I primi corsi decentrati dell’Università di Torino partirono, ad Alessandria, esattamente trent’anni fa: nell’autunno del 1987.
Poi ci sono stati gli importanti successivi passaggi, che hanno portato alla nascita dell’Università tripolare del Piemonte Orientale, e al suo interno alla crescita dei due ‘poli’ alessandrini: Palazzo Borsalino e Disit.
Oggi Alessandria è città pienamente universitaria, cou un ‘esercito’, neanche tanto piccolo, di oltre 3 mila studenti, oltre naturalmente a tutto il corpo docente, e allo staff tecnico. Con risultati, lo dicono le statistiche nazionali, di assoluta qualità e o prestigio sia sul fronte dell’insegnamento che della ricerca.
Eppure da più parti si segnala, periodicamente, la necessità di un ulteriore ‘salto di qualità’, sul piano dei rapporti tra Università e città.
“Quando alle 18 chiudono Disit e Palazzo Borsalino, Università e Alessandria smettono di interagire tra loro: e questo è un limite oggettivo, e da superare”, ci è stato più volte da osservatori autorevoli, e su fronti diversi.
Ma come riuscirci? Sul tema interviene ora l’on. Renzo Penna, presidente della commissione Cultura del comune di Alessandria:
“L’incontro di lavoro promosso lunedì 30 gennaio dal Sindaco Maria Rita Rossa sulle prospettive della sede alessandrina dell’Università del Piemonte Orientale – afferma Penna – si era caricato di attese per il possibile annuncio, da parte del Rettore Cesare Emanuel, dell’apertura del corso di Medicina in Alessandria. Ricordo che la Facoltà di Medicina ha attualmente sede, per quanto riguarda l’UPO, a Novara. L’andamento della discussione ha evidenziato che per Medicina lo sdoppiamento dei corsi in una seconda sede — già realizzato per le Facoltà di Giurisprudenza, Economia Aziendale, Biologia e Lettere — presenta delle diverse e maggiori difficoltà. Essendo una facoltà a numero chiuso, investe direttamente la programmazione del Ministero, il MIUR, che si deve confrontare anche con quello della Sanità”.
“Nell’incontro – continua Renzo Penna – è altresì emerso che, visti gli attuali ridotti trasferimenti del Governo, l’eventuale ingresso di Medicina comporterebbe un dimensionamento dei corsi e delle facoltà presenti nella sede e, di conseguenza, una valutazione ponderata da parte del Senato Accademico che, sin qui, non si è occupato del tema. Progetto accantonato dunque? Non proprio. Pur nella fase politica incerta, per le probabili elezioni anticipate e il cambio avvenuto ai vertici del Ministero, i parlamentari presenti si sono impegnati a verificare le concrete possibilità con il Governo”.
“Come è noto l’UPO è una Università giovane, ha “conquistato” la sua autonomia nel 1998 — contro il parere dell’Università di Torino — e, ciò nonostante, si è affermata risultando fra le primi dieci nella recente classifica dei migliori atenei redatta dal “Sole 24 Ore”. Guadagnando tre posizioni rispetto allo scorso anno. I vari indicatori hanno considerato due classifiche: una per la Didattica e una per la Ricerca. L’Università del Piemonte Orientale ha ottenuto il 18° posto nella prima classifica e il 5° nella seconda, assegnando all’UPO il 10° posto a livello nazionale, davanti a Università “storiche” e limitrofe come Pavia, Milano Statale e Torino.
In questi anni, però, non sempre tutto è filato liscio e non sono mancati, specie per la sede di Alessandria, i rischi di un suo forte ridimensionamento. E’ stato proprio il Rettore Emanuel a ricordare, nel suo intervento, che il compito che gli venne affidato al momento della sua elezione — novembre 2012 — fu quello di “spostare tutto a Novara”. Il Rettore non ha, naturalmente, rivelato chi gli aveva suggerito quell’indirizzo, ma non si può non registrare che, in quel periodo, presidente della Regione Piemonte, a capo di una coalizione di centro destra, era il novarese Roberto Cota, della Lega Nord. Un rischio, in allora, molto sottovalutato dalla comunità politica, economica e finanziaria alessandrina, ancora traumatizzata per la messa in discussione della sede del Politecnico – nei confronti della quale aveva maggiormente puntato e investito – con la cancellazione della didattica, decisa in maniera unilaterale dall’allora Rettore Francesco Profumo.
Un rischio molto concreto che in pochi denunciammo e che è stato scongiurato, in primis, per l’opposizione dei Direttori dei dipartimenti della sede di Alessandria e per le scelte del Rettore Emanuel, cui va dato atto, attraverso lo “sdoppiamento” dei corsi, di avere operato per ridurre lo squilibrio e le tensioni tra le tre sedi dell’UPO. Squilibrio non completamente colmato nei confronti di Alessandria, in rapporto con quelle di Novara e Vercelli, che, per la ridotta distanza fra le due città e la presenza del Rettorato a Vercelli, rappresentano, nei fatti, un polo unico. Da qui l’origine delle sollecitazioni del Sindaco e dell’Amministrazione Comunale per il corso di Medicina.
Nell’incontro di lunedì un peso rilevante ha, però, finito per assumere il tema delle mancate “Residenze” per gli studenti della sede UPO di Alessandria e il ruolo non certo positivo qui svolto dall’E.Di.S.U.; l’Ente regionale per il diritto allo studio cui compete la realizzazione dei servizi universitari. Mentre la realtà di Novara può contare su un vero “Campus”, dotato, al suo interno, di 54 camere singole e 14 doppie e Vercelli ha, addirittura, due residenze con, rispettivamente, 51 e 48 posti letto, disposti in camere singole e doppie, ad Alessandria ci si è “dimenticati” di rinnovare il contratto della residenza di via Chenna, che poteva ospitare 25 posti letto. Ritengo che il principale errore, da parte di E.Di.S.U., sia stato quello di impegnarsi – con un contratto oneroso e di lunga durata – per la realizzazione di una mensa universitaria nei locali di via Parma. Aperta nel 2007, ma che non ha mai incontrato una significativa adesione da parte degli studenti. Errore che, adesso, non va reiterato pensando, da parte di E.Di.S.U., di ricavare, nella stessa sede, un limitato numero di posti letto. Richiamare la Regione e l’Ente ai suoi compiti, anche nei confronti della sede di Alessandria, è un impegno che è stato affidato ai Consiglieri regionali del territorio.
Per affrontare concretamente il problema delle Residenze l’Amministrazione comunale ha avanzato una proposta importante: quella di mettere a disposizione, per una sua completa ristrutturazione, l’ex Istituto Sordomuti che si trova in Piazza S. Maria di Castello. Un luogo centrale, baricentrico rispetto ai due Dipartimenti e in una zona che, con il rifacimento della piazza, si sta riqualificando. Una struttura, certo bisognosa di notevoli cure, ma che può rispondere a diverse necessità: posti letto per gli studenti, “foresteria” per i professori, sale di studio e lettura. Occorre adesso che il Comune definisca un progetto e si ricerchino le necessarie risorse. Condividere il disegno e prospettare le necessità da parte dell’UPO può, ad esempio, aiutare la Fondazione della Cassa di Risparmio a verificare le disponibilità della Cassa Depositi Prestiti. Così come esiste la possibilità di accedere ai finanziamenti previsti dal Ministero.
Come si sa, ho sempre ritenuto e proposto, come luogo ideale per il “College” universitario di Alessandria, la “Cittadella”, oggi maggiormente percorribile in presenza dei finanziamenti decisi dal Ministero dei Beni Culturali per la ristrutturazione della “Fortezza”, ma ritengo, comunque, positiva e seria la soluzione prospettata dalla Giunta.
L’importante è che si programmi e operi per la sua realizzazione in tempi certi. Condividendo le esortazioni dei due direttori di Dipartimento — i professori Salvatore Rizzello e Leonardo Marchese — credo non si possa più continuare a parlare genericamente di Alessandria “Città Universitaria”, se non si da soluzione al problema delle Residenze, se non si offre un luogo agli studenti per fruire collettivamente dell’Ateneo al di fuori delle lezioni, se non si mettono in condizione i docenti di tenere iniziative aperte alla città in orari consoni per chi lavora, consentendo la frequentazione e l’utilizzo delle aule e delle biblioteche ai cittadini di Alessandria”.