“Sono un soldato richiamato alle armi, che ha sempre fatto politica per passione e non per mestiere: la sfida di rilanciare Alessandria è entusiasmante, e si tratterà prima di tutto di farla tornare una città normale. Pensa che ce la faremo?”
Chissà: questo lo decideranno gli elettori fra qualche mese (realisticamente a maggio, ma una data certa per le prossime elezioni amministrative ancora non c’è, e molto dipende anche dalle vicende politiche nazionali di questi giorni, ndr).
Di sicuro Gianfranco Cuttica di Revigliasco ha l’aplomb, la classe e la buona educazione per piacere ai tanti alessandrini moderati che si guardano attorno spaesati, e cercano di capire ‘a che santo votarsi’, per tornare a vivere in una città tranquilla, sicura, pulita, e in grado di attrarre un po’ di investimenti per creare occupazione e sviluppo, anziché fare scappare le imprese ‘a gambe levate’, come di fronte ad un ‘buco nero’ (e con un sindaco Rossa che sembra quanto mai consapevole del clima da ‘si salvi chi può’ che aleggia sul Pd).
“E’ il momento di smettere di essere una sorta di waste land, di terra desolata e un po’ devastata dove tutto è concesso e dove manca la speranza”, riflette Cuttica. “Credo che Alessandria debba avere l’ambizione di tornare ad essere un vero capoluogo di provincia, trainante e con un’idea di futuro, e di comunità”. 59 anni, da più di trent’anni insegnante di storia dell’arte (“dallo scorso settembre al liceo Amaldi di Novi, dopo trent’anni ad Asti: ed entrambe le città sono la dimostrazione che il Piemonte non è tutto malridotto come Alessandria: quindi qualcosa di meglio si può fare”) Cuttica di Revigliasco conosce a fondo Alessandria, perché qui si trovano le radici pluricentenarie della sua famiglia, ma anche per le sue pregresse esperienze di amministratore pubblico: assessore a Cultura e Turismo prima a Palazzo Ghilini (con presidente Fabrizio Palenzona), poi a Palazzo Rosso (dal 1997 al 2002, sindaco Francesca Calvo). Di fare politica intesa come impegno civico non ha mai smesso (“sono iscritto alla Lega Nord dal 1991”), ma certamente non è un ‘carrierista’: “ho vissuto tutta la vita di insegnamento, e adoro la scuola e i ragazzi: neppure la pessima ‘buona scuola’ di Renzi è riuscita a farmi disamorare: però eccomi pronto a fare di nuovo la mia parte”). Proviamo a conoscerlo un po’ meglio, e a capire come intende muoversi in questa lunga campagna elettorale e poi, nel caso, come sindaco di Alessandria.
Professore, tornare alla politica di questi tempi non è scelta da temerari?
(ride, ndr) Altro che, non le racconto i commenti di mio figlio, appena ha saputo. Ma me lo hanno chiesto con molta convinzione, e non da ora: e la sfida è di quelle che non si possono rifiutare.
Primo passo: ricompattare dietro di lei davvero tutto il centro destra. Non stiamo a rifare la storia degli ultimi sei mesi, ma guardiamo all’oggi. Ci sono esponenti di quest’area politica, da Locci a Barosini ad altri, che hanno chiesto a lungo le primarie. Alla fine saranno della partita con voi, o andranno altrove?
Siamo in una fase molto delicata, di confronto quotidiano. Personalmente sono lieto della scelta unitaria dei tre partiti principali del centro destra (Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d’Italia, ndr), ma auspico naturalmente la più ampia convergenza di forze e soggetti, purchè determinati a remare tutti nella stessa direzione. Se poi qualcuno decidesse altrimenti, rispetteremo la sua scelta.
Quando si metterà al lavoro?
Di fatto ho già cominciato. Non sono un professionista della politica, la mattina sono a scuola (e quindi non si offenda chi dovesse cercarmi al cellulare senza avere risposta immediata), ma dedicherò tutto il resto del tempo, week end e serate incluse, a questo progetto. Che all’inizio sarà prima di tutto di ascolto, di confronto con i cittadini e con le associazioni e categorie professionali. In campagna elettorale ormai si dicono quasi sempre le stesse cose. Ma perché non sia un libro dei sogni occorre davvero fare i conti con la realtà, e partire da lì…
Ed è certamente una realtà un po’ peggiore rispetto a quella che la vide in prima linea con Fabrizio Palenzona in Provincia, e con Francesca Calvo a Palazzo Rosso….
Francesca è stata un grande sindaco, ne ho un ricordo splendido. Ma anche con Palenzona lavorai molto bene: lo ricordo come un uomo concreto, capace di ascoltare, e poi di decidere senza pregiudizi. Con lui creammo iniziative importanti, come Castelli Aperti, che successivi assessori (Rita Rossa, ndr) di fatto azzerarono. Ma non mi faccia polemizzare, voglio fare una campagna di proposta, non di attacco a qualcuno. Comunque sì, era decisamente un’altra Alessandria, che non certo non pensava di cadere così in basso: e per ragioni non solo locali, siamo onesti. E’ tutto il Paese ad aver accusato il colpo, negli ultimi 10 anni. L’importante però ora è reagire, con idee e progetti: non se ne può più di sentire pensatori anche raffinati che parlano di fine dell’Occidente, di declino irreversibile, di invasioni inevitabili….
Si riferisce alle ondate migratorie dall’Africa?
Certamente: quando sarò sindaco il primo obiettivo, credo condiviso da tanti alessandrini, sarà quello di tornare ad essere una città normale. E per normale intendo pulita, decorosa, sicura. Dove non esiste razzismo o ‘persecuzione’ verso chi è diverso per nazionalità o religione ed è qui per guadagnarsi il pane onestamente, ci mancherebbe. Ma dove non sarà tollerato che ci siano bande di delinquenti che girano per la città di giorno e di notte, ‘taglieggiando’ le persone perbene, magari anziane, spaccando vetri e bottiglie, e bighellonando in giro.
Quindi se il Governo, tramite le sue autorità territoriali, le dicesse che Alessandria deve ospitare altri migranti, rifiuterebbe?
Ma nella maniera più assoluta, e con tutti gli strumenti disponibili, e anche quelli che non ci sono, e che ci inventeremo. Gli stranieri nullafacenti in questa città sono già più che troppi, le pare che possiamo accoglierne altri? Ma la questione è più generale: il razzismo non c’entra nulla, si tratta di tornare ad avere fiducia in noi stessi, nei nostri valori e nella nostra identità di comunità locale, di paese, di Occidente. Evola ne parlava già nel 1934, pensi, me lo sono riletto proprio di recente: e all’epoca non c’erano mica i migranti. E’ una questione identitaria. E senza identità non vai da nessuna parte.
Non faccia l’intellettuale professore, parliamo di Alessandria. Tornare ad essere una città normale, dice lei. Ma per andare dove? Per fare cosa?
Servono alcuni progetti veri, forti. Se ci sono, su quelli si vanno a cercare risorse, sia pubbliche che private, e si cerca di mettere in moto un meccanismo virtuoso. Ma non voglio fare la parte di quello che ha le soluzioni in tasca: questi mesi serviranno proprio per confrontarci con tutti, compresi i ‘portatori di interessi’, e di competenze.
Ci faccia un paio di esempi concreti…
L’Università, e la Cittadella. L’ateneo alessandrino, che fa parte dell’Università del Piemonte Orientale, è una risorsa preziosa, che però non mi pare si sia mai pienamente ‘saldata’ alla città, e al territorio. Penso alle potenzialità di un rapporto di sinergia vera con l’ospedale e con la sanità, e anche con il mondo dell’impresa, e dell’economia. E poi questo ‘spezzatino’ di facoltà in giro per Alessandria non è il massimo: l’idea del campus rimane affascinante, no?
Da cui il secondo asset, ossia la Cittadella?
Guardi, finita questa chiacchierata me ne vado proprio lì: a passeggiare sul ponte Meier, per verificarne l’effettiva ‘congruità’ con la Fortezza. E qualche dubbio al riguardo ce l’ho. La Cittadella, per come la vedo io, non può essere il museo di se stessa, e rimanere lì, a galleggiare, con una manutenzione da sopravvivenza, e qualche apertura più o meno occasionale. La Cittadella è un pezzo di Alessandria, e deve vivere pensando al futuro, non al passato. Non si spaventino naturalmente i ‘custodi della memoria’, non immagino uno scenario di palazzi o villette a schiera dentro le sue mura, vade retro. Ma ad esempio un campus universitario, o qualche altro grande progetto della stessa portata invece sì, perbacco. Quando sarò sindaco aprirò un confronto vero con gli esperti: lungi da me l’idea dell’uomo solo al comando, che sa tutto e decide tutto. La politica però, questo sì, deve saper creare le condizioni perché un territorio vada avanti, e stia al passo con i tempi. Altrimenti che facciamo, ci piangiamo addosso e diciamo che l’unica speranza sono le colonizzazioni degli africani? Ma per carità…
A proposito di futuro professor Cuttica, e di ragazzi: lei ne incontra tanti, per lavoro, ogni anno. Come sono questi alessandrini, o astigiani o novesi, che avranno in mano il paese nei prossimi decenni?
Estremamente stimolanti, se stimolati. Attenti e curiosi, interessati a discutere di tutto, se li coinvolgi. E dinamici, come la loro età del resto impone: vivono l’Europa come il cortile di casa, e del resto per loro comunicare in tempo reale con tutto il pianeta, e spostarsi con disinvoltura, è la norma. Il guaio è che spesso le menti migliori vanno via, a Londra o a Berlino o altrove, e non tornano più. “Adoro il Monferrato, e sogno di avere una casa lì”, mi spiegava il figlio di un amico, “ma a Londra sono partito da zero, lavoro nelle nanotecnologie, cresco rapidamente e trovo chi crede in me. Ti immagini cosa farei lì?”. Come possiamo dare torto a chi oggi ragiona così, e a vent’anni fa la valigia? Io però al discorso del declino epocale e ineluttabile, che pare sedurre una certa intellighenzia soprattutto a sinistra, non voglio rassegnarmi: dobbiamo fare in modo che Alessandria, e questo ‘pezzo’ di Piemonte, tornino ad essere attrattivi, e non solo, appunto, una terra in dismissione da cui fuggire.
Non c’entra nulla con la sua candidatura a sindaco di Alessandria professore, ma è pur sempre un ‘fiore all’occhiello’ del suo percorso personale e professionale: che fine ha fatto la Festa Medioevale di Cassine?
Diciamo sospesa, certamente non morta. Per oltre vent’anni siamo riusciti a proporre un appuntamento che credo sia diventato, nel tempo, un punto di riferimento per tanti appassionati, e anche un bel biglietto da visita per il territorio. L’ultima edizione è stata nel 2014, poi purtroppo davvero i conti non tornavano più, e siamo stati costretti a sospenderla: ma speriamo che il seme non vada perso, e che il percorso prima o poi possa ricominciare.
Ettore Grassano