Nel nostro immaginario le parole possono ferire i sentimenti, così come guarire l’anima, ma difficilmente prendiamo in considerazione la possibilità che possano avere un reale effetto sul corpo.
Già la volta scorsa, però, abbiamo visto come l’effetto placebo sia efficace e come i gesti e le parole che accompagnano la cura siano parte fondamentale della stessa. Oggi ci occuperemo del “gemello cattivo” dell’effetto placebo, il nocebo, cioè quando un atto terapeutico provoca degli effetti negativi a prescindere dalla sua efficacia.
Se cerchiamo nella nostra memoria, anche in questo caso troveremo sicuramente un episodio che ci ha visto coinvolti in prima persona; quando, per esempio, un nostro amico si prende una bruttissima influenza che ci dice essere molto contagiosa e noi gli siamo stati accanto fino al giorno prima, è molto probabile che inizieremo anche noi a notare le tipiche avvisaglie del malessere (mal di testa, male alle ossa, spossatezza) anche se, misurandoci la febbre, risulteremo sani come pesci.
Sono state le parole “molto contagiosa” a metterci in allarme e a creare un’aspettativa negativa rispetto alla nostra condizione di salute. Quindi se penso che una cosa mi possa far male è molto probabile che io sviluppi dei sintomi se ci entro in contatto, così come se mi viene somministrato un farmaco efficace da un medico di cui non mi fido potrei non giovare affatto del trattamento: il nostro cervello, così come è in grado di “aggiustarci” è anche in grado di farci “ammalare”.
L’esempio più eclatante sono sicuramente tutte quelle condizioni fisiche e psicologiche debilitanti che derivano dalla convinzione di aver ricevuto il malocchio o di non aver rispettato un rituale religioso: per esempio, sono stati studiati dei casi dove alcune persone sono addirittura morte dopo aver scoperto, a distanza di 10 anni, di aver mangiato un animale sacro. Sembra che l’intensa paura provata per questo “sgarro” abbia creato una cascata di effetti neurofisiologici che ha portato all’arresto cardiaco, anche se avevano vissuto benissimo nella loro inconsapevolezza fino ad allora.
Come mai il nostro cervello sembra essere tanto cieco di fronte alla reale efficacia o pericolosità di un trattamento, rispondendo maggiormente a ciò che ci viene detto?
Il motivo sta probabilmente nel fatto che siamo animali sociali, per cui la relazione con gli altri significativi è la base per uno sviluppo funzionale nell’infanzia e un buon compenso nella vita adulta; siamo governati da sistemi che ci spingono ad avere motivazioni innate a chiedere aiuto, a fidarsi dell’altro, a cooperare per raggiungere un obiettivo o a sfidarsi per una risorsa limitata, e tutto questo si gioca spesso solo sull’utilizzo di gesti e parole. Per questo, probabilmente, il nostro cervello è così sensibile a questi input e ha imparato a rispondere con delle reazioni chimiche che hanno effetti reali sul nostro corpo.
Queste riflessioni sono molto importanti sia in ambito sanitario, poiché ci costringono a dosare non solo i farmaci, ma anche le frasi che utilizziamo, sia nella nostra vita di tutti i giorni, perché il creare negli altri e il crearsi delle aspettative negative incide non solo sulla salute, ma anche sul successo delle attività… come? Lo scopriremo nella prossima puntata!
Se avete curiosità o domande a cui vorreste risposta potete scrivermi a poggio_sara@libero.it e i vostri quesiti saranno i protagonisti di “Psicologia in pillole”!
Dr.ssa Sara Poggio-Psicologa
Psicoterapeuta Cognitiva
In Forma Mentis-Studio di Psicologia e Chinesiologia
Acqui Terme
poggio_sara@libero.it