di Alberto Bastiani
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Lo scorso luglio sono usciti i risultati degli stress test condotti dalla Bce e dall’Eba sulle principali banche dell’Eurozona (51 in totale).
Tali test servivano a verificare la solidità degli istituti di credito sulla base di simulazioni che replicavano scenari avversi e shock nell’economia.
In altre parole, facendo diverse ipotesi sugli scenari futuri in peggioramento rispetto a quelli attuali, si verificava il loro impatto globale sul capitale delle banche europee.
I risultati, in particolare per il settore bancario italiano, sono stati buoni, addirittura migliori rispetto al 2015. Nello specifico, l’Italia ha performato bene con 4 istituti su 5 (ad eccezione di MPS), collocandosi sopra la media europea.
La domanda che è lecito porsi, in un contesto di instabilità e redditività nulla del sistema bancario come quello attuale, è la seguente:
ma quanto sono affidabili questi risultati?
Valerio Malvezzi nel suo articolo di Panorama affronta in termini chiari e con rigore, la veridicità degli stress test, fornendo un quadro completo prima di arrivare alla conclusione:
gli stress test non servono a nulla, anzi, sono una presa in giro.
E’ un paradosso pensare che le banche valutino le imprese da finanziare sulla base di certi parametri, e non si auto-valutino tenendo conto degli stessi.
Come mai si concentrano unicamente sull’assorbimento di capitale, e quindi sulla solidità?
L’autore evidenzia come le banche abbiano i bilanci in perdita negli ultimi anni, ma questo chiaramente non viene preso in considerazione negli stress test. Le stesse quotazioni in borsa sono eloquenti sul grado di fiducia del mercato nei confronti del settore bancario.
E allora viene da pensare, grazie alla lettura illuminante, che alcune regole e parametri di valutazione siano stati creati (ed altri omessi) per mascherare la vulnerabilità ed evitare crisi di sistema. Un meccanismo autoreferenziale quindi, nulla di nuovo in ambito europeo.