Abbiamo incontrato Giovanni.
Con i ragazzi della Scuola “Mazzini Ramella” di Loano abbiamo ascoltato le sue parole e le sue considerazioni.
Parole forti e considerazioni pesanti.
Giovanni ci ha raccontato della sua giovinezza con il fratello Peppino, delle difficoltà di rapporto con il padre Luigi, appartenente a Cosa Nostra, e delle tenerezze con la madre Felicia, donna forte e vittima della storia di un paese, Cinisi, affondato nella mafia.
Il pellegrinaggio di Giovanni per l’Italia intera ha inizio con la fine di Peppino, trentotto anni fa. Trentotto anni di messaggi rivolti ai giovani, anni di domande e risposte, anni di persone semplici in ascolto, di sguardi umidi di rabbia e commozione.
Anni di sacrificio poiché rivivere ogni giorno quel momento non deve essere facile per Giovanni, cinque anni più giovane di Peppino, mille anni avanti ciascuno di noi eppure fermo nel tempo a quel giorno di maggio.
I ragazzi, nonostante la giovanissima età, sono attenti; ascoltano in silenzio il racconto di Giovanni e, al termine, pongono quesiti e avanzano riflessioni.
A un certo punto Federica chiede il microfono e timidamente dice: “Come era il suo rapporto con un papà mafioso?”
Dopo un istante di silenzio glaciale, Giovanni accenna a particolari drammatici, descrive il terribile rito di iniziazione che Cosa Nostra impone ai suoi adepti e quindi a suo tempo anche al padre, al viaggio di Luigi a New York per cercare di tutelare il figlio Peppino verso il quale era stata scritta una condanna a morte.
La notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978 Peppino Impastato viene assassinato. La sua morte travestita da suicidio e poi venduta per atto terroristico, viene riconosciuta come delitto di mafia.
Da quella notte Giovanni racconta, a chiunque voglia ascoltare.
Qualche giorno fa ha incontrato anche noi, ci ha raccontato un frammento di storia e noi lo abbiamo ascoltato, certi che in due ore con lui abbiamo imparato molto.
Ora confidiamo nella nostra memoria.