Martedì scorso si è consumato un dramma.
L’America profonda e profondamente stanca batte le Grandi Città, capitali di tolleranza.
La prima sceglie un uomo forte che ha fatto della campagna elettorale un carro trionfante di retorica razzista e populista.
Le seconde scelgono una donna forte che ha provato a prendere l’eredità di una politica incompiuta, quella di Obama.
Gli Americani scelgono la forza dell’uomo.
Non senza sofferenza.
I numerosi sondaggi pubblicati a ritmo ossessivo dai media d’oltreoceano proclamavano da tempo la vittoria di Clinton, chi con numeri risicati, chi con gap abissali.
Qualcosa non ha dunque funzionato.
Tant’è vero che le marce, pacifiche ma partecipate, dei giorni successivi alla proclamazione creano imbarazzo e sollevano domande.
Qual è oggi il senso dei sondaggi?
Il sondaggio è un mezzo superato
Non siamo più negli anni Settanta, né Ottanta o Novanta.
Ormai gli intervistati, saturi di essere intervistati in ogni dove, accettano di far parte del campione in esame con leggerezza, nascondendo il pensiero reale per dare in pasto agli assatanati dei numeri pensieri fantasiosi.
Il sondaggio è manipolato
Non mi pare di bestemmiare affermando che in molti casi i sondaggi sono commissionati ad agenzie che vengono silenziosamente invitate a favorire questa o quella parte, secondo esigenze.
Il sondaggio condiziona i mercati finanziari
I numeri emanati tramite i sondaggi hanno il potere di procurare terremoti finanziari da Tokyo a New York attraversando tutta l’Europa.
Visto che la proclamazione della vittoria di Trump non ha suscitato – ad oggi – nessun sobbalzo, mi chiedo: possibile?
Concludo pensando a come potrà risolversi la crisi di questa nostra cugina minore, l’America.
Scusate ma adesso torno a sognare, sperando in una prossima cena alla Casa Bianca che risolva i nostri, di problemi.