Spettabile redazione,
l’avvicinarsi del Natale porta con sé tradizioni che lo caratterizzano tra cui quella del presepe che, negli ultimi anni, ha destato molte polemiche, per esempio se sia opportuno farlo in certi luoghi come gli edifici sede di scuole e uffici pubblici. Un’altra questione che ogni anno interessa certi luoghi è quella del presepe vivente. Asini, buoi, capre, pecore, oche, anatre, galline, conigli, addirittura cammelli e renne vengono parcheggiati in ambienti inadatti, costretti a sopportare freddo e rumore, disturbati dal pubblico che li tocca, li fotografa e li spaventa, anche se involontariamente. Il rispetto delle norme sul benessere animale spesso è una mistificazione perché gli animali sono sottoposti a disagio e stress in un contesto che non rispetta le loro esigenze etologiche.
Come si suol dire, oltre al danno… la beffa, visto che gli animali col presepe non c’entrano nulla. Nell’opera “Il Presepe” pubblicata dalle edizioni “Tema” http://www.presepe-online.it/ e in uscita a fascicoli in questo periodo è scritto: «La presenza di animali domestici nella riproduzione della Natività è un frutto della libera ricostruzione effettuata dall’arte e dalla creatività popolare. Dal punto di vista rigorosamente storico-filologico non ci dovrebbero essere. Al tempo della nascita di Gesù, infatti, il concetto stesso di “animale domestico” era del tutto sconosciuto. Anche nelle Sacre Scritture è difficile trovare accenni o riferimenti ad animali diversi dal cavallo o da quelli legati alla pastorizia: pecore, capre, vacche, asini… In tutta la Bibbia ci sono solo due riferimenti ai gatti e in entrambi i casi sono selvatici. I cani possono vantare una relativamente maggiore presenza e un trattamento decisamente più positivo anche dal punto di vista concettuale. È il caso, per esempio, del Libro di Giobbe, nel quale il cane viene presentato come il custode del gregge di pecore. Il suo è un ruolo importante e in qualche modo sostitutivo dell’uomo. Sempre nella Bibbia, nel Libro di Tobia, il cane è descritto come un compagno fedele che accompagna il padrone durante il suo viaggio. Oche e galline, come molti altri animali da cortile, entrano nel Presepe qualche secolo dopo in quello di Greccio. Inizialmente si tratta di inserimenti casuali che progressivamente si fanno più frequenti, fino a diventare, a partire dal Seicento una componente abituale del Presepe Napoletano. (…) L’arrivo dell’asinello e del bue sulla scena è tardivo e frutto di successive elaborazioni nella tradizione popolare. (…) Alcuni dei Vangeli Apocrifi, in particolare quello detto “dello pseudo-Matteo”, raccolgono la descrizione e la inseriscono nel racconto della Natività. L’asinello è presente anche nel primo Presepe di Francesco a Greccio dove, nella grotta illuminata dalle fiaccole dei frati lo si poteva vedere insieme al bue accanto alla mangiatoia riempita di paglia nella quale era posato Gesù Bambino. L’asinello è così divenuto, nel corso dei secoli, uno degli elementi fondamentali della rappresentazione della Natività. Non è poi così casuale, visto che si tratta di un animale molto rispettato in tutto l’antico Oriente. Nel “Rig-Véda”, uno dei quattro testi canonici dell’Induismo, si dice che è una cavalcatura riservata a entità celesti, sovrani, santi ed eroi. Anche nella Bibbia è considerato una cavalcatura per capi e principi. Nel Libro dei Giudici, quando si parla dei Capi d’Israele, si dice: «Voi che cavalcate asine bianche». (…) Due sono i profeti che richiamano la presenza simbolica del bue e dell’asino al fianco del Bambino Gesù. Il primo è Isaia che, sia pure in maniera criptica, richiama la loro presenza citandoli espressamente: «Un bue riconosce il suo proprietario e un asino la greppia del suo padrone». L’altro profeta è Abacuc per il quale «Il Signore sarà riconosciuto in mezzo a due animali». Il Vangelo di Luca, invece, non ne parla. L’autore si limita a scrivere che Maria diede alla luce il Bambino, l’avvolse nei panni e lo depose nella mangiatoia. È la tradizione popolare a decidere la presenza dei due animali al fianco del Salvatore del mondo. (…) Oggi la presenza del bue e dell’asino è considerata un dato di fatto acquisito. Non c’è Presepe senza i due animali che, con il loro respiro, scaldano il Bambino Gesù. La conferma autorevole arriva addirittura da Papa Benedetto XVI che nel suo libro “L’infanzia di Gesù” pur affermando che nel Vangelo non si parla di animali, ammette senza ombra di dubbio che nessuna raffigurazione del presepe rinuncerà al bue e all’asino. La presenza di questi due animali è il trionfo della devozione popolare nei confronti della astratta ricostruzione teologica. »
Devozione popolare, tradizione, usi e costumi tramandati nei secoli non dovrebbero mai prescindere dal fatto che gli animali sono esseri senzienti, così definiti all’articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, non statuine pelose e pennute per abbellire una scenografia natalizia.
Cordiali saluti.
Paola Re – Tortona