«Fuga di 100mila giovani? Bene, conosco gente che è andata via e sicuramente il Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi. I 60 milioni che restano non sono tutti dei ‘pistola’»
Giuliano Poletti, ministro del Lavoro
Fa onestamente impressione lo svilimento, il peggioramento, la stupidità della nostra classe politica, quando la si mette alla prova. Cadono le braccia quando, di fronte a questioni importanti come il lavoro o la cosiddetta “fuga di cervelli”, il potentone di turno prova a cavarsela con una battuta, sperando pure di strappare una risata.
Parliamoci chiaro (l’abbiamo già detto, forse): queste sono persone dotate di una visuale distorta della realtà. Non hanno mai preso un autobus (o non lo prendono più da anni), vanno a comprarsi il divano letto all’Ikea rigorosamente con la scorta (che porta anche i pacchi, già che c’è), piazzano i parenti ai vertici delle aziende di Stato (o parastato) oppure millantano titoli di studio che non possiedono. Senza vergogna, quasi infastidendosi di tutta questa curiosità intorno al loro “privato”.
Queste considerazioni, che un tempo avrei bollato come populistiche, oggi purtroppo corrispondono al vero. Il populismo, quello del “sono tutti ladri” o “il più pulito c’ha la rogna”, ha abbracciato e superato la realtà. La nostra classe politica sembra essere la parte peggiore del Paese. Leggetevi, en passant, i curriculum dei vari ministri del Governo Gentiloni: se foste a capo di un’azienda, li prendereste a lavorare con voi? Ecco, appunto.
E non potete sapere quanto mi dispiace pensarlo e scriverlo, anche per i miei figli. In loro, e nella loro generazione (16-18 anni), ho molta fiducia. Peggiori di Poletti & Co. non potranno certo essere.