Quando parla del suo ‘maestro politico’, Carlo Donat-Cattin, la voce un po’ si spezza per l’emozione, e il pubblico se ne accorge. Ma è un attimo: poi Fabrizio Palenzona rilancia con la solita ‘verve’, e conquista l’attentissimo uditorio, in gran parte lì per lui. Il già sindaco di Tortona e presidente della Provincia di Alessandria esordisce con “solo un saluto e un grazie, han già detto tutto e benissimo gli altri relatori”, ma poi si lancia in riflessioni sul filo non dell’amarcord, ma dell’esperienza politica del passato come strumento con cui provare a leggere ed interpretare anche il presente, per costruire il futuro.
La platea nella sala all’interno del complesso monumentale di Santa Croce a Bosco Marengo (per essere un venerdì sera di novembre, di quelli umidi e nebbiosi che caratterizzano la Frascheta) è non solo nutrita ma di estrema qualità. E, non ce ne vogliano gli altri relatori e i promotori dell’iniziativa (l’Associazione culturale, sociale e politica culturale Il Confronto: presidente il giovane e brillante Daniele Gualco, capogruppo del PD in consiglio comunale a Novi, classe 1990; deus ex machina Agostino Gatti, che ha qualche anno in più, e nessun bisogno di presentazione), ma molti erano davvero lì per incontrare e ascoltare lui: potente banchiere ai vertici di Unicredit, e soprattutto una delle pochissime figure ‘carismatiche’ su cui la provincia di Alessandria ancora può contare. Più che naturale, in tempi così bui e decadenti, cercare di capire cosa pensa Fabrizio Palenzona.
Lui però alle domande del cronista sulla politica e sulle banche si sottrae con eleganza, e con agilità di pensiero: un sorriso, una battuta, un ‘non posso proprio parlare’. Di etica e politica della prima repubblica invece, e del percorso locale e nazionale di Forze Nuove (la ‘corrente’ democristiana in cui è cresciuto, come ragazzo di bottega di Carlo Donat-Cattin) Palenzona parla volentieri, con struggimento ma anche con lucidità analitica proiettata sull’oggi: prima di lui la scena è occupata dal professor Agostino Pietrasanta, dall’ex ministro Giulio Bodrato (altro grande protagonista, con Donat Cattin, della sinistra Dc piemontese d’antan), da Giorgio Merlo e Gianfranco Morgando, co-autori del libro “La sinistra sociale. Storia, testimonianze, eredità”, che è il punto di partenza della discussione, e rappresenta un tentativo sistematico di ricostruzione “di un’esperienza politica, ma anche umana” che in Piemonte, e anche nella nostra provincia, incise profondamente, e lasciò segni e semi che arrivano fino ad oggi.
Sarà pure “un covo di vecchi democristiani” questo appuntamento, come suggerisce a mo’ di battuta uno dei presenti, ma è soprattutto una bella occasione di riflessione, sia per chi la prima repubblica l’ha vissuta (e in platea sono la gran parte), sia per chi all’epoca era giovanissimo, o non c’era, ma ancora crede all’importanza della comprensione del passato come strumento per incidere sul presente.
Uno sguardo alla platea allora, con un vero parterre de rois: in ordine sparso, ci sono il prefetto Romilda Tafuri e l’ex ministro (e attuale membro del Consiglio Superiore della Magistratura) Renato Balduzzi, il vice sindaco di Alessandria Giancarlo Cattaneo e il giovane consigliere comunale Simone Annaratone, l’inossidabile Renzo Patria ma anche Antonio Maconi, vicepresidente della Fondazione Cral, Giovanni Barosini, segretario regionale Udc e Mauro Bressan amministratore delegato del Gruppo Amag.
Più naturalmente tanti altri, che si sono mossi nei decenni nell’alveo della sinistra Dc alessandrina, novese e tortonese (a fianco una foto ‘d’epoca’), e che alla fine della serata si mettono in coda per una stretta di mano a ‘Fabrizio’, perché qui gli danno praticamente tutti del tu, in nome dei vecchi tempi di comune militanza. E proprio da lì parte Palenzona, di quello vuole parlare: di un’esperienza giovanile di impegno politico e militanza in un partito, la Democrazia Cristiana, e in una corrente, quella di Forze Nuove, nell’ambito della sinistra Dc, ‘che muoveva da valori, da una visione della società, e proponeva soluzioni concrete, ispirate a valori precisi a cui credevamo davvero: non facevamo prima un sondaggio, per capire cosa ne pensasse la gente, per poi assecondarne gli umori, insomma”. Un ribaltamento culturale non da poco rispetto all’oggi, lascia intendere Palenzona. Che poi si affida ai ricordi, a braccio: “I congressi, locali e nazionali, erano una battaglia, ma non è mai venuto meno, e lo dico da esponente di una minoranza democristiana, il rispetto per i valori dell’altro, e il suo diritto ad esprimerli, e a dibatterne”.
Un altro mondo insomma, pare di capire, quella Dc rispetto ai partiti di oggi, tutti quanti (ma è il PD che oggi comanda, ed è a quello che tutti pensano in sala), in cui il dissenso rispetto al volere del Capo può costare carissimo. Prima di Palenzona altri relatori hanno ribadito il concetto, citando al riguardo al riguardo anche il pensiero di Mino Martinazzoli, ultimo segretario della DC, che era solito affermare appunto: “La prima repubblica esprimeva leader, la seconda ha solo dei capi”.
Palenzona dedica anche alcuni momenti di personale riflessione alla figura, politica ma anche umana, di Carlo Donat-Cattin: “Era un vero leader, non un capo. Capace di grande affetto, e di difendere i suoi oltre ogni limite, ma anche di sostenere posizioni dure, scomode. Ricordo quando, da ministro della Sanità, fece licenziare un direttore generale del Ministero, o quando in epoca di piena epidemia Aids mise praticamente alla porta il professor Aiuti, che all’epoca era una specie di star e oracolo: ero presente fisicamente, quel giorno nell’ufficio romano del ministro”. E ancora: “Forze Nuove era davvero una corrente di idee, e non di potere: dentro la Dc portavamo avanti la nostra linea, a livello nazionale come a Tortona o Novi, e non ci interessava far carriera (‘anche se a me poi è andata anche bene’, ironizza), ma affermare dei valori, e fare in modo che potessero pesare e incidere nella società, fra la gente”.
E oggi? Dell’Italia del 2016 Palenzona si guarda bene dal parlare, ma dal ‘taglio’ di tutta la serata emerge non un clima da ‘reduci’, ma certamente da minoranza politico culturale che mal si ‘sintonizza’ con la politica dei tweet (anche se l’ex ministro Bodrato ne fa sapiente uso), dei sondaggi e del capo che dà la linea, senza discussioni e discussione.
Prossimo appuntamento dell’associazione Il Confronto a metà dicembre: sarà ospite Pier Ferdinando Casini (già presidente della Camera, e attuale presidente della Commissione Esteri del Senato: pare non abbia ancora rinunciato all’idea di diventare presidente della Repubblica), e si parlerà di Europa.
Ettore Grassano