Quasi tutti gli esseri e gli eventi di questo Mondo hanno un loro Solstizio d’Inverno: un cuore denso che annuncia l’inizio della nuova luminosa nascita proprio nel momento piú cupo, quello della trasformazione e della differenza da sé.
Allontanato da ciò che era sempre stato, condotto all’adolescenziale punto verticale e buio del suo viaggio, ogni processo ha in questo stesso punto il senso della propria nascita: cosí sono i ragazzi che improvvisamente si sentono diversi dal loro-bambino di poco prima e cosí gli astri ognuno nel mistero del suo Nadir, cosí il sole e la terra in questi giorni di dicembre dalle notti lunghissime che hanno però nella loro massima estensione il crinale del nuovo luminoso abbreviare.
Anche i fatti di Letteratura hanno questo destino: una tradizione si amplia col tempo e con lo spazio, e nel momento in cui non pare piú sé stessa avviene il momento natalizio della trasfigurazione in qualcosa di nuovo.
La Letteratura che in Lingua Latina s’era scritta in Italia era sempre stata un fatto estremamente dinamico: in Latino alla corte di Roma avevano scritto grandi Autori di ogni parte dell’Impero, che probabilmente a casa loro non parlavano affatto il Latino; ci sono anche dubbî che il Latino vero e proprio sia mai stato comunemente parlato dalla gente nella stessa Roma. Sta di fatto che, allo sfasciarsi dell’Impero d’Occidente, esisteva una gran quantità di parlate locali in giro per l’Impero stesso e già per la sola penisola italiana: tali parlate erano il risultato degli idiomi precedentemente in uso nei varî territorî e del lungo lavoro di modificazione che il Latino portato dal Centro aveva avuto su di questi e viceversa.
Man mano che ci si addentra nel Medioevo, il Latino sempre piú lascia il passo a qualcosa che somiglia all’orecchio a uno di quelli che oggi conosciamo come dialetti d’Italia; e se ancora oggi l’Italia vanta alcuni eccellenti poeti in Latino, già dall’anno mille in diverse situazioni ufficiali il Latino era accompagnato (se non sostituito) dalle sue controparti volgari.
Le Lingue Volgari iniziarono a essere impiegate in due ambienti diversi fra loro ma di affini esigenze: quello ecclesiastico e quello notarile. In entrambi i campi c’erano le due condizioni fondamentali a questo genere di trasformazione: da un lato qualcuno (il chierico o il notaio) abbastanza colto da conoscere entrambe le parlate e saper scriverle e dall’altro la necessità di esser compresi (per motivi di evangelizzazione o di regolamentazione) anche da chi di tale cultura non fosse in possesso. Cosí, i primi documenti del nostro Volgare sono atti di proprietà e istruzioni moraleggianti.
Un altro campo in cui il Volgare s’esprimeva era il divertimento od il passatempo dei dotti: piccoli indovinelli o brevi versi annotati a margine di carte ed incartamenti.
Diversi sono gli atti di nascita di volta in volta individuati per la nostra Letteratura, il piú suggestivo dei quali è il 1224: anno dell’ultima visita di San Francesco d’Assisi al Monte della Verna e data tradizionale della stesura del suo “Cantico delle Creature”, tale anno davvero mirabile vide anche la fondazione dell’Università degli Studî di Napoli da parte dell’imperatore Federico II di Hohenstaufen.
Come sarà noto, questa fondazione è per certo senso l’atto di nascita dei moderni studî di Scienze Naturali e di Medicina. Nasceva dunque in quell’anno una nuova idea di ricerca e di pensiero.
Lo stesso Imperatore era uomo d’immensa cultura e di gusto purissimo: parlava correntemente sei Lingue (Greco, Latino, Arabo, Tedesco, Anticofrancese, Siciliano), costituí alla sua corte di Palermo uno dei cenacoli di filosofi e d’intellettuali piú alti che l’Occidente abbia mai conosciuto, promosse – sul modello provenzale – la nascente Poesia Siciliana; e questa fu per circa un secolo la piú prestigiosa forma d’espressione dei nostri Poeti.
Contemporaneamente, in Umbria, un altro spirito geniale (per ovvî motivi assai piú modesto nelle proporzioni dell’espressione di sé) scriveva in una sapientissima umiltà di stile quel cantico alla vita tutta quanta – dai venti alla morte, dagli astri alle erbette fiorite – col ricordo del quale mi piace augurare di cuore ai cortesissimi lettori un Natale sereno e felice.