La quasi-alluvione di fine novembre 2016 e i suoi molti curiosi aspetti

Cavalchini nuovadi Pier Luigi Cavalchini

 
Con un lieve ritardo inizia la seduta di Commissione Ambiente del comune di Alessandria (lo scorso lunedì 23 gennaio), alla presenza dell’assessore all’Ambiente ing. Lombardi e del presidente Daniele Coloris, oltre a numerosi consiglieri.

L’argomento è di quelli ghiotti, su cui si è dibattuto a lungo: “quanto siamo veramente in sicurezza nella nostra città, dal punto di vista del rischio alluvioni?”. Una di quelle domande che, in altre zone del nostro disastrato Paese, farebbero addormentare… qui invece “infiammano”.

In fondo è legata a questa domanda, ed al tipo di risposta che ad essa viene data, la “necessità” del rinnovo del ponte Cittadella, così come delle altre opere idrauliche realizzate fino ad oggi. E, senza dubbio, queste opere di sono comportate bene al primo vero collaudo complessivo, quello della piena del 26 – 27 novembre 2016. Il giorno della grande paura.

Ad aprire le danze è l’ing. Condorelli che – col suo eloquio sommesso – ci conferma tanaro-meierche “sì… il collaudo è stato superato” nonostante “ le grosse difficoltà di personale. Pensate – ricorda l’ingegnere – abbiamo una sola persona ogni 65 km di fiume. E, non mi stancherò di ripeterlo… sono 32 anni che siamo in queste condizioni”. Rincara la dose, Condorelli: “Se non ci fossero stati gli interventi realizzati oggi saremmo di fronte ad una nuova alluvione disastrosa. Ha funzionato la “Chiavica del Rio Loreto” , hanno funzionato i fornici sulla Bormida quindi …. cosa volete ancora?”.

Già … cosa vogliamo …?. Probabilmente ha ragione l’amico Fabio Decorato quando ci ricorda che “queste erano le uniche opere possibili in grado di garantire un livello di piena sopportabile. I tre ponti sono stati un “sacrificio” necessario, come necessari e sostanzialmente ben costruiti sono stati i rialzi arginali laterali; quelli che hanno contenuto la quasi alluvione di fine novembre scorso”. Il tutto rinforzato dalle significative risposte dell’ing. Condorelli dell’AIPO che stima in quasi trecento milioni le spese previste per le casse di espansione ipotizzate (espropri compresi). A cui vanno aggiunti problemi amministrativi e burocratici che andrebbero a rendere complicata al limite dell’impossibile la realizzazione delle casse stesse. Insomma…”va bene così e chi non fosse d’accordo o motiva i mugugni… oppure stia zitto”.

Un discorso che non fa una piega e che trova nell’andamento dell’evento del 26 alcune conferme. Le analisi AIPO e quelle dell’ARPA Piemonte confermano una massa di precipitazioni nettamente superiore al normale. Questo è il motivo per cui si sono avuti diversi “sfiori”, anche se mai catastrofici.

Alluvione Bormida AlessandriaSicuramente un evento anomalo, con due picchi (con aumento improvviso della portata) che si sono fatti sentire soprattutto nella parte alta e media del bacino fluviale. Una piena che, inesorabilmente, è aumentata per un lungo periodo di 35 centimetri all’ora. Verrebbe da affermare “quasi un miracolo” se si sono avuti versamenti in zona “Sardegna” a fianco Bormida e in corrispondenza del muro degli Orti, a valle del centro storico alessandrino e in pochi altri punti. Ma, in realtà, il miracolo è stato fatto prima, costruendo – finalmente – difese spondali sicure e organizzando a modino tutto l’ambaradam della Protezione Civile locale.

Correttamente i tecnici dell’AIPO (tra il 26 XI e il 3 XII) hanno segnalato in dettaglio l’andamento della piena all’Autorità di Bacino del Po (con sede a Parma) e, da subito, sono riprese le considerazioni di sempre. “Ci vorrebbero assolutamente le tre casse di espansione previste dallo studio apposito affidato all’Università di Padova nel 2007, ognuna di 17 milioni circa di metri cubi d’acqua “laminati” cioè sottratti alla piena più distruttiva e poi rilasciati in tempi successivi”. Sembra di sentire un disco rotto che, non contento, continua: “Ve l’abbiamo già detto e scritto centinaia di volte ma, evidentemente, non ci ascoltate…” Non solo.

Si raccomanda (o meglio, a raccomandarla sono i “tecnici” di vari Enti e Università) la costruzione una ulteriore cassa a monte della città di Alessandria con la considerevole capacità di contenimento pari a 70 milioni di metri cubi complessivi. I posizionamenti sono noti, due prima di Asti, una tra Asti e Alessandria (Rocchetta T.), l’ultima in zona frazione Astuti.

Lo studio (anzi una summa di studi) consigliano l’utilizzo del sistema a “cassa di derivazione”, assai più efficace di quello detto di “casse in linea”. E a queste raccomandazioni si sono adeguati i tecnici. Si capisce, però, che si tratta di un work in progress perché il tecnico AIPO comunica che “con il presente perimetro e con l’attuale profondità siamo già a 13 milioni di metri cubi d’acqua stoccate… ma se si scendesse di più, anche di un solo metro si arriverebbe al raddoppio netto”. Riferendosi all’area di San Michele – Astuti.

Condorelli ricorda anche che è già pronta, fra le varie progettazioni di massima giàmeier-nuova-1 predisposte, quella che riguarda il cosiddetto “abbassamento” della soglia del ponte Cittadella (attuale ponte nuovo-Meier).

Un’opera che, probabilmente, avrebbe avuto senso prima dell’abbattimento del ponte Cittadella e, in concomitanza con aree di laminazione costruite secondo principi di ingegneria naturalistica, avrebbe permesso la sola eliminazione del vecchio ponte Ferrovia con il mantenimento di quelli “storici”. Un eventuale “fiumicello” contornato di terra e arbusti in piena estate sarebbe stato “sopportabile” a fronte delle scelte di conservazione… Ma oggi siamo in una congiuntura diversa che ci fa ragionare sulla reale utilità di un intervento del genere, impegnativo e con un risultato di circa meno 30 centimetri sottratti alle piene del fiume.
Recuperabili – secondo alcune associazioni ambientaliste, tra cui Pro Natura – senza difficoltà con altre forme di contenimento senza rovinare l’importante presenza “piena” del fiume fra nuovo ponte Ferrovia e ponte Cittadella – Meier.

Ci permettiamo queste considerazioni perché è stata costituita una commissione mista per fare una variante al Piano Fasce (tempi brevi?… ne dubitiamo). Come pure sono stati richiesti ulteriori studi per nuovi approfondimenti , parola di tecnico AIPO (ma, par di capire, siamo solo all’inizio). Infine, il solerte funzionario AIPO, ci ricoda che “necessitano varianti ai Piani Regolatori e nuovi Piani di protezione Civile che vadano a considerare le situazioni di fatto”. Insomma… forse vedremo la fine del tunnel fra una decina d’anni.

Coloris nuovaIl consigliere Coloris, presidente della Commissione, riprende – a questo punto – i numeri dell’emergenza novembrina e trova molti paragoni tra il 1994 e il 2016. Per la verità le quantità transitate alla confluenza di Montecastello (2016) erano inferiori di un quinto a quelle del Novantaquattro, anche se l’insieme del fenomeno piovoso, a monte, ha registrato una leggermente maggiore quantità d’acqua caduta a terra rispetto a 22 anni fa.
Ma le due aree interessate non coincidono perfettamente per cui è meglio concentrarsi su quanto è effettivamente sceso a valle.

E qui i numeri sono chiari… al nodo idraulico di Alessandria ne è passata di meno ma, a causa della strettoia formata dalle arginature, si è alzata comunque in modo considerevole rischiando di inondare alcune zone della città.

Volendo intervenire su alcuni passaggi l’ing. Claudio Lombardi, assessore Lombardi nuovacomunale all’Ambiente si è espresso in modo inequivocabile: “La decisione di proteggere queste zone solo con argini sempre più alti non funzionano”. In sostanza, abbiamo comunque un rischio, a meno che si voglia in continuazione alzare le arginature di contenimento, trasformando, di fatto, i fiumi in canali veri e propri. Oltre tutto con una corrente ben superiore a quella naturale… per cui un’eventuale “falla”, un pur minimo punto di debolezza dell’insieme del bacino, sarebbe destinato a prendersi un uragano d’acqua. E’ il motivo per cui Lombardi sposa in pieno le proposte dell’Autorità di Bacino e dell’AIPO. “Aree di laminazione secondo indicazioni”, “ intervento sulla “briglia” e creazioni di difese arginali non in fascia A ma nella retrostante fascia B, proprio per offrire più “aria” ai fiumi”.

Rio Lovassina 3E questo vale soprattutto per il corso della Bormida a cui Lombardi dedica molto del suo intervento. Segnala, anche se già noto, che “questa amministrazione ha chiesto e predisposto iniziative risolutive per il Rio Lovassina a Spinetta Marengo” . Così come, sempre la presente amministrazione – ci tiene a dire – ha richiesto interventi per i rilevati a fianco del ponte Bormida e per la realizzazione della doppia area di laminazione di Astuti. “Sono stati fatti – aggiunge l’Assessore – tutti i passi necessari per sensibilizzare i Ministeri di competenza ma, come è noto, è stata data la priorità agli interventi a Genova, Torino e Firenze, sempre in relazione alle emergenze di carattere idrogeologico”. Come dire… ci stiamo provando “but t ‘ s very difficult”.

Si sono poi succeduti interventi di consiglieri e tecnici che hanno ripreso un po’ tutti i “leit motif” legati all’argomento, dalla “necessità di dragare i fiumi”, a cui è stato risposto, con saggezza, che “si interviene a togliere ghiaia e detriti dove lo stabilisce la legge, molto prescrittiva sull’argomento” fino alla possibilità di creare un apposito “albo” dei “diversamente abili” abitanti in zone in qualche modo collegate agli esiti alluvionali. Con la conseguenza di prevedere un pronto intervento “preventivo” prima ancora che venga richiesta un’azione di aiuto da parte del cittadino. Ottima cosa…. e, a quanto pare, se ne sta interessando – con i consiglieri comunali Berta e Barosini– la dirigente del Servizio di Protezione Civile, dott.ssa Sinelli.

Sulla stessa linea, di buona considerazione dell’attività di vera protezione civile svoltabuzzi-langhi dal servizio di Coordinamento durante l’evento di fine novembre, è il consigliere di minoranza Buzzi Langhi che, un po’ come farà subito dopo Fabio Decorato (già citato in apertura), chiede “lumi su costi e impegni relativi alle costruende “casse di espansione””.

Prima di passare alle conclusioni di rito, c’è ancora tempo per l’intervento dell’onorevole consigliere Renzo Penna. Riprende i dati forniti dall’ing. Condorelli e ribadisce la necessità di porre mano alle “previste aree di laminazione” procedendo contestualmente “all’abbattimento della briglia sottostante il ponte”. E, come in una giostra, siamo tornati al punto di partenza, con le domande di sempre ancora lì ad agitarsi: “Si saranno parlati fra i vari uffici?”, “Gli studi sono stati fatti al meglio? Ci si può fidare?” e ancora… “Sia che si faccia l’intervento sulla soglia, sia che non si faccia… chi se ne prenderà la piena responsabilità?”… Questo per la cronaca.

Al movimento ambientalista, se ne è capace, dimostrare che ci sono studi autorevoli italiani ed esteri che propongono “aree di laminazione” di pari capacità (ottanta milioni di metri cubi d’acqua laminata) ma con costi non superiori ai quindici milioni di euro. Che ci sono regioni dove le associazioni degli agricoltori sono in stretto contatto con le autorità tecniche e scientifiche per gestire al meglio le proprietà “soggette ad uso laminazione periodica”. Che ci sono economie (e, quindi Stati) che prevedono incentivazioni per tutti i proprietari di terreni destinati ad aree di laminazione. Che ci sono intere filiere di industrie del legno, della plastica riciclata, di componenti biodegradabili che propongono attrezzature e strumenti “ecologici” per la corretta gestione degli assi fluviali…Che ci sono luoghi in Europa e nel mondo dove gli amministratori sanno amministrare sul serio e, quando serve “farsi sentire” e “battere i pugni” lo fanno…

Ma a questo approccio, a questa mentalità, qui da noi, si può arrivare solo con interventi, documenti, carte, video, studi inoppugnabili e di qualità… Speriamo che qualcuno recepisca il messaggio.