Abbiamo già scritto, per qualcuno forse anche troppo, ma non possiamo non riportare dopo gli ultimi accadimenti le considerazioni, le sensazioni, gli stati d’animo di questi giorni di coloro i quali abbiamo definito “innocenti”.
Abbiamo già scritto di ciò che prova il personale di Polizia penitenziaria che da giorno 22 dicembre 2016 si astiene in silenzio dalla MOS per protestare contro la carenza cronica di personale e gli elevatissimi carichi di lavoro che ormai non sono più gestibili né tantomeno programmabili.
Abbiamo già scritto che il personale è stato oltremodo umiliato dalla perquisizione straordinaria alla quale non è stato impiegato, e che a ciò si è aggiunto il fatto che ci sia un direttore non fisso, un comandante e un vicecomandante che non sono dei loro (normalmente queste figure trasmettono quel senso di appartenenza che rinforza le relazioni; purtroppo nel contesto di San Michele non è così, e credeteci quando diciamo che il morale del personale è sceso a livelli inferiori allo zero).
Abbiamo già scritto che al di là delle normative in vigore, degli accordi, delle regole, questo personale, il poco rimasto, nonostante “affamato”, non ha indugiato, per l’alto senso del dovere, a sobbarcarsi di turni di servizio che vanno ben oltre le nove ore continuative, di turni notturni a raffica e anche a compiere servizio rientrando dallo smontante per mandare avanti questa “baracca sgangherata” di San Michele.
Ora però dobbiamo anche scrivere che oggi bisognerebbe solo ringraziare, comprendere e perché no, anche coccolare questo personale così zelante. E invece? Invece l’amministrazione, e non ci si riferisce a quella distante ma soprattutto a quella vicinissima, non tiene nella benché minima considerazione questo personale, che non semplicemente fa il suo dovere lavorativo, ma lo fa con spirito altruistico di sacrificio, non per un proprio tornaconto, ma nell’estremo tentativo di assicurare al minimo le funzioni che sono richieste a un carcere.
Una protesta paragonabile ad uno “sciopero della fame”, per così tanto tempo ed in un periodo particolare come quello natalizio, è un segnale molto importante che la direzione molto probabilmente non ha saputo cogliere.
Non vi è stato nessun accenno di capire, di comprendere, di parlare col personale del perché di questa protesta, nulla di tutto questo è stato assolutamente compiuto, anzi, a questo personale non sono stati fatti neanche gli auguri di Natale, cosa mai successa prima. Il giorno dopo la nostra nota, improvvisamente, sono apparsi gli auguri, ma ormai era tardi, il personale non ha gradito questo gesto e si è irrigidito ancor di più.
E ancora, anziché avvicinarsi a questo personale, silente nella sua protesta, ma dignitoso e orgoglioso di essere poliziotto penitenziario, unitamente a quegli auguri tardivi, ha sfornato ben due avvisi sulla mensa disertata, atti solo a salvaguardare gli interessi economici della ditta appaltatrice e dell’Amministrazione locale medesima.
Infine, ma temiamo che non sia l’ultima, a quei poliziotti che non hanno fatto ancora in tempo a digerire quanto sopra, gli è arrivata un’altra “mazzata” morale: l’attuale direttore, lo stesso che ha ignorato i poliziotti “protestanti”, nonostante in ferie, il 5 gennaio è venuto a San Michele per partecipare ad un servizio di Rai 3 sul progetto Amag del comune di Alessandria.
Nulla da ridire per quanto riguarda i progetti, anzi, magari ce ne fossero di più, ma il punto è questo: di fronte alla protesta dei poliziotti, che pure ha avuto eco mediatica e cosa ancor più importante, è gravemente fondata su cause di primaria importanza, la direzione è sembrata cieca e sorda; mentre ha risposto in modo tempestivo riguardo al progetto Amag, che è accompagnato e impreziosito dalla visibilità delle telecamere di Rai 3. E tutto questo di fronte a quei poliziotti che stanno ancora aspettando una reazione alla loro protesta ancora in corso.
Possiamo provare a immaginare come si sentono quei poliziotti che hanno assistito a tutto ciò, possiamo immedesimarci in loro, metterci nei loro panni anche solo per un attimo? Ognuno capirebbe lo sgomento di quei poliziotti, che si sono sentiti e si sentono privi di considerazione, abbandonati proprio dal loro capo che è chiamato a gestirli ma più ancora a tutelarli.
Detto ciò e vedendo i fatti accaduti, ci spiace pensare e ancor di più temere di avere il fondato motivo di credere che la distanza venutasi a creare tra personale e direzione si allunghi di giorno in giorno con il trascorrere del tempo.
Salvatore Carbone
Segretario Generale UILPA Polizia Penitenziaria Alessandria