Start Up: un punto chiave del business plan di start up. Ma tu cosa offri? [Win the Bank]

Malvezzi Win nuovadi Valerio Malvezzi

 
Nessuna idea di business ha un senso pratico se non si spiega al nostro interlocutore che cosa offre.

A chi?

Al mercato, ovviamente, e di questo tratteremo in altra sede.
Ma, subito, occorre farsi capire dal nostro interlocutore.

Ho già detto altrove che quando scrivo “farsi capire” intendo dire presentare un documento scritto.

Il lettore di quel documento è solitamente un soggetto potenzialmente interessato, per esempio un potenziale socio, oppure un finanziatore, sovente una banca.

Spesso, la gente si perde nei progetti di start up e nei correlati business plan in convenevoli, in premesse, preamboli e giri di parole. Insiste a descrivere, spesso con abbondanza di aggettivi, quanto sia bella, innovativa, utile, semplice, economica, efficiente la propria idea.

start-up

Ritiene, così discorrendo, che l’interlocutore percepisca immediatamente l’elemento distintivo rispetto alla concorrenza.

E questo basterà per far ritenere al finanziatore che sia motivo sufficiente per creare una nuova impresa sul mercato e – qui si fa dura – ficcarci dentro il proprio denaro?

Ora, io non ho proprio nulla contro gli aggettivi, sia chiaro, solo che chi tratta di finanza difficilmente si fa convincere dagli aggettivi.

Gli aggettivi hanno una caratteristica, in questi contesti, almeno: sono autoreferenzianti.

Intendo dire che è noto a tutti il detto napoletano “Ogni scarrafone è bello a mamma soja”, quindi, quando leggo una bozza di business plan scritto da qualcuno o quando lo devo valutare per conto di qualcun altro, mi comporto come fanno tutti gli esaminatori in materia di finanza: rifuggo l’emotività e tolgo mentalmente dal testo tutti gli aggettivi autoreferenzianti.

Presta attenzione, se fai uso di questa pratica per definire la tua attività; non sei certo originale, dato che sei in compagnia della maggior parte degli italiani, abituati al vezzo di autodefinire in termini positivi e distintivi la propria offerta. Tutto bene, in chiave marketing (forse). Un po’ meno, in chiave finanziaria.

Semplicemente un problema di linguaggio. Quando operavo come consulente di una società italiana partecipata dal Ministero e che usava fondi pubblici per agevolare le imprese (Invitalia) parlavo spesso di questo coi dirigenti e talora con l’Amministratore Delegato. Anche i fondi chiusi del gruppo, destinati ad agevolare piccole e medie imprese, anche in Start Up, ricevevano spesso progetti scritti contenenti descrizioni lunghe e talora dettagliate del prodotto e servizio offerto, non di rado con aggettivi atti a enunciare le virtù e sintetizzarne, in pochi tratti, i caratteri distintivi dalla concorrenza.

Per non dire delle società operative del gruppo, come il Confidi di cui ero Presidente. Ricordo benissimo che, tra i valutatori dei progetti, nessuno prestava la minima attenzione a quegli aggettivi, e si andava al sodo.
Quando c’era, il sodo.

Perché, se ti perdi in aggettivi, rischi di non scrivere la sostanza.

Farò un altro esempio per farmi meglio capire.

Anni fa, dovevo assistere una multinazionale, per conto della Confindustria della mia Provincia, nella presentazione di un importante progetto di ricerca e sviluppo, sia per la finanza agevolata nazionale, sia per il finanziamento bancario.

Ma che c’entra una multinazionale con una start up? – ti starai chiedendo.

Parlo appositamente di questo esempio proprio per farti vedere come alcuni errori, tipici della mentalità italiana, siano presenti perfino nelle grandi e grandissime imprese, e come non vi sia quindi da stupirsi se sia cosa comune a chi, per la prima volta, scrive di impresa.

Stavo dunque a un tavolo da riunione in cui vi erano non meno di una dozzina di persone. Tutti erano alti dirigenti dell’azienda, chi del settore amministrativo, chi del marketing, chi della vendita, la maggior parte ingegneri della ricerca e sviluppo. Quando mi venne descritto il progetto, il capo degli ingegneri lesse la bozza, piena di frasi come “sensibile riduzione del tempo di ciclo” oppure “semplice smontaggio delle parti mobili” o ancora “facile sostituzione della banda orizzontale”.

Lasciai terminare la lettura del documento pieno di inni alla semplicità, efficienza, facilità, efficacia, rapidità, praticità.
E via discorrendo.

Quando finì, e tutti si rivolsero verso di me attendendo un giudizio sull’elaborato, io feci una domanda.

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