Stefano Ricagno: “Cuvage è ambasciatore delle bollicine acquesi nel mondo: scommettiamo sul futuro del nostro territorio”

ricagno-2Rosè Brut Nebbiolo d’Alba, Blanc de Blancs, Cuvage de Cuvage, Montecarlo Offshore. Basta leggere i nomi dei vini principali della Cuvage di Acqui Terme, ‘l’essenza del metodo classico, e la ricerca del sapiente equilibrio tra Cuvée e Perlate”, per capire che siamo di fronte ad un progetto imprenditoriale (e anche culturale, e di valorizzazione del territorio) ambizioso e raffinato.

“L’azienda – spiega Stefano Ricagno – nasce nel 2011, per iniziativa della mia famiglia, e in particolare di mio padre Paolo, in partnership con Alfeo Martini e Mondo del Vino, ossia uno dei grandi player dell’enologia italiana. Noi abbiamo messo a disposizione la nostra esperienza e ovviamente il legame indissolubile col territorio: Cuvage oggi può contare sulle uve selezione prodotte da 300 ettari a vigneto nell’Alto Monferrato e Alta Langa, e punta a ritagliarsi un ruolo da protagonista nel mondo delle ‘bollicine’: del resto siamo nella ‘culla’ dello spumante italiano, forti di una tradizione che è nostra intenzione proiettare nel futuro”.

Il 37enne Stefano Ricagno è stato ‘svezzato’ con il vino (“moscato e brachetto, se cuvage-1vogliamo essere più precisi”) anziché col latte, nel senso che la sua famiglia da sempre è impegnata in questo settore, e lui dopo gli studi in viticoltura a Torino e diverse altre esperienze si è ‘tuffato’ anima e corpo nel progetto Cuvage, tant’è che riuscire a intercettarlo, tra un convegno e una trasferta, è impresa tutt’altro che facile.

Ma quali sono le specificità di Cuvage? “L’obiettivo è un percorso che sia un mix di tradizione, qualità e innovazione, con forte attenzione al mondo dell’arte e a quello della solidarietà”. Un esempio? L’iniziativa Cuvage des Artistes, con un’edizione limitata di sole 1.500 bottiglie impreziosite da etichette ‘d’arte’, che cuvage-arteriproducono due fra le più importanti opere dell’artista catalano Sergi Barnils. E altre analoghe iniziative sono in cantiere per il 2017.

Ma la chiave di tutto il progetto, appunto, è la valorizzazione del territorio: “Siamo orgogliosi del nostro essere acquesi, e del fatto che già oggi Cuvage significa non solo vino di qualità, ma occupazione per venti persone del nostro distretto, con forte specializzazione, Più naturalmente tutto l’indotto. La vendemmia 2016 è stata di ottima qualità, coniugata ad una quantità di prodotto certamente interessante: bisogna smetterla, peraltro, di cadere nel vecchio equivoco, per cui la vendemmia deve essere scarsa perché il vino sia buono. Non è assolutamente vero”.

Quali sono i mercati privilegiati dai vini di Cuvage? “Direi che il nostro mercato è il cuvage-2mondo intero – sottolinea Stefano Ricagno -, grazie al fatto che il gruppo di cui facciamo parte ha una forte vocazione internazionale, e una rete commerciale che ci consente di portare le nostre bollicine in Russia come negli Stati Uniti, in Corea come sui diversi mercati emergenti. Il target è medio e medio alto, ovviamente con una diversificazione dell’offerta, che ci consente di essere venduti sia sugli scaffali della grande distribuzione, che in enoteche e negozi specializzati”.

vignetiMa è vero che a casa nostra il mondo del vino fa ancora fatica a ‘fare squadra’, e che si preferisce andare ‘ognun per sè’, senza comprendere il valore aggiunto che un percorso collettivo genererebbe per ognuno, e anche per il territorio? “Le cose in questi anni stanno cambiando velocemente – afferma Ricagno –, e più che le occasione perse in passato a noi interessa valutare le opportunità che si possono cogliere da oggi in avanti. Con altri produttori di casa nostra, da Marenco Vini di Strevi a Pico Maccario di Mombaruzzo, i rapporti sono ottimi, e si fanno tutte le sinergie possibili: tutti sappiamo che l’acquese, con qualche apprezzabile eccezione, non è certo un distretto a vocazione fortemente industriale, ma deve invece valorizzare a fondo la filiera del vino, dell’enogastronomia, dell’accoglienza turistica. Se ognuno di noi riesce a passare davvero dalle parole ai fatti, i risultati non potranno che arrivare”.

Ettore Grassano