività, ma organizzerà dalle ore 13 alle ore 16 una sorta di open day, per accogliere e informare privati cittadini, associazione, studenti e quanti vorranno conoscere più da vicino l’attività di me.dea”.