Il Piemonte che si tutela e quello che perde la propria identità [Il gusto del territorio]

cantalupodi Eleonora Scafaro

 
A volte i tesori non sono così nascosti.
A volte basta fare qualche passo in più per potere scoprire un mondo diverso.

A Felizza, verso Cantalupo, a due passi da Alessandria, dove inizia la campagna, dove il canale Carlo Alberto va a incontrare il Bormida, sorge l’azienda agricola di Claudia Sampietro.

Dapprima una antica cascina, dal 1996 produce materie di prima qualità.
L’azienda alleva bovine di razza piemontese e vende le carni, durante l’inverno, nella macelleria accanto alla cascina.
Dal 2011 c’è anche una agrigelateria dove viene utilizzato il miele dell’aviario aziendale e, da circa un anno, è stato avviato il recupero di alcune varietà di cereali antichi, certificati bio, come Verna, Frassineto e Gentilrosso, oltre a grano saraceno, farro, piselli e soia. Tutti lavorati nel mulino a pietra aziendale, grazie al recupero delle macine antiche della cascina.

Alessandria, simbolo di recupero delle tradizioni di un Piemonte che tanto ha dato e che ancora ha da dare.
O da perdere. Come, per esempio, il nome “Langhe”.

Il termine, infatti, potrà essere utilizzato per le nocciole tonde e gentili coltivate in nocciolatutta l’Italia, ma non in Langa. Decisione del Ministero delle politiche agricole che, insieme alle Regioni, ha approvato il Registro nazionale delle varietà di piante da frutto, in cui è stata inserita anche la Tonda Gentile Langhe.

I produttori hanno, quindi, perso la loro battaglia, rinunciando al riconoscimento della nocciola Piemonte Igp.

Nonostante le ripetute sollecitazioni da parte dei coltivatori e eurodeputati secondo cui “il nome Langhe non poteva essere iscritto al registro associandolo ad una pianta”, il termine è stato ‘rubato’, stralciato e buttato su un pezzo di carta. Un pezzo di carta che ufficialmente riconosce un qualcosa che in realtà non esiste.

quando si parla di Langhe si pensa a prodotti di una area geografica ben delineata e non ad un prodotto coltivato in tutta Italia.

Un brutto colpo per il territorio piemontese: “Non era l’epilogo che ci era stato prospettato – affermano Flavio Borgna e Roberto Bodrito dell’Ente Fiera e dell’Unione Montana. Avevamo ricevuto rassicurazioni e, ora, questa doccia fredda. Per i consumatori è un inganno, per l’Alta Langa un furto di identità. Era già stato difficile rinunciare al nome Langhe per il riconoscimento Igp, ma non è accettabile che ora possano usarlo altri”.

Fatto sta che il nostro territorio è stato depredato e violato e nemmeno la replica del viceministro Olivero può rincuorare gli animi dei coltivatori: “In tutte le occasioni ho ribadito che il ministero avrebbe rinunciato a iscrivere tale denominazione da sempre utilizzata su tutto il territorio nazionale, solo quando avessimo avuto la certezza che in nessuna parte del mondo potesse essere legalmente adottata. Abbiamo bisogno di appoggio da chi, in politica, può tutelare in sede europea le nostre prerogative e a convincere i paesi che oggi utilizzano il toponimo Langhe a rinunciarvi piuttosto che fare inutili polemiche”.

La doppia faccia del Piemonte che da una parte tutela i propri prodotti e, dall’altra, viene ghigliottinata dalla burocrazia e dalla politica. Una burocrazia che, ogni tanto, dovrebbe mettere le mani nella terra, non tra le scartoffie.