Dario (Capogrosso) ha raccontato l’ormai lungo percorso che lo ha portato ad essere premiato, nei giorni scorsi in Campidoglio, come vera eccellenza del mondo agricolo italiano, ma soprattutto ha trasmesso con passione ai tanti presenti in sala i suoi progetti futuri, da sviluppare sulle colline tortonesi, in questa provincia di Alessandria che noi indigeni spesso duramente critichiamo, e che a lui invece, salentino cittadino del mondo, pare invece splendida e ricca di potenzialità.
Ugo (Alciati), la cui famiglia rappresenta una pietra miliare della ristorazione piemontese (oggi stella Michelin a Fontanafredda di Serralunga d’Alba) ha descritto un progetto di innovazione e valorizzazione di un prodotto ‘bio’ di qualità assoluta, il latte di alpeggio dell’Alta Valle Stura, che rischiava di essere ‘schiacciato’ da logiche di mercato ‘standardizzato’, e che oggi è invece la ‘materia prima’ di una catena di gelaterie presente negli angoli più esclusivi del pianeta.
Giacomo (Acerbi) infine ha raccontato non solo la sua importante esperienza di imprenditore agricolo (con l’allevamento a Gavazzana di 25 mila api regine all’anno, e una filiera di 5 aziende che danno occupazione a 22 persone, per un fatturato complessivo di circa 2 milioni di euro l’anno), ma ha anche lanciato l’allarme sui livelli di ‘inquinamento agricolo’ (“ci sono oggi sostanze che con un solo grammo sono nocive tanto quanto 7 chili del vecchio, famigerato DDT”), e sulla necessità di tornare ad un approccio assolutamente biologico, ma biologico vero.
Valeva la pena esserci, martedì sera a Palazzo Monferrato, al convegno Agricoltura del presente, ritorno al passato, fortemente voluto “dall’agricoltore per scelta” Umberto Signorini, con la collaborazione di BNL (Gruppo Bnp Paribas) e Cia di Alessandria. Proprio l’imprenditore milanese, da tanti anni ormai ‘quargnentino’ di adozione (era presente al convegno anche Luigi Benzi, sindaco di Quargento appunto, oltre al sindaco di Alessandria e presidente della Provincia Rita Rossa), ha trasmesso alla platea tutto il suo entusiasmo di ‘ragazzo degli anni Sessanta’, che ancora ci crede, e che intende mettersi a disposizione dei giovani alessandrini davvero interessati a percorsi di imprenditoria agricola di eccellenza e qualità: “La vostra, anzi ormai la nostra, è una terra meravigliosa, con una qualità di vita enormemente migliore a quella di grandi città come Milano: per questo forse è un territorio anche un po’ ‘assopito’, a cui occorre una spinta, soprattutto in termini di consapevolezza: ai giovani dicono credeteci, provate, magari sbagliate anche. Ma non mollate mai, e portate avanti i vostri progetti con determinazione”.
Oltre ai tre esempi di imprenditoria agricola giovanile di successo presentati a Palazzo Monferrato, Signorini è certo ne esistano molti altri: “dobbiamo imparare a fare squadra, a costruire una filiera non solo produttiva ma anche commerciale, e ad utilizzare anche la tecnologia, il software, per certificare davvero ogni passaggio del processo, dandogli così autentico valore”. Non ama parlare a vanvera, Umberto Signorini, e si dà tempi precisi: “stasera raccoglieremo i riferimenti di tutti i giovani presenti che hanno lasciato la loro e-mail, e lo stesso stiamo facendo per altri canali, anche in collaborazione con Cia. Nel giro di qualche settimana li incontreremo tutti: l’obiettivo è arrivare ad individuare 7 nuovi progetti importanti e realizzabili (i magnifici 7, volendo utilizzare un’immagine cinematografica), che faranno da traino ad un centinaio di imprenditori agricoli, rappresentativi di tutta la provincia di Alessandria, e della nostra filiera agricola”. L’idea è quella di lanciare a breve una App, people@farm, frutto di un vero e proprio percorso di tracciabilità che ‘autentichi’, dalle materie prime, alla lavorazione, alla trasformazione e commercializzazione la qualità dei prodotti bio alessandrini. “In questo percorso – ha sottolineato Signorini – fondamentale sarà il ruolo della Città del Bio e dei Biodistretti di territorio: una carta che noi agricoltori dobbiamo saper giocare con trasparenza e determinazione, per fare un vero salto di qualità”.
A rappresentare Città del Bio l’altra sera a Palazzo Monferrato c’è il suo segretario generale, Luigi Massa, che illustrò già sei mesi ai lettori di CorriereAl fa l’ampiezza e gli obiettivi dell’iniziativa, e che ne ha approfittato per aggiornare il qualificato pubblico di addetti ai lavori sullo stato dell’arte: “Ad oggi in provincia di Alessandria, capofila del progetto per tutto il Piemonte, si sta lavorando con due Biodistretti, quello dell’acquese (Suol d’Aleramo), e quello del tortonese-novese (Terre del Giarolo), ma dietro spinta del territorio ci stiamo confrontando anche con altre realtà, come quella casalese, dove parteciperemo ad un incontro proprio questo venerdì”. Lì non esiste una comunità montana di riferimento, “ma questa non è assolutamente una conditio sine qua non: così come vorrei fosse chiaro che Città del Bio e Biodistretti non sono enti, con il correlato contorno di costi burocratici: Città del Bio è l’associazione che unisce enti e realtà pubbliche e private che vogliono investire nell’agricoltura bio. Facciamo da aggregatore e stimolatore dell’esistente”. Secondo elemento emerso tra le righe, e poi meglio chiarito dall’onorevole Massa: “stiamo anche provando a ragionare con il Ministero in termini di Biodistretti di frontiera, per così dire, ossia interregionali, in grado di aggregare realtà di regioni diverse, con territori limitrofi, per avere maggiore massa critica”.
E’ il caso, nello specifico, della parte di provincia di Alessandria fra il tortonese, il novese e il gaviese: vere terre di incontro tra Piemonte, Liguria, Lombardia ed Emilia, dove naturalmente non ha senso sollevare barriere di tipo burocratico, ma anzi è quanto mai opportuno cercare di sviluppare business comuni, a maggior valore aggiunto.
E’ toccato a Paolo Viarenghi, responsabile Politiche del Lavoro della Cia di Alessandria, ricordare come oggi ci siano, accanto a figli di agricoltori che continuano (innovando nei metodi e nei contenuti) l’attività di famiglia, anche numerosi agricoltori ‘di prima generazione’, “che decidono in genere di mettere a frutto le competenze acquisite in anni di studio e specializzazione universitaria”. Così come non mancano gli investitori, ossia coloro che vedono comunque nella terra un investimento alternativo rispetto al mattone, e alla finanza.
Con una particolare attenzione verso l’agricoltura bio, anche perché, come sottolineato nel corso della serata da Luigi Massa, “nel 2014 la spesa alimentare degli italiani si è complessivamente contratta dell’1,4%, ma quella bio è invece aumentata addirittura del 17,3%”. Il bio quindi si profila sempre più come una scelta consapevole dei consumatori, che vanno alla ricerca di filiere di qualità, e certificate. Per il territorio alessandrino, in particolare, un’opportunità da cogliere, su cui lavorare da subito con metodologia seria e rigorosa.
Ettore Grassano