L’autunno, soprattutto in una umida giornata di pioggia, si gusta sorseggiando una tazza di tè, oppure addentando una bella fetta di polenta calda.
I colori di questa stagione, caldi e dal profumo di foglie e terra bagnata, sono l’arancione della zucca e dei cachi, il marrone intenso delle castagne. Bollite, arrosto, al forno, sotto spirito, col miele, in una tazza di latte oppure sotto spirito.
Le castagne sono buone sempre, anche sotto forma di torta, con il castagnaccio.
Il Piemonte è ricco di boschi dove andar per castagne: dalla provincia di Torino e da Nomaglio, vicino alla Dora Baltea e a pochi chilometri da Ivrea. Ricche di castagneti anche le zone di Chiaverano, Donato e Netro. Sempre stando vicino alla provincia del capoluogo piemontese troviamo Pinerolo e la zona di Bibiana. Per la raccolta di castagne poi è da sottolineare anche la zona del Canavese situata tra Torino e la Val d’Aosta e che ingloba il Parco Fluviale del Po, il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il Parco Naturale Provinciale del Lago di Candia e le riserve naturali del Sacro Monte di Belmonte, dei Monti Pelati e della Vauda.
Nella provincia di Alessandria, poi, tra Novi Ligure e la Val Borbera, percorsa la strada provinciale 144, si arriva a Grondona. Nei pressi delle ultime abitazioni si può parcheggiare, appena prima di un piccolo ponte su un rio.
Da lì si può iniziare a passeggiare tra gli alberi, giungendo, dopo carpini neri e noccioli, in un bosco di castagni.
La Val Borbera è comunque, una zona molto ricca di castagni.
Nel passato, infatti, i boschi di castagni erano fonte di sostentamento.
Le castagne essiccate venivano trasformate in farina che serviva per fare torte, pane, gnocchi o il paciarina, letteralmente fanghiglia o pastella, che in Piemonte era un surrogato della cioccolata calda che veniva fatto con acqua e poco latte portati a bollore.
Poco distanti da noi, passati i colli piacentini e giunti a quelli bolognesi, con la farina di castagne si preparava il manfint, una polenta molto molle, un piatto povero che i serviva nelle scodelle con il ramaiolo.
I marron sotto spirat, invece, era cibo per i più ricchi che arrostivano le castagne e le inzuppavano di grappa.
Nella zona del canavese, le castagne esprimevano la loro bontà grazie alla crema di magna Neta.
Un’anziana signora aveva imparato la ricetta grazie alla mogli di un importante avvocato di Torino presso il quale era a servizio.
La crema era preparata con castagne bianche secche e si poteva gustare spalmata su pane nero di segale.
Le castagne sono un cibo molto versatile che si può guatare in tanti modi.
Visto che Natale alle porte, proviamo a fare i Marun sotto spirat, buoni e anche una bella ricetta da regalare.
Basta mettere le castagne a bagno in acqua fredda per qualche ora, fare un tagliato sulla parte bombata e cuocerle in forno a 220° per venticinque minuti.
Una volta intiepidite sbucciatele, togliendo anche la pellicina, metterle in un vaso di vetro, coprirle con la grappa (o rum!) e chiudere il vaso.
E voi? come le mangiate le castagne?