di Giancarlo Patrucco
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Venerdì scorso, 25 novembre, quando ho letto sul computer il comunicato del Comune e ho cominciato a vedere i primi lampeggianti delle auto, mi sono sentito male. Nooo!!! Un’altra volta, no! Abbiamo già dato nel ’94. Dato, e in abbondanza.
Di quei giorni, anche loro novembrini, ho ancora le immagini che mi girano in testa. Allora abitavo in via Ferraris e, aiutato dai miei, riuscii a tirar fuori dal garage le nostre due macchine proprio mentre Tanaro aggirava tumultuosamente il Palazzetto dello Sport e superava il muretto del parco giochi accanto. Una fuga precipitosa, aiutata dall’istinto e dalla mia consuetudine alla zona. Acceleratore a tavoletta, dritti fino in fondo a via Ferraris (allora non c’era il ponte Tiziano e il senso di marcia era invertito), svolta a sinistra, ancora a tavoletta verso la stazione perché quel tratto di strada è in leggera salita.
Lasciammo le auto in sosta e tornammo precipitosamente indietro perché a casa avevamo lasciato mia figlia e mia suocera, però Tanaro era arrivato prima di noi. Provammo per la via che oggi conduce al Tiziano, ma ci accorgemmo quasi subito che non eravamo noi ad aggirare l’acqua, bensì l’acqua ad aggirare noi. Tanaro doveva essere straripato dalla zona della Canottieri e stava facendosi vedere dopo aver risalito il sottopasso. Più lento, eppure in costante visibile progressione.
Rientrammo in casa il mattino dopo, quando il fiume si ritirò (un pochino) e ci costrinse a percorrere via Ferraris su uno strato scivoloso di fango, acqua e altre schifezzuole. Dentro, la situazione non ci sembrò migliore di quella fuori: niente corrente, quindi ascensore fermo e luci spente; niente tv, niente telefono perché i collegamenti erano tutti saltati; niente calore, visto che le cantine erano state allagate e l’impianto di riscaldamento era fuori uso.
Ci vollero 6 giorni per avere l’energia elettrica e ben 14 per riavere i termosifoni funzionanti. Nel frattempo, ci arrangiavamo a togliere l’umidità dalle lenzuola usando le pietre scaldate nel forno. L’avevo visto fare da bambino, ma non avrei mai creduto che succedesse a me, quasi cinquant’anni dopo.
Venerdì scorso è andata meglio per un capello e quel capello che ha fatto la differenza è stato costituito dall’operato istituzionale. Ora abito nel grande condominio che fa angolo fra Spalto Borgoglio e via Righi, in un appartamento che permette di vedere sia l’uno sia l’altra. Ebbene, ho visto praticamente gli interventi nella loro rapida consequenzialità. Si capiva bene che, se io avevo già un’esperienza alle spalle, anche chi stava intervenendo aveva studiato, aveva simulato, si era attrezzato e si era preparato a questa circostanza.
Auto dei Vigili Urbani, della Polizia e dei Carabinieri presidiavano i punti nodali del traffico. Altre auto giravano in continuazione raccomandando agli abitanti di portare via le macchine e ricoverarle in piazza Garibaldi o in simili luoghi del centro cittadino. Mezzi dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile controllavano l’evolversi della piena e tentavano di rintuzzarla con tutti i mezzi. Ma l’intervento che ebbe la meglio fu quello che chiamerò dell’arginatura provvisoria. Quando Tanaro stava per superare il sottopasso e aveva già invaso la passeggiata Sisto, vennero messi in opera alcuni enormi camion che trasportavano sui rimorchi grossi carichi di terra. La terra venne scaricata là dove il fiume minacciava lo sfondamento e costituirono un argine che si dimostrò invalicabile.
Preso com’ero dagli eventi della mia zona, ho saputo poi che guasti erano stati fatti dal Tanaro e dalla Bormida in altri luoghi. Mi è dispiaciuto e mi dispiace molto, ma ricordo a me stesso che lo sfondamento del mio quartiere nel ’94 fu tra le principali cause dell’allagamento della fascia compresa fra via Lumelli, via Morbelli, corso Virginia Marini e avanti ancora fino a corso Roma. In mezzo, edifici importanti come le scuole, l’Inps, l’Intendenza di Finanza, alcune chiese, con l’aggiunta di molti esercizi commerciali e molte, moltissime case abitate ai piani bassi.
Ebbene, stavolta non si è verificato alcunché di tutto questo. Per un capello, ma soprattutto per la professionalità di chi era chiamato a intervenire. Sindaco in testa. Grazie dunque dal sindaco fino all’ultimo di coloro che con tanta perizia e sollecitudine si sono adoperati al meglio delle loro forze. Grazie di cuore.